sabato 24 giugno 2017

UN LIBRO DA LEGGERE

Pierpaolo Caspani, per primi i bambini?

II sottotitolo - Considerazioni teologiche e pastorali sul battesimo degli infanti - non esprime appieno la ricerca, che merita attenzione sul piano biblico, storico e pastorale. Per comprendere il presente, bisogna conoscere il percorso storico da cui esso proviene. Così è per la lettura di un testo.
Uno dei pregi di questo testo consiste proprio nel fornirci un documentato accompagnamento nelle evoluzioni della prassi sacramentale battesimale, nella interpretazione dei testi biblici di riferimento e nella illustrazione di un ampio dibattito che ha attraversato i secoli e che ora è di viva attualità. "Che la celebrazione battesimale possa riguardare anche gli infanti, sembrerebbe un'ipotesi difficilmente sostenibile". Il libro lo documenta ampiamente, discutendo anche i testi che parlano dell'oikos (casa).
La "traditio apostolica", che rispecchia la prassi della chiesa romana, forse è databile nel terzo secolo e recita così: "Al canto del gallo [...] i battezzandi depongono le loro vesti. Battezzare per primi i bambini. Coloro che sono in grado di rispondere da sé, rispondono. Coloro che non sono in grado di rispondere da sé, rispondano attraverso i genitori o qualcuno della famiglia. Battezzate poi gli uomini e quindi le donne" (p. 22). Per Tertulliano di Cartagine "vengano i parvuli (bambini), ma quando saranno più grandi, quando avranno l'età per essere istruiti [...]; diventino cristiano quando saranno in grado di conoscere Cristo". Per Agostino d'Ippona, nel V secolo, la volontà di coloro che presentano i fanciulli o i bambini ha la sua importanza, ma è decisiva la fede della madre chiesa e così in forza del battesimo ricevuto, per Agostino, il bambino è già fin d'ora credente.
Con la dottrina del "peccato originale" e la ormai dominante "cristianizzazione" della società, il battesimo è conferito per "cancellare il peccato". Anzi, Agostino dirà che i bambini molti senza battesimo incorrono in una condanna, sia pure "la più mite di tutte" "in dannatione omnium mitissima").
Lentamente cresce nei secoli il numero dei sacramenti e crescono gli esorcismi. Cesario di Arles (543) cita i "padrini". Nei secoli VII-VIII è del tutto scomparso il catecumenato come preparazione al battesimo sia per gli adulti che chiedono il battesimo, sia per i genitori che presentano i loro figli. "Capita anzi che un intero popolo riceva il battesimo a partire dalla conversione del suo capo" e così appartenenza religiosa e appartenenza civile tendono a coincidere (p. 41).
Al Concilio di Trento viene lanciato un anatema contro chi sostenga che un bambino battezzato possa in seguito rifiutare di riconoscersi cristiano. Chi insegna che i bambini "devono essere lasciati liberi e non devono essere costretti a vivere cristianamente" è scomunicato (p. 65).
Il rituale del 1614 ha attraversato i secoli ed "è rimasto in vigore senza modifiche sostanziali fino al 1969".
Nel ventesimo secolo il teologo Karl Barth si esprime in modo radicale: "la dottrina battesimale delle grandi confessioni cristiane - chiesa riformata compresa - presenta non solo un'omissione, ma un vuoto, e la prassi battesimale che ad essa fa appello è arbitraria" (p. 71) e serve a mantenere una chiesa di massa, "moltitudinista".
Tanto nel cattolicesimo quanto nel protestantesimo si sviluppa negli ultimi settant'anni un dibattito che tenta almeno di legittimare il pedobattismo tirando in ballo la fede della chiesa, la tradizione, la possibilità di risposte diverse, compresa la fede "supplente" dei genitori. In campo cattolico il teologo Piet Schoonenberg definisce "il battesimo dei bambini un abuso e un non senso" (p. 85), ma il dibattito successivo è un esercizio di equilibrismo pastorale in cui sia Kasper che Lettmann, tutto sommato, invocano sempre o la fede della chiesa o la fede dei genitori.
In ogni caso, qua e là compaiono proposte di un "battesimo a tappe", di un "battesimo differito", sia in Francia che negli Usa. Il teologo Daniel Boureau rompe gli indugi e dichiara che "la decisione di battezzare i bambini prima di una loro scelta costituisce un attentato alla loro libertà" (p. 91).
Nel 1980, sotto il pontificato funesto di Wojtila, esce il documento vaticano Pastoralis actio. In esso viene riaffermata la prassi tradizionale del battesimo dei bambini anche per assicurare la liberazione del peccato originale... Il documento è di una tale banalità che non riesce a prendere sul serio nessuna delle riflessioni e delle proposte che la teologia dibatte.
L'ultima parte del volume documenta in modo veramente efficace le "discussioni" e le "prospettive" di oggi: "Una chiesa moltitudinista, che ammette senza sufficiente discernimento il pedobattesimo, rischia di diventare una dispensatrice di riti semplicemente umani e sociali, oppure religiosi, ma non più direttamente cristiani. Essa sarà così sempre meno credibile nelle nostre società, che rifiutano precisamente alla chiesa di essere funzione religiosa dello Stato" (J. Famerée, Baptéme et credibilité p. 74). L'Autore dedica le ultime pagine alle prospettive verso una prassi battesimale diversificata. Peccato, davvero peccato che libri come questo non aprano nelle varie comunità cristiane il dibattito necessario per muoverci nella direzione di nuove pratiche pastorali. Tu, lettore, comincia a leggerlo. Ne trarrai utilità per la tua fede.
Franco Barbero
In libreria per edizioni Queriniana, Brescia 2016 pp. 184, €14