domenica 6 agosto 2017

In memoria di François Houtart e di Miguel D'Escoto,
figure chiave della Chiesa della liberazione


ROMA-ADISTA. Una dolorosa perdita per il mondo, per l'America Latina, per la Chiesa della liberazione, la scomparsa, ad appena due giorni di distanza l'uno dall'altro, il 6 e l'8 giugno scorso, del sacerdote e sociologo belga Francois Houtart, fondatore del Centro Tricontinental dell'Università Cattolica di Lovanio e della rivista Alternatives Sud, e Miguel D'Escoto, sacerdote ed ex ministro degli Esteri del governo sandinista. A rendere loro omaggio, facendo memoria della loro vita e della loro instancabile militanza, è il domenicano Frei Betto, che, in un commento pubblicato sul sito Gente de Opinião (12/ 6) e su altri organi di informazione, ripercorre i momenti più significativi del suo rapporto con le due grandi figure della Chiesa della liberazione. Così, Frei Betto ricorda come Houtart avesse abbandonato l'Europa «per vivere in America Latina e dedicarsi ai movimenti sociali dei Paesi del nostro continente, dell'Africa e dell'Asia», diventando uno dei più prestigiosi intellettuali del movimento altermondialista, grazie soprattutto alle sue lucide critiche nei confronti del modello di sviluppo dominante e alle sue puntuali riflessioni sulla necessità (al di là della pur importante adozione di misure dirette a risolvere problemi immediati) di avviare seriamente una transizione verso un nuovo paradigma centrato sulla realizzazione del Bene Comune dell'Umanità. Con conseguente distinzione, da parte del sociologo belga, tra misure tali da configurare veri «passi avanti verso un nuovo paradigma» e quelle tradotte appena in «un adattamento del sistema esistente a nuove esigenze ecologiche e sociali», particolarmente evidenti queste ultime nei Paesi latinoamericani governati da forze più o meno progressiste, convinte, a suo giudizio, «che non si possano sviluppare le forze produttive senza passare per la logica del mercato capitalista» (v. Adista Documenti n. 16/12).
Fedele al governo sandinista (malgrado le pesanti contraddizioni dell'amministrazione Ortega), come pure fedele alla Chiesa cattolica (malgrado la sospensione a divinis subita nel 1984 per il suo rifiuto a rinunciare all'incarico di ministro degli Esteri all'epoca della rivoluzione) è rimasto fino alla fine Miguel D'Escoto, il quale nel 2014, si era visto accogliere da papa Francesco la sua richiesta di venire reintegrato nel sacerdozio ministeriale (v. Adista Notizie n. 30/14): auspicato lieto fine di una vicenda culminata con la sospensione a divinis decisa dal Vaticano nei confronti di d'Escoto e di altri due "ribelli", i fratelli Fernando (scomparso il 20 febbraio del 2016, v. Adista Notizie n. 9/ 16) ed Ernesto Cardenal, rispettivamente ministri della Cultura e dell'Educazione del governo sandinista, tutti e tre convinti sostenitori della necessità di prestare tale servizio al loro Paese, a fronte di una tragica carenza di quadri intellettuali in conseguenza dell'analfabetismo endemico in cui il Nicaragua era precipitato sotto la sanguinosa dittatura di Somoza. Da allora, le strade dei tre sacerdoti-ministri si sarebbero poi divise: dopo la sconfitta della rivoluzione e la crisi del sandinismo, solo d'Escoto era rimasto nel Fronte sandinista, ricoprendo anche, con coraggio e fermezza, la presidenza dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dal 2008 al 2009 (durante la quale aveva anche reso possibile, tra molte altre cose, l'approvazione unanime, da parte dell'Assemblea Generale, della risoluzione relativa alla Giornata Internazionale della Madre Terra, da celebrarsi il 22 aprile di ogni anno; v. Adista n. 56/ 09). I due fratelli Cardenal avevano invece abbandonato il Fronte in polemica con la gestione autoritaria del partito da parte di Daniel Ortega e uno di loro, Fernando, era stato riammesso, già nel 1996, dopo un anno di noviziato, nella Compagnia di Gesù, da cui era stato espulso nel 1984 dietro pressione della Santa Sede.

(Adista, 15 luglio)