Oggi
ho celebrato la Messa dei popoli.
Ho sentito letture in inglese,
polacco, portoghese, francese… proprio come avviene ormai nelle
nostre contrade: ogni giorno al bar o al mercato sentiamo frasi in
italiano e piemontese, ma anche in inglese, rumeno, albanese, arabo.
Viviamo dentro una società di fatto multiculturale, multietnica e
multireligiosa. A volte ci sentiamo un po’ disorientati, un po’
spiazzati. Molti sentono la nostalgia del tempo in cui eravamo tutti
“di noi”.
Ma ormai è un dato di fatto: siamo diversi,
apparteniamo a popoli e culture diverse. Lo so, la diversità
spaventa. Difatti cerchiamo di esorcizzarla riducendo l’altro a
noi. Così fa il marito quando dice: “Amo mia moglie quando la
pensa come me”; così fanno i figli quando dicono: “Vogliamo bene
ai genitori quando ci danno ragione”. Così facciamo noi quando
diciamo: “Voglio bene al musulmano quando fa le cose che decido
io”.
Ridurre le differenze sembra la strada migliore per
incontrarci. Eppure è vera la frase di D’Avenia: “Non
può esserci amore dove non c’è differenza”.
Ogni relazione nasce da una differenza. Per questo motivo le
differenze sono faticose, ma sono una fortuna.
I
magi sono una splendida immagine di questa verità. Lo esprimo in
cinque punti. Primo: i magi riconoscono in se stessi una mancanza. A
loro manca qualcosa, sono in ricerca, in attesa. Così è ogni uomo:
ci manca qualcosa, senza l’altro siamo tutti più poveri. Abbiamo
bisogno di qualcosa di diverso da noi. Anche la stessa Chiesa ha
bisogno degli altri, da sola è molto più povera.
Secondo:
i magi scoprono qualcosa oltre se stessi, scoprono una stella
luminosa. Noi abbiamo bisogno di scorgere l’aspetto luminoso
dell’altro: di nostra moglie, dei nostri figli, di persone di altri
popoli o altre religioni.
Terzo:
i magi si mettono in cammino. Per costruire una relazione bisogna
uscire da sé e camminare verso l’altro. La relazione è un cammino
lungo e faticoso, fatto di ascolto, di superamento dei pregiudizi, di
ricerca delle ragioni dell’altro.
Quarto:
i magi incontrano Gesù. Ogni vero incontro, ogni vera relazione ci
fa toccare il “senso” della vita; anzi ogni vera relazione è
proprio il “senso” della nostra vita: siamo nati per incontrare
l’altro.
Quinto:
i magi tornano a fare i magi, cioè i sacerdoti di Zoroastro.
La
relazione non distrugge la nostra identità, ma la arricchisce. La
relazione non azzera la nostra identità, ma la invera, la rende più
vera, la fa crescere. Grazie alla figura dei magi possiamo davvero
iniziare il nuovo anno con la voglia di costruire relazioni: in casa,
nel posto di lavoro, con gli amici, con le persone sconosciute che ci
capita di incontrare.
In questa direzione nascerà una società
nuova, fatta di diversità che non si combattono, ma si
arricchiscono; di diversità che non si nascondono, ma si accolgono
rimanendo diverse. Non si tratta di eliminare la diversità, ma di
scoprire “la parte luminosa” di ogni diversità. Buon cammino.
Derio
Olivero, vescovo.
L’Eco
del Chisone 10/01