giovedì 22 febbraio 2018

Tra catacombe e tesori, sulle tracce di San Gennaro

Gli itinerari fuori mostra proposti dal Museo e dalla Regione Campania tocca no anche tre luoghi di Napoli legati alla figura di san Gennaro. Che c'entra, viene da dire, il santo della famosa ampolla, con i Longobardi? Presto spiegato. Gennaro fu decapitato a Pozzuoli il 19 settembre del 305. Intorno al 431, il vescovo Giovanni II decise di traslarne le spoglie nelle catacombe di Capodimonte, ponendole in un cubicolo al livello inferiore del complesso sepolcrale. Che da allora prese il nome del santo. Nell'83l, Sicone I, principe di Benevento, durante l'assedio alla città partenopea, trafugò le reliquie e le portò nella propria sede episcopale. Rimasero lì fino al XII secolo, quando furono trasportate nell'abbazia di Montevergine, a Mercogliano, provincia di Avellino. Tornarono a Napoli tre secoli dopo. Dunque è dalle catacombe che si deve cominciare, varcando l'ingresso di via Capodimonte 13, 0817443714.
Se oggi sono accessibili, lo si deve alla Cooperativa La Paranza, fondata nel 2006, che, nel 2008, vincendo il bando storico-artistico di Fondazione con il Sud, ha avviato il recupero e ha preso in gestione il sito. Nata nel Rione Sanità, dove termina l'itinerario ipogeo, La Paranza ha tessuto qui una rete di piccole cooperative e artigiani, confluita il 16 dicembre del 2014 nella Fondazione San Gennaro. Sono i ragazzi della Sanità, molto preparati e motivati, a guidare dentro un universo sotterraneo di sei chilometri quadrati, articolato su due livelli. Il vestibolo inferiore, II secolo, era in origine un'area funeraria pagana divenuta cimitero cristiano nel III, la stessa epoca del vestibolo superiore. Le luci disposte con efficace resa scenografica illuminano la pietra lavorata, gli affreschi, i frammenti di mosaici, le colonne della basilica, i corridoi che sembrano comporre le navate di una chiesa. Le ombre in cui si perde il labirinto di loculi di san Gennaro conferiscono all'insieme un'impronta di misticismo e mistero. Davvero magnifico.
Secondo appuntamento il Tesoro di san Gennaro, nell'omonimia cappella, che annovera gioielli, argenti e dipinti, realizzati dalla metà del Cinquecento al Settecento. Sconosciuta e nascosta è la storia di un quadro della chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, in via dei Tribunali 39, purgatorioadarco.it. L'opera seicentesca, collocata all'interno dell'Oratorio dell'Immacolata, è attribuita da alcuni a Giovanni Balducci. Le sue malandate condizioni, mancano i finanziamenti per il restauro, consentono tuttavia di leggere la scena, che rappresenta Sant'Aniello con in pugno lo stendardo della Croce, mentre ferma non i longobardi, bensì i saraceni. Infedeli, a quei tempi, più minacciosi che mai. Il santo è uno dei sette compatroni di Napoli. In fatto di provvidenza, melius abundare quam deficere. Ne avrete conferma visitando i locali sotto la chiesa, dedicati al culto delle, «anime pezzentelle», che comporta l'adozione di un teschio. Fatevi raccontare la storia di quello della giovane Lucia, protettrice degli amori infelici.

(Il Manifesto 3 gennaio)