lunedì 11 dicembre 2017

La preghiera di Bergoglio nella Pagoda di Rangoon

RANGOON (MYANMAR). Accosta Buddha a san Francesco d'Assisi, le parole di entrambi che esprimono «sentimenti simili» e sono quindi capaci di unire buddismo e cristianesimo oltre ogni «forma di incomprensione, di intolleranza, di pregiudizio e di odio». È l'ultima breccia aperta da papa Bergoglio, in sostanza la proposta di un dialogo interreligioso che si pone di fronte alle altre fedi non in maniera ideologica quanto aperta alla contaminazione. No, dunque, a un cristianesimo identitario e votato al proselitismo, sì piuttosto alla capacità di accoglienza di ciò che le altre religioni hanno in sé di buono: Buddha e san Francesco più simili che dissimili, insomma, la loro spiritualità più vicina che distante. Dice non a caso il papa: «Le parole del Buddha offrono a ciascuno di noi una guida».
Entra scalzo nel "sangha" dei buddisti a Rangoon, papa Bergoglio, nella Pagoda d'oro, uno dei templi più venerati dell'Asia sudorientale, e indica la strada della ricerca della pace e della convivenza oltre ogni odio religioso osando mostrare insieme la contiguità tra le due grandi figure della spiritualità cristiana e buddista, l'illuminato e il poverello di Assisi. Dopo il tempo in cui ogni accostamento del genere veniva bollato dall'ala più intransigente e conservatrice del cristianesimo come sincretista, la "macchia", secondo alcuni, della parziale contaminazione di una religione con elementi di altre, Francesco vola più alto mostrando con semplicità e nello stesso tempo decisione che nei grandi uomini spirituali le comunanze non solo possono essere molteplici, ma possono anche essere un valore su cui lavorare: «Sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, il malvagio con la bontà, l'avaro con la generosità, il menzognero con la verità», disse Buddha.
«Dov'è odio che io porti l'amore, dov'è offesa che io porti il perdono», arrivò a dire san Francesco.
In un Myanmar vessato dall'intolleranza etnica e religiosa – ancora ieri ai vescovi del Paese il Papa ha parlato della necessità di tutelare «i diritti umani» senza tuttavia citare la minoranza islamica dei Rohingya – Francesco mostra di desiderare una Chiesa che sappia applicare la categoria testimoniale sopra quella dogmatica. Se l'identitarismo crea steccati, la testimonianza è invece lievito nella massa.
Mentre le differenze teologiche e spirituali possono essere lasciate in secondo piano in favore della ricerca di strade comuni di convivenza e di pace. «Poiché tutte le dottrine religiose insegnano solo il bene dell'umanità, non possiamo accettare che terrorismo ed estremismo possano nascere da una certa fede religiosa», gli fa eco, significativamente, il presidente del comitato statale "sangha", Bhaddanta Kumarabhivamsa.
«Il Papa vuole rafforzare i vincoli di amicizia e di rispetto tra le persone per condannare ogni terrorismo ed estremismo in nome dei credo religiosi», dice a Repubblica padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi. E ancora: «La strada è quella di proporre agli uomini contemporanei l'anelito del trascendete che li accomuna. Nel principale tempio buddista del Myanmar, insomma, il vescovo di Roma non parla da docente ma da pastore». Francesco non guarda indietro bensì avanti. E, così, anche il dono fatto all'alto rappresentante dei monaci è avanti che invita a guardare, a un tempo nuovo nel dialogo tra le fedi. Papa Francesco lascia al presidente del comitato "sangha" una singolare scultura costruita in lega di magnesio – materiale utilizzato dall'industria aeronautica – e ispirata a certa produzione della corrente artistica futurista.
Paolo Rodari

(la Repubblica 30 novembre)