L'infermiere
con le cesoie per rubare un anello.
Ha
tagliato con le tronchesi la fede nuziale di una povera donna di 85
anni, in coma in un letto d'ospedale , le ha quasi staccato il dito,
poi ha preso l'anello ed è andato a rivenderlo al “compro oro”.
E' successo a Cuorgné, in Piemonte, ma poteva accadere ovunque in
questo tempo feroce e miserabile.
Lui
si chiama Romano Faccin e lavora, si spera ancora per poco, come
operatore sanitario all'ospedale della cittadina del Canavese. Lei,
che nel frattempo è morta, si chiamava Felicita Cavaletto, era
vedova ed era ricoverata da tre settimane. I Carabinieri, avvertiti
dai familiari della donna che avevano notato la ferita al dito e la
fede sottratta, hanno recuperato l'anello e denunciato Romano Faccin
per rapina e ricettazione.
Oltre
i confini dell'orrore, al di là di ogni frontiera tra il macabro e
l'agghiacciante, l'uomo che taglia il dito e ruba l'anello sembra un
episodio dei Mostri di Dino Risi, ma purtroppo non è grottesca
satira della bassezza umana: di questa bassezza è, realmente,
l'apoteosi in presa diretta. Non invenzione ma verità. La spudorata
disinvoltura del ladro, non solo l'offesa per un corpo morente, narra
un'epoca in cui per quattro soldi non solo si passa sul cadavere
della propria madre – come da antica metafora – ma lo si deturpa,
lo si profana in nome di una manciata di euro. I nazisti nei lager
strappavano i denti d'oro ai cadaveri, il mostro di Cuorgné non ha
neppure aspettato la fine della sua vittima: perché perdere tempo?
Un vecchio corpo che muore è solo un oggetto, un ingombro, ma
qualcosa può rendere. Il colpevole, invece, è l'anello mancante tra
l'umanità e l'abisso.
Maurizio
Crosetti Rep. 6 luglio