giovedì 26 aprile 2018

L'Arci al Comune: "Se la politica non interviene, la cultura si spegne"
In assemblea i 133 circoli torinesi che chiedono un'inversione di rotta. È la più grande associazione cittadina con 6lmila soci


Non spegnete la città di Torino. Lo chiedono i centotrentatré circoli dell'Arci torinese che pretendono un'inversione di rotta sulle politiche culturali cittadine. «Vogliamo dare un segnale alla città», spiega Andrea Polacchi, presidente dell'Arci Torino che già a dicembre dalle pagine di Repubblica aveva denunciato la profonda crisi in cui si trovano circoli e realtà associative indipendenti. «Nonostante si continui a fare proclami - prosegue Polacchi - c'è un'assenza oggettiva di politiche culturali in favore delle pratiche di cultura diffusa e popolare». Per questo la più grande associazione culturale torinese, ieri in assemblea, ha approvato all'unanimità un documento che denuncia la situazione di crisi in cui versa la cultura cittadina, chiedendo interventi urgenti.
Una crisi che non riguarda solo l'Arci - che a Torino negli ultimi due anni ha visto crescere del 35 per cento il numero dei circoli affiliati, radicati in tutte le 8 circoscrizioni, e che ogni anno propone quasi 4 mila attività culturali ai suoi 61 mila soci - ma tutto il tessuto cittadino di spazi associativi e indipendenti che propongono un'offerta artistica e culturale varia e popolare. Realtà che colmano le lacune della proposta culturale "istituzionale", svolgendo il ruolo di antenne di rigenerazione urbana e strumenti di coesione sociale.
«Se Torino negli ultimi vent'anni è stata una delle città italiane in cui la produzione culturale indipendente ha avuto un ruolo significativo di rinnovamento urbano e innovazione artistica - denuncia l'associazione di promozione sociale - attualmente le cronache giornalistiche, oltre che la nostra esperienza quotidiana, ci parlano di tanti problemi che stanno minacciando le attività di molti spazi associativi indipendenti». Alcuni hanno chiuso, come il Samo, il Cap10100, la Vetreria e le Officine Corsare. Altri rischiano di farlo, avverte l'Arci, nel silenzio delle istituzioni e del dibattito pubblico che in questi mesi si è limitato ad affrontare il tema della socialità solo attraverso le lenti dell'ordine pubblico e della querelle movida sì - movida no. Insomma, «se la politica non interviene - dichiara Polacchi - la cultura torinese è destinata a spegnersi».
Tra gli interventi proposti per invertire la rotta, un tavolo per affrontare le problematiche più urgenti e co-progettare le nuove politiche culturali cittadine; la rimozione degli ostacoli burocratici e fiscali che sempre più spesso mettono in difficolta gli spazi sociali no profit; l'istituzione di un fondo, magari in collaborazione con la Regione, destinato alla creazione di nuovi spazi di socialità indipendenti e al sostegno di quelli esistenti.
Andrea Lavalle

(la Repubblica 16 aprile)