sabato 26 maggio 2018

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA DI DOMENICA 27 MAGGIO

NESSUN TRITEISMO, MA UNA SIMBOLOGIA FECONDA

Matteo 28,16-20
16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Origine del testo 

Questi cinque versetti che concludono il Vangelo di Matteo sembrano scolpiti sulla pietra. Essi, per la loro perentorietà e per la loro enfasi, spesso hanno prestato il fianco ad interpretazioni trionfalistiche. Questa pagina fu usata per legittimare la "missione" in tutto il mondo come progetto risalente a Gesù. Una lettura istituzionale ed arrogante ne fece quasi un manifesto per "la conversione del mondo".
Ma queste righe sono totalmente il prodotto della comunità e non furono mai pronunciate da Gesù, completamente estraneo ad una visione della "missione universale".
Quando dal piccolo gruppo dal quale proviene il Vangelo di Matteo si passò alla grande chiesa dei secoli successivi, questi versetti furono usati per autorizzare la conquista cristiana del mondo. Anzi, essi legittimarono la teoria della esclusione dalla salvezza di quanti non accogliessero la predicazione cristiana e soprattutto non si lasciassero inglobare nella istituzione ecclesiastica.
Un delirio mille miglia lontano dal pensiero del Maestro.

Il sogno di cristianizzare tutto il mondo costituì nei secoli la più seducente tentazione della grande chiesa. Si noti che tutto veniva messo sul conto di Gesù, facendo di lui il fondatore e il timoniere del transatlantico ecclesiastico.


Nessuna triade divina

Questi versetti non a caso sono riportati nella liturgia cattolica di oggi come prova biblica del dogma della Trinità che fu stabilito nel Concilio di Costantinopoli nel 381. Ovviamente, come molti esegeti e teologi hanno ampiamente dimostrato, nella Bibbia non c'è traccia alcuna di una dottrina trinitaria. 
I testi che vengono citati a riprova sono letti in chiave
 dogmatica. 
Il tema trinitario è stato al centro di parecchi scritti della mia giovinezza (" Il vento di Dio", "L'ultima ruota del carro"…..) in cui ho fornito una dettagliata bibliografia di oltre 300 studi, facendo riferimento alle ricerche di Schillebeekx, Kung, Vigil, Johnson…. 
Non si tratta di testi che definiscono Dio, ma di un linguaggio simbolico che si prefigge di illustrare l'azione con cui Dio si rende presente alle Sue creature.
 
Il catechismo cattolico ufficiale, dal paragrafo 232, parla dell'essere trinitario di Dio come se disponesse di una fotografia e descrive minuziosamente le relazioni intime che intercorrono tra le tre persone divine. 
Oggi il biblista documentato e lo studioso della storia dei dogmi sanno che si tratta di umorismo catechistico, di arroganza dogmatica e di stravolgimento esegetico ed ermeneutico, ma la predicazione continua a ripetere queste formulazioni prive di ogni fondamento e di senso. 
Così si pensa di giustificare questa reliquia del passato dicendo nella predicazione e nella catechesi che questo è un "mistero". Quando le contano più grosse si rifugiano dentro alla categoria del mistero.

La simbolica trinitaria

Se si esce da una lettura dogmatica e fondamentalista che fa di Dio tre persone uguali e distinte, è possibile valorizzare il simbolo trinitario. Il Dio biblico non è solipsista, chiuso nella sua torre d'avorio. E' un Dio che suscita amore e scatena la vita. Questo è, nel linguaggio del tempo, il significato dell'immagine del Padre. Anche la metafora del "figlio di Dio" è estremamente significativa. Questo Gesù, chiamato figlio di Dio, porta un titolo che indica la sua funzione di profeta e testimone di Dio. Tale titolo non allude mai nei due Testamenti biblici ad una natura divina (sul piano ontologico).
Non meno efficace è la metafora del "vento-spirito" per dirci che Dio non è lontano, ma è presenza e forza che ci spinge verso il bene.

Letto in chiave simbolica, il linguaggio trinitario non compromette la fede in un solo Dio, ma ce lo fa conoscere nel Suo amoroso agire verso le creature. L'unico Dio, quello che Gesù adorava e pregava, viene presentato a noi come un Dio vivo che accompagna i nostri passi. Egli in Gesù ci indica il sentiero e nello "Spirito Santo" ci garantisce il Suo soffio, la Sua vicinanza che ci sospinge a percorrere il cammino della fede.

Un ottica diversa

Non si tratta allora di una "fotografia di Dio", di una matematica teologica. Si tratta invece di una formulazione antica della fede che, letta in chiave simbolica, può ancora parlare ai nostri cuori. Anche noi, come il gruppo di Matteo, abbiamo bisogno di ripeterci ogni giorno che Dio è amore (=Padre), che non ci lascia brancolare nel buio( ecco Gesù come via, come direzione di marcia) e ancora ci spinge perché riusciamo a camminare secondo il Vangelo assecondando il Suo soffio vitale ( ecco la metafora dello Spirito santo).
Ma è ovvio che ogni cristiano è tenuto a credere a Dio e al Suo amore, ma le formule teologiche possono cambiare con il tempo e non sono vincolanti. Posso benissimo credere in Dio ed essere un discepolo/a di Gesù anche senza sentirmi vincolato alla dottrina trinitaria. Le dottrine teologiche non sono la fede, ma dei modi provvisori per esprimerla. Farne degli idoli dogmatici è una deviazione pericolosa.

SONO CON VOI TUTTI I GIORNI....

Il punto più alto e più significativo di questo brano biblico sta nell'ultimo versetto. Il Vangelo ci annuncia che non siamo soli, sperduti nella storia, abbandonati ai vari venti, esposti allo sconforto e al disfattismo, dediti al lamento e rassegnati all'ingiustizia... Dio ci assicura che il messaggio e la presenza di Gesù continueranno attraverso il tempo, attraverso i tanti tempi della vita e della storia. La comunità di Matteo mise sulla bocca di Gesù come promessa quella fiducia che stava maturando nel suo cammino: Dio avrebbe mantenuta viva la ,memoria di Gesù anche nel futuro.
Si tratta di accogliere i tempi nuovi e di discernere in essi i segni del regno di Dio. Mi sembra incredibile il fatto che la nostra chiesa istituzionale sia spesso diventata "atemporale", cioè sorda all'evolversi dei tempi fino al punto di scambiare la sua sordità con la fedeltà al Vangelo.
Il tempo non è un ingrediente secondario: se la comunità cristiana non scopre la fecondità del Vangelo nella evoluzione del tempo e nel variare dei tempi, che senso ha la meravigliosa promessa che il Vangelo mette sulla bocca di Gesù?
Se il messaggio e la presenza di Gesù non si incarnano nel tempo, la nostra fede diventa una costruzione di dottrine e di devozioni. Vale più che mai oggi il richiamo evangelico: "...E come mai non sapete discernere questo tempo?" ( Luca 12, 56).