sabato 3 giugno 2017

L'amaca di Michele Serra

A proposito di città e non-città (vedi Robinson di oggi), nelle città del Nord nessuno immagina che l'acqua, quest'estate, potrebbe essere razionata in conseguenza di un inverno tremendamente siccitoso. Il grande secco incombe e i contadini lo sanno, i cittadini no, anche perché i notiziari meteo, fatti a misura delle città e dei week-end, continuano a chiamare "maltempo" la poca pioggia, e ad esultare per il cielo asciutto e il sole a picco.
Ecco il solo grande svantaggio dell'urbanesimo, altrimenti ricco di innovazione, socialità, democrazia: un drastico distacco dalla natura e dai suoi cicli, una specie di oblio degli elementi. Artificio e tecnologia portano grandi comodità. Ma l'acqua, come da sempre, scende dai monti; e se non scende più, perché il clima sta cambiando velocemente (Trump è troppo tonto per capirlo), bisognerà correre ai ripari. Le città, e con loro la politica, i giornali, le tivù, in materia di clima sono isole di incoscienza. Ed è grave, perché sono le città - le università, gli uffici studi, i laboratori scientifici - ad avere cultura, potere e soldi per aggiustare la terra. Forse sarebbe salutare un bel razionamento: aprire il rubinetto, vederne uscire non l'acqua ma un soffio vuoto, capire che qualcosa sta succedendo, fuori città.

(la Repubblica 28 maggio)