martedì 6 giugno 2017

Portella Ginestra Rosy Bindi per una verità politica

«Portella della Ginestra è stata la premessa verso la strada della democrazia nel Paese. E questo non lo può dimenticare nessuno». Parla così il 1° maggio la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi che al cimitero di Piana degli Albanesi (Pa) con i sindacalisti della Cgil, depone i fiori dove sono sepolte 14 vittime della strage. Sono passati 70 anni da quel 1° maggio 1947 quando circa duemila lavoratori della zona, in prevalenza contadini, si riunirono in località Portella per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, nelle quali la coalizione Psi-Pci aveva conquistato 29 rappresentanti su 90. Improvvisamente allora, dal monte Pelavet partirono sulla folla numerose raffiche di mitra, che si protrassero per circa un quarto d'ora e lasciarono sul terreno undici morti (otto adulti e tre bambini) e ventisette feriti, di cui alcuni morirono. Rosy Bindi, parlando di un altro omicidio, quello a Pio La Torre, annota: «Più che mai serve un sereno giudizio politico; la verità su quegli avvenimenti non può essere più solo giudiziaria, va ricostruita una verità politica da ricercare in sede istituzionale. E questo vale per le stragi del '92 e del '93 come per Portella. Da quel '47 la mafia non ha mai smesso di stare dentro alle cose dell'Italia. È sempre stata presente quando si voleva interrompere una fase di cambiamento, una voglia di democrazia: da allora ha sempre frenato la crescita del Paese». Su Portella ha ribadito: «Abbiamo fatto già tanta strada per cercare di fare chiarezza sui morti del primo maggio 1947, e ribadiamo come Commissione parlamentare antimafia il nostro impegno. Di fronte a questi morti oggi diciamo che ancora è lunga la strada da fare per affermare il diritto al lavoro».
Anna Portoghese

(Rocca 1 giugno)