venerdì 19 gennaio 2018

"NON PUO' ESSERCI AMORE DOVE NON C'E' DIFFERENZA" ALESSANDRO D'AVENIA


Oggi ho celebrato la Messa dei popoli.
Ho sentito letture in inglese, polacco, portoghese, francese… proprio come avviene ormai nelle nostre contrade: ogni giorno al bar o al mercato sentiamo frasi in italiano e piemontese, ma anche in inglese, rumeno, albanese, arabo.
Viviamo dentro una società di fatto multiculturale, multietnica e multireligiosa. A volte ci sentiamo un po’ disorientati, un po’ spiazzati. Molti sentono la nostalgia del tempo in cui eravamo tutti “di noi”.
Ma ormai è un dato di fatto: siamo diversi, apparteniamo a popoli e culture diverse. Lo so, la diversità spaventa. Difatti cerchiamo di esorcizzarla riducendo l’altro a noi. Così fa il marito quando dice: “Amo mia moglie quando la pensa come me”; così fanno i figli quando dicono: “Vogliamo bene ai genitori quando ci danno ragione”. Così facciamo noi quando diciamo: “Voglio bene al musulmano quando fa le cose che decido io”.
Ridurre le differenze sembra la strada migliore per incontrarci. Eppure è vera la frase di D’Avenia: “Non può esserci amore dove non c’è differenza”. Ogni relazione nasce da una differenza. Per questo motivo le differenze sono faticose, ma sono una fortuna.
I magi sono una splendida immagine di questa verità. Lo esprimo in cinque punti. Primo: i magi riconoscono in se stessi una mancanza. A loro manca qualcosa, sono in ricerca, in attesa. Così è ogni uomo: ci manca qualcosa, senza l’altro siamo tutti più poveri. Abbiamo bisogno di qualcosa di diverso da noi. Anche la stessa Chiesa ha bisogno degli altri, da sola è molto più povera.
Secondo: i magi scoprono qualcosa oltre se stessi, scoprono una stella luminosa. Noi abbiamo bisogno di scorgere l’aspetto luminoso dell’altro: di nostra moglie, dei nostri figli, di persone di altri popoli o altre religioni.
Terzo: i magi si mettono in cammino. Per costruire una relazione bisogna uscire da sé e camminare verso l’altro. La relazione è un cammino lungo e faticoso, fatto di ascolto, di superamento dei pregiudizi, di ricerca delle ragioni dell’altro.
Quarto: i magi incontrano Gesù. Ogni vero incontro, ogni vera relazione ci fa toccare il “senso” della vita; anzi ogni vera relazione è proprio il “senso” della nostra vita: siamo nati per incontrare l’altro.
Quinto: i magi tornano a fare i magi, cioè i sacerdoti di Zoroastro.
La relazione non distrugge la nostra identità, ma la arricchisce. La relazione non azzera la nostra identità, ma la invera, la rende più vera, la fa crescere. Grazie alla figura dei magi possiamo davvero iniziare il nuovo anno con la voglia di costruire relazioni: in casa, nel posto di lavoro, con gli amici, con le persone sconosciute che ci capita di incontrare.
In questa direzione nascerà una società nuova, fatta di diversità che non si combattono, ma si arricchiscono; di diversità che non si nascondono, ma si accolgono rimanendo diverse. Non si tratta di eliminare la diversità, ma di scoprire “la parte luminosa” di ogni diversità. Buon cammino.
Derio Olivero, vescovo.
L’Eco del Chisone 10/01