sabato 24 marzo 2018

"Isolare una parola dal lungo discorso o dialogo significa non prendere sul serio colui che parla. Chi ascolta soltanto la melodia dell'oboe non coglie la sinfonia. E il fatto che l'ebraismo abbia canonizzato un Tenak a più voci, e la chiesa una Bibbia che consiste nel Primo e Secondo Testamento, sta a significare che la pluralità e la pluriformità del canone riflettono la ricchezza gloriosa e drammatica dell'agire di Dio.
È una pluralità che fa trasparire la complessità della vita e che ci offre tutta una serie di figure di speranza e di ricerca di Dio. Ci sono momenti in cui Giobbe e Qohelet esprimono la «parola che Dio proferisce», o quando una parabola di Gesù o la testimonianza della sua risurrezione ci porta salvezza, - ma anche altri in cui tante voci si uniscono in una possente orchestra, per affascinare l'intera comunità.
Ed è proprio questa multiformità della parola di Dio, come risuona nel Primo Testamento, a preservare noi cristiani dal rischio di cadere nella "miopia cristologica e in una ecclesiologia di corto respiro. Ed è quella che ci invita a diffidare da ogni sistematizzazione affrettata". "Non esiste una chiave capace di aprire tutte le dimensioni della vita di fronte a Dio e con Dio, ma soltanto le diverse chiavi delle differenti testimonianze bibliche, tenute insieme dall'anello del canone e offerteci dalla benevolenza divina", come scrive K. Stendahl."
(da Erich Zenger, Il Primo Testamento, Queriniana, pag. 213).

Questi studi hanno sorretto la mia ricerca negli anni centrali del mio impegno esegetico e teologico.
Franco Barbero