lunedì 17 luglio 2017

Morto per i nostri peccati?

Ma come reperire il significato salvifico di quella scena di morte? In che senso la croce salva?
Lungo i secoli, si sono moltiplicati i tentativi di spiegazione. E dal momento che la lettura credente ha sottolineato il carattere salvifico, e non accidentale, della morte di Gesù, le interpretazioni più accreditate hanno battuto la strada della necessità di quel gesto.
Era necessario che il Cristo morisse per noi, perché nessun umano, nessun sacrificio posto in essere dagli umani, poteva saldare il debito, riscattarci dal peccato. Solo il Figlio poteva risarcire il Padre, al nostro posto.
Al Golgota, dunque, si sarebbe svolta la scena del risarcimento del debito infinito, il condono della colpa contratta da una storia di peccato. Dove, però, non è il debitore a pagare, bensì qualcun altro, che si offre di risarcire il  creditore al suo posto.
Spiegazione intrigante, vista la sua capacità di convincere intere generazioni di cristiani. Ma con un'evidente pecca: viene riassorbito nella logica del mercato quel gesto che parla il linguaggio del dono.
E con conseguenze pesanti, soprattutto a livello teologico: Dio come un creditore spietato, che non fa sconti, che esige fino all'ultima goccia di sangue l'estinzione del debito. Ma gli effetti collaterali si avvertono anche sul fronte umano: una spiritualità dolorista e un venir meno del senso di responsabilità.
Il senso dato alla croce determina anche il senso di marcia dei discepoli di Gesù.
Quella strada principale, a lungo battuta, porta lontano dal regno di Dio. Per molti, è divenuta impercorribile. E anche chi fatica ad abbandonarla, esita a continuare la marcia, dal momento che i cartelli avvisano di “lavori in corso”, di un necessario rifacimento del manto stradale, troppo pieno di buche pericolose.
Occorre tornare sotto la croce e lasciarsi illuminare di più dalla narrazione di quell'evento.


Lidia Maggi – Fare strada con le Scritture