venerdì 9 marzo 2018

«Più che il Sessantotto poté il Concilio»

PINEROLO - Rivoluzionario "ante '68", alle soglie dei trent'anni Franco Barbero credeva in una Chiesa dedita ai poveri e prossima ad una svolta epocale. «Nel sessantotto avevo ventinove anni - racconta Barbero -. Il mio primo "scossone", però, non fu il '68. Io arrivavo dagli anni del Concilio e pensavo che il vento conciliare avrebbe spazzato via la "chiesa borghese", e che, salutati i ricchi, la chiesa cattolica sarebbe passata decisamente con i più deboli della società. Non fu esattamente così, ma il Concilio aveva acceso in me una passione che mi spingeva ad abbracciare il '68. Anzi allora mi sembrò che rivoluzione ecclesiale e rivoluzione sociale dovessero convergere sugli stessi obiettivi di liberazione».
Una spinta ad abbracciare il '68 che portò alla partecipazione attiva agli eventi dell'epoca, ma anche al rifiuto di ingenue illusioni e di alcune retoriche che mancavano di un fondamento interiore.
«Da "prete rosso" mi sentivo cittadino coinvolto. Scioperi, processi antimilitaristi, picchettaggi vari andavano d'accordo con il ministero e il Vangelo. Presto mi accorsi che tra sogno e realtà c'era una distanza: in realtà il "re nudo" stava preparando un altro guardaroba. Le idee della laicità, dei diritti delle persone, le lotte femministe, l'antimilitarismo furono i punti di accordo con il '68 di cui apprezzavo tanto la cultura del collettivo. Facevo però fatica a ritrovarmi in talune retoriche, declamate in nome della classe operaia e in alcune ingenuità rispetto ad una lettura troppo scontata del cambiamento. Sentivo, a volte, mancare quella "rivoluzione interiore" senza la quale, a mio avviso, non avrebbe potuto e non potrà esserci rivoluzione sociale. Le lotte, la centralità della fabbrica, l'antimilitarismo, la lotta delle donne furono per me segnali verso un futuro che non andrebbero mai archiviati e rinnegati».
Nonostante le ingenuità, il sessantotto resta comunque per don Barbero un evento positivo: «Oggi vedo nel '68 una "vittoria", nel senso che tante voci e tante energie hanno dato uno scossone al mondo intero. Ero meno attento e critico su certi aspetti, molto ingenui, che sottovalutavano la complessità globale dei problemi. Del resto, se usciamo dalla retorica, il '68 fu un fenomeno in cui dominava la "passione comunitaria", ma forse fummo meno attenti al bisogno di alimentarla. Comunque, coniugare "l'io" e il "noi" è per me una bella proposta del Vangelo e anche del '68».
La spinta che ha animato molti in quegli anni non ha abbandonato don Barbero, sempre alla ricerca di cambiamento in positivo della società, di rivoluzione del pensiero e delle azioni in un'ottica di apertura al prossimo, senza smettere di lottare per i diritti.
«La passione per la fede e il cambiamento politico non è affatto diminuita in me. Oggi cerco di rimanere in contatto e di lasciarmi contagiare da tutto ciò che, nella politica del possibile, tenta di tradurre e realizzare frammenti di utopia. Anche se le situazioni oggi sono più nebulose e pesanti, continuo a guardare in quella direzione, sia nella politica che nella chiesa, con occhio più attento e consapevole dei piccoli passi positivi. Lo sguardo si è fatto più attento al panorama internazionale e al dialogo tra le diverse religioni. Per quanto riguarda le conquiste del sessantotto, credo che su molti punti siano avvenuti avanzamenti e svolte. Sul terreno dei diritti sono maturate novità profonde: i diritti dei minori, delle donne, degli omosessuali, dei diversamente abili, degli stranieri eccetera. Nella chiesa cattolica, nonostante una diffusa sonnolenza, scorgo segnali, ancora timidi e minoritari, di una reale immersione nel vissuto delle donne e degli uomini, a partire dalle "ultime ruote del carro". Ho maturato la consapevolezza che tra desiderio e realtà esiste il lungo spazio della progettualità. In ogni caso, anche un eretico come me può ancora dire la sua opinione in tutta libertà, senza sentirsi affatto fuori dalla mia chiesa e soprattutto fuori dal cammino cristiano».
Un servizio, quello di Franco Barbero, improntato a migliorare il presente e a sognare il futuro, creando un domani migliore a partire da oggi: «Nel '68 e negli anni seguenti, specialmente sulle vicende del divorzio e dell'aborto, ero particolarmente concentrato nel presente e, più che un progetto del nuovo mondo, avevo nel cuore il sogno di un cammino di liberazione quasi senza interruzione. Da molti anni ho imparato che è necessario sognare e poi trovare i passi verso un cambiamento di rotta rispetto alle crescenti disuguaglianze. Non immaginavo però che su questi terreni fosse ormai in atto un progetto globale di restaurazione. L'importante, per me, è tenere insieme il sogno e la realtà».
Elisa Campra

("Le Valli" 28 febbraio)