lunedì 17 luglio 2017

Ci nutri con il Tuo amore

Una delle espressioni più efficaci dell'amore nutriente di Dio è la letteratura biblica dei Salmi. Presento alcune riflessioni sui Salmi 121 e 123. Anche noi, come i pellegrini verso Gerusalemme, assaporiamo e gustiamo quant'è buono il Signore.

Salmi delle ascensioni
Questi due salmi fanno parte di una raccolta più ampia, che comprende quindici composizioni salmodiche o cantici. Nel libro biblico dei Salmi essi si estendono dal 120 al 134. Basta leggerli con gli occhi e soprattutto con il cuore per gustarli e comprendere le ragioni per cui questi salmi sono molto "amati" sia dai cristiani che dagli ebrei. Riceviamoli come un dono che la fede ebraica offre alla nostra fede e inseriamoci in questa "quotidiana ascensione-ascesa-cammino-esodo" della vita.
Dunque, ci troviamo di fronte ad una raccolta di salmi. Guardiamola un po' da vicino.
Questi quindici salmi costituivano come un "libretto del pellegrino/a" che aveva lo scopo di aiutare chi, negli anni del dopo esilio, compiva il viaggio-pellegrinaggio a Gerusalemme, cuore della vita e della fede di ogni persona israelita.
Questi salmi aiutavano a far sì che il viaggio si realizzasse in atteggiamento di preghiera e comportasse un cambiamento profondo nella vita del credente.
"Sono quindici salmi perché quindici erano i gradini che separavano la zona esterna del tempio dal cortile più interno". Per questo sono detti anche salmi graduali (= salmi dei passi): salendo i gradini si recitavano ancora quei salmi che già avevano accompagnato i passi durante tutto il viaggio, nelle ore dell'entusiasmo e della fatica, della gioia e dello sconforto. Compiere il viaggio non era sempre impresa facile. Era necessario maturare una decisione, organizzarsi, trovare le energie fisiche e psichiche, far fronte a pericoli, disagi, imprevisti. Non era turismo estivo!

Per un popolo in diaspora
"La raccolta dei Canti delle ascensioni è stata redatta nella forma che il salterio ci consegna nell'epoca successiva all'esilio" (Pino Stancari), quando il popolo è disperso (diaspora). Il fenomeno della diaspora risaliva già all'esilio di Babilonia (587 -539 avanti Cristo), ma nel periodo dell'editto di Ciro, re dei persiani, molti che avrebbero potuto fare ritorno da Babilonia non ritornarono. Una componente molto numerosa del popolo restò dispersa e ai tempi di Gesù gli ebrei in diaspora erano più numerosi di quelli che vivevano in patria.
"In questa situazione, per coloro che vivono lontani, dispersi in tanti diversi contesti, Gerusalemme resta un riferimento luminoso, chiarificatore, un segnale posto da Dio nella storia umana e in rapporto al quale i frammenti di questo popolo disperso ritrovano unita" (P. Stancari, I passi di un pellegrino, Editrice Ancora).
Il concetto di città santa, di luogo che porta nei secoli le grandi tradizioni di Israele (concetto ancora vivo oggi, in bene ed in male) esercitava un enorme e positivo (perché dubitarne?) fascino su un popolo sempre esposto al rischio della dissoluzione della propria identità, anche a livello di fede. Una grande lontananza ha pur bisogno di momenti di vicinanza! Il credente sa che a Gerusalemme potrà, venendo dalla diaspora, attingere a piene mani nelle tradizioni dei padri. È necessario che noi cerchiamo di metterci nei panni della persona ebrea credente della diaspora. Gerusalemme più che la meta di un viaggio è un pozzo, una sorgente, la culla e la patria della fede di Israele.

Per Israele... tutto è viaggio...
Dalle terre lontane e vicine l'israelita va pellegrino/a verso Gerusalemme. Si mette in viaggio. Ma tutta la "storia della salvezza" per Israele è caratterizzata dall'incessante esperienza del viaggiatore. Le storie dei patriarchi, l'esodo con l'attraversamento del deserto, l'esilio, il ritorno e la successiva dispersione verso periferie sempre più remote sono sempre esperienze di viaggio.
Vivere è camminare verso…Dio chiama Abramo perché si metta in viaggio...e chi entra nelle orme di Abramo...non ha altra scelta che mettersi in viaggio. Giuditta non deve forse avventurarsi in un pericoloso viaggio? La storia del giovane Tobia non pone al centro un grande viaggio in terra lontana?
In una cultura delle migrazioni, viaggiare, spostarsi, camminare sono quasi sovrapponibili a vivere.
Ma, in questo caso, alla luce di tutti i viaggi che le tradizioni di Israele raccontano, il viaggio verso Gerusalemme assume una densità quasi inesprimibile.

Alcune annotazioni
1) Si parla di ascensioni perché Gerusalemme si trova a 800 metri sul livello del mare. Aldilà della metafora della ascensione, cioè della vita come cammino in salita e in crescita, è ovvio che occorreva salire sulla collinetta antistante per giungere a Gerusalemme. A Gerusalemme si saliva.
2) Nella lettura di questi salmi si ponga molta attenzione all'arsenale simbolico, gestuale, spaziale.
3) I toni sono caldi, appassionati. Tra vita e preghiera, in questo caso, non solo non esiste separatezza, ma non c'è nemmeno distanza.

Franco Barbero