NOI SIAMO CHIESA
Via N. Benino 3 00122 Roma
Via Soperga 36 20127 Milano
Email < vi.bel@iol.it>
tel. 022664753, cell.3331309765
Papa Francesco “umanizza” il fine vita e mette ai margini la linea fondamentalista
Il comodo silenzio della stampa sul disarmo nucleare
La
stampa dedica oggi grande attenzione al discorso di papa Francesco sul
fine vita. I due maggiori quotidiani aprono la prima pagina su di
esso. E ciò va bene, è un intervento molto importante. Ma abbiamo un
problema: come mai gli stessi giornali hanno completamente snobbato
l’intervento del papa di venerdì scorso per il disarmo nucleare
(ignorandolo del tutto il “Corriere” e collocandolo in una colonnina in
quindicesima pagina “Repubblica” )? Eppure era un intervento
altrettanto importante. Forse l’ostilità del nostro governo, sollecitata
dalla Nato, al recente Trattato ONU contro le armi nucleari (e quindi,
indirettamente, a questo discorso del papa ) ha fatto la differenza e
ha tacitato la nostra grande stampa, sempre troppo timida quando si
tratta di questioni che riguardano la sfera militare. Tanto per dire
pane al pane e vino al vino.
Confermata la linea tradizionale della Chiesa
Ciò
premesso, dobbiamo constatare che papa Francesco ha, sulla questione di
fondo del fine vita, ribadito la linea tradizionale della Chiesa
contenuta nel paragrafo 2278 del Catechismo della Chiesa cattolica del
1992, con il no all’accanimento terapeutico, con il sì alla
responsabilità e alla libertà del malato oltre che con il no
all’eutanasia. Ma perché questa sorpresa per il pronunciamento del papa?
La attribuiamo al fatto che, nella situazione italiana, la posizione
della Chiesa era stata abbandonata nei casi Welby ed Englaro come
conseguenza della linea fondamentalista del Card. Ruini e poi del Card.
Bagnasco. “Noi Siamo Chiesa” a suo tempo, ha denunciato ripetutamente
con forza questa deriva che tanto male ha fatto alla credibilità della
Chiesa nel nostro paese. Ma papa Francesco dice altro perché non
avvalla alcuna “campagna”, non parla di “principi o di valori non
negoziabili”, tace sulla nutrizione e sulla idratazione forzate (non
dichiarandole quindi obbligatorie), spiazzando l’ala oltranzista del
mondo cattolico che della questione del fine vita ha fatto il pilastro
centrale di una propria “identità” contro il “laicismo libertario” .
Anzi- scrive oggi Alberto Melloni su “Repubblica”- per papa Francesco
il “non proporre davanti alla modernità tecnologica una sterile
mitragliata di condanne” potrebbe essere una nuova occasione per
l’evangelizzazione.
Il non facile discernimento nelle situazioni concrete
Ci
sono allora le condizioni per il ragionamento di verità dei migliori
nostri moralisti e teologi che papa Francesco fa suo integralmente.
Emerge dalle sue parole la piena consapevolezza di trovarsi in una fase
di passaggio a causa dei progressi della medicina che esige un
“supplemento di saggezza” e di pazienza prima di dire troppo e,
magari, di dire male. Emerge l’ottica pastorale del papa che prende
atto della difficoltà di capire e di decidere in molte situazioni
estreme e che propone l’attenzione alla situazione concreta del
paziente, considerandone il bene integrale. Egli
dice “Occorre un attento discernimento, che consideri l’oggetto
morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. La
dimensione personale e relazionale della vita – e del morire stesso, che
è pur sempre un momento estremo del vivere – deve avere, nella cura e
nell’accompagnamento del malato, uno spazio adeguato alla dignità
dell’essere umano.” “Non è sufficiente applicare in modo meccanico una
regola generale” e via di questo passo. Si tratta di capire che l’amore
per la vita deve anche significare l’umanizzazione del fine vita. Di qui
il suo ragionamento sulla “prossimità responsabile” nei confronti del
malato, sulle cure palliative, contro “il morire più angoscioso e
sofferto, ossia quello del dolore e della solitudine”. Francesco propone
una visione serena della morte, umana e cristiana.
L’ineguaglianza terapeutica ignorata dalla stampa
Ci
sorprende il silenzio stampa sul brano del discorso dove si parla di
ineguaglianza terapeutica che è fondata sulla constatazione dei tanti
trattamenti sanitari di fatto riservati a fasce ristrette di persone e
di popolazioni. L’ottica di Francesco è a tutto campo, è planetaria ed è
intrecciata con la sua consueta preoccupazione per gli “ultimi”, per lo
“scarto”. Questa ineguaglianza –egli dice- “è ben visibile a livello
globale, soprattutto comparando i diversi continenti. Ma è presente
anche all’interno dei Paesi più ricchi, dove l’accesso alle cure rischia
di dipendere più dalla disponibilità economica delle persone che dalle
effettive esigenze di cura”. Non si poteva dire niente di più incisivo
ed efficace.
Basta con la guerra di religione sul testamento biologico
Anche
se il brano finale del discorso ha un orizzonte globale esso deve
essere valutato con intelligenza all’interno della contingenza politica
del nostro paese. Quando Francesco parla di soluzioni condivise tenendo
“conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni
etiche e delle appartenenze religiose, in un clima di reciproco ascolto e
accoglienza” ci sembra di ascoltare le posizioni con le quali i
cattolici democratici hanno da sempre proposto di affrontare nello
spazio pubblico i temi etici per “trovare soluzioni – anche normative –
il più possibile condivise”. Per essere concreti si può disinnescare
il clima da guerra di religione sul fine vita, che sarebbe malamente
usato nella prossima campagna elettorale, approvando subito, dopo dieci
anni di polemiche identitarie ed ideologiche, la legge sul testamento
biologico ferma in Senato?
Roma, 17 novembre 2017