giovedì 1 giugno 2017

MICHELA: "Io faccio quello che posso e amo quello che posso fare"
I conflitti di una vita "diversa"


Fin da piccolina ho capito che non mi potevo muovere come avrei voluto e che dovevo conoscere come si muoveva il mio corpo. Le persone che credono che io sia stata felice e abbia accettato il mio stato immediatamente, si sbagliano: ho dovuto capire che il mio corpo non si muoveva come quello di una persona normale e poi farmi accettare dagli altri. È stata dura perché le persone di fronte a una tetraparesi spastica rimangono imbarazzate.
All'asilo, l'imbarazzo più grosso è stato per me quello di affrontare  i bambini che camminavano, giocavano normalmente e cominciavano a conoscere una vita diversa dalla mia. Non riuscivo a capire perché questi bambini erano nati in un certo modo e io in un altro. Non mi è mai piaciuto andare all'asilo, perché non ho potuto fare i giochi che facevano gli altri bambini. Poi, papà dedicandomi il suo tempo, mi ha fatto ragionare e poco alla volta sono riuscita ad amare il mio corpo e ad amare me stessa. Non è stato facile, ma oggi sono ben contenta di aver fatto questo cammino. Ancora adesso non è sempre facile, a volte viene la voglia di fare una gita e ti dicono che non c'è un pullman adatto a te. Papà questo non me l'ha mai fatto mancare, ma solo perché abbiamo la possibilità di usare altri mezzi; vorrei però che la cosa cambiasse per chi non ha i miei mezzi.
In passato, ho anche pianto. Mi sono dovuta formare una corazza e, solo crescendo, dopo i tanti tentativi fatti da papà in Svizzera e a New York, ho capito che questa situazione non sarebbe più cambiata. Mi sono guardata allo specchio e mi sono detta "io sono questa e da oggi in poi devo garantire a papà una minima felicità, quindi chi non mi vuole non mi merita!".
In ambito scolastico, finite le medie, mi sono iscritta all'Istituto Professionale di Savigliano.
Lì tutto bene la scuola e l'inserimento con i compagni, un inserimento bellissimo che se tornassi indietro rifarei. Non così l'insegnante di sostegno che si occupava di me: ancora adesso si trova qualcuno che fa lo sbaglio di non volerti aiutare a soffiare il naso. Avevo allora una signora pagata dal Comune, ma anche lei non accettava di assolvere a certe incombenze. Ho versato tante lacrime. Papà doveva lasciare il lavoro e venire a Savigliano per soffiarmi il naso e cambiarmi il pannolone. Questo resta il motivo per cui non ho continuato la scuola. È stato un grosso dispiacere per me, perché io sapevo di avere le possibilità di andare avanti con la scuola. Ho cercato di sfruttare le tante opportunità che mi sono state date anche a casa, però la scuola mi è mancata.
Spero che oggi sia cambiato qualcosa e che altre persone non debbano vivere la stessa mia esperienza. Alla fine sono esperienze positive, ma solo alla fine… ma tanta sofferenza ti segna nella vita.
Oggi come oggi, io so che sono così e se qualcuno mi manca di rispetto o non si comporta bene con me a causa delle mie difficoltà, guardo agli altri. Ho cercato di creare un augurio di Pasqua "mio", qualcuno l'ha apprezzato e qualcuno no - ognuno ha la propria libertà di pensiero - ma io faccio quello che posso e amo quello che posso fare. Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che si può fare. Adesso, nonostante che io abbia sempre bisogno di tutti e in particolare di una donna che mi aiuti - e per fortuna c'è - non è più un problema.
Per il futuro prenderò quello che viene. Con le cose che ho sofferto, più di tanto non credo mi possa ancora capitare. La vita certo ti presenta sempre nuovi conflitti: l'importante è arrivare ad accettarsi perché dopo uno riesce ad avere una pace interiore che è difficile spiegare.
Io non ho mai messo il mio handicap contro di me e consiglierei proprio di non mettere mai quanto succede nella vita quotidiana contro se stessi. Se avessi cominciato a dire: "Come sto male, come sarà la mia vita… allora chissà. Ho cercato di accettare la realtà. Da piccola immaginavo la realtà come un cartone animato, un fumetto: immaginavo un puffo sulla carrozzina e un altro puffo che ti accettava e ti aiutava. Non ho mai "distrutto" neanche la mia carrozzina.
La mia nonna mi ha insegnato a pregare e la ringrazio, mi ha convinta che non è stato Dio a volermi così. I miracoli accadono, ma non è detto che il miracolo sia "alzati dalla carrozzina e cammina"; miracolo può essere che tu riesci piano piano ad alzare un braccio o ad afferrare una cosa dopo tanto tempo e sei apprezzata per questo, anche se per altri può non essere niente.
Il fatto che mi sia stato chiesto di esprimere in queste righe i conflitti che ho vissuto, è stato per me una grande soddisfazione: significa che la persona che me l'ha chiesto crede in quello che faccio. Allora uno dice "quello che pensavo è vero, vale proprio la pena di vivere, perché si trovano persone che credono in quello che fai e in quello che dici".
Michela Della Valle

(da Insonnia, mensile di confronto e ironia, Racconigi maggio/giugno 2017 - contatti@insonniaracconigi.it)