martedì 26 settembre 2017

Addio Edit Windsor, la matriarca della battaglia per diritti e nozze gay

NEW York. Mingherlina, ma instancabile e battagliera (a dispetto dell'età), Edith Windsor, detta Edie, matriarca del movimento per i diritti dei gay e protagonista di una decisione storica della Corte suprema sulle nozze tra persone dello stesso sesso, è morta a Manhattan all'età di 88 anni. L'annuncio è stato dato dalla seconda moglie, Judith Kasen-Windsor: «Edie era la luce della mia vita. Il mondo ha perso una donna che ha sempre combattuto tenacemente per la libertà, la giustizia e l'eguaglianza».
Era stata una vicenda legata alla prima moglie della Windsor, Thea Spyer, una psicologa con cui aveva vissuto 40 anni, a darle grande notorietà nella comunità Lbgt e poi in tutti gli Stati Uniti. Le due donne si erano sposate in Canada nel 2007, dopo decenni di convivenza e di viaggi in tutto il mondo (anche in Italia). Il matrimonio fu registrato nello Stato di New York, dove vivevano. Ma alla morte della Spyer due anni dopo per una malattia, 1'ufficio americano delle imposte chiese a Edie, che ne era l'erede universale, il pagamento di più di 300mila euro di tasse successione: cioè senza riconoscerle l'esenzione prevista per i coniugi, ma basandosi su una legge approvata ai tempi di Bill Clinton che vietava il riconoscimento a livello federale delle nozze omosessuali. Aiutata da un team di agguerriti avvocati, la Windsor fece causa e portò avanti la sua battaglia legale fino alla Corte suprema. Che nel 2013 le diede ragione, dichiarando l'incostituzionalità di alcune norme della legge clintoniana e aprendo la porta agli eguali diritti per i matrimoni gay. Non era ancora una legalizzazione completa, che arrivò soltanto due anni dopo, nel 2015, con un'altra decisione della Corte suprema: ma il caso di Edie, come ha ricordato Barack Obama spianò la strada alla grande svolta «Quella la prima sentenza - ha ricordato l'ex presidente - ha segnato un grande giorno per l'America e per il genere umano».
La Windsor divenne famosa. Fu scelta come "madrina" del grande corteo del "gay pride newyorkese" e si ipotizzò persino che potesse essere scelta come personaggio dell'anno del settimanale Time. Lei, che era andata in pensione come programmatrice informativa alla Ibm, continuò a militare nel movimento Lgbt e a partecipare a cortei e manifestazioni. Proprio in occasione di una di queste incontrò Judith Kasen, una ex manager del settore bancario, anche lei anziana. Le due si fidanzarono nel 2015 e si sposarono 1'anno successivo.
Arturo Zampaglione

(la Repubblica 14 settembre)