sabato 8 luglio 2017

"Ma il vero errore è stato nominarlo"

ROMA - «Non conosco le motivazioni dell'accusa, e non giudico colpevole una persona prima che venga processata. Ciò che tuttavia è certo è che il cardinale Pell è colpevole di non aver trattato nel modo giusto i casi di pedofilia commessi da preti quando era arcivescovo in Australia. La sua nomina in Vaticano fu uno schiaffo anzitutto per le vittime australiane, poi per chi nella Chiesa lavora contro la pedofilia. Pell non doveva nascondersi Oltretevere senza rispondere alle vittime. Il suo congedo, seppur positivo, arriva a mio avviso troppo tardi».
La sospensione di Pell non rappresenta una rivincita contro la Curia romana, per Marie Collins, l'irlandese vittima di pedofilia da parte del clero che nel marzo scorso si dimise dal suo incarico vaticano per le resistenze interne al suo lavoro di pulizia, ma «seppur tardivo resta il segno che qualcosa sta cambiando».
Il congedo di Pell doveva arrivare prima?
«Per me sì. Pell doveva essere trattato secondo le procedure che prevedono che quando si viene accusati si lasciano gli incarichi fino a prova contraria. In ogni caso, ora che esiste un'accusa esplicita su di lui, al di là delle altre accuse di non aver trattato nel giusto modo i casi dei preti quando era il responsabile di diocesi australiane, il congedo è una buona notizia».
Cosa non funziona in Vaticano?
«È stato deciso che i vescovi negligenti nella lotta agli abusi siano rimossi. Ancora non mi risulta che questa disposizione è stata mai applicata. Perché? Erano solo belle promesse? O cosa? ».
Mesi fa era impensabile che un alto prelato della Curia romana si facesse da parte per rispondere ad accuse di pedofilia?
«Credo di sì. È la prima volta che a essere accusato è un cardinale della Curia romana. In passato anche altre figure di rilievo nella Chiesa hanno subìto accuse, ma qui si tratta di una personalità con un incarico di primissimo piano a Roma».
Cosa pensa dell'indagine e delle accuse australiane?
«Non so nulla in merito e non mi pronuncio. Insisto però nel dire che tornare in Australia e prendersi del tempo rispetto al lavoro ordinario è decisivo. Significa che forse si è capito che dalle accuse non bisogna mai fuggire, ma rispondere. L'obiettivo deve sempre essere quello di arrivare alla verità, cercarla e ad essa puntare. L'accusa permetterà tutto ciò e la cosa non potrà che essere positiva sia per Pell sia per la Chiesa».
La vicenda ha qualche attinenza con le accuse mosse da lei circa le resistenze interne?
«Non c'entra con Roma, ma è semplicemente inerente a un porporato che risiede a Roma. Ma i fatti, da verificare, sono avvenuti altrove e parecchi anni fa».
Per Francesco cosa rappresenta tutto ciò? Anche per lui non è facile fare pulizia?
«Per Francesco non è facile, è evidente. Ma se l'impunità non è concessa ad alcuno, neanche ad un cardinale importante come Pell, Francesco non ha nulla da temere. Questa è l'unica strada da percorrere, anche di fronte al dolore delle tante vittime. La cosa importante è non fuggire, non coprire. In questo senso l'annuncio di ieri del congedo rappresenta una svolta». (p.r.)
(la Repubblica 30 giugno)