giovedì 24 maggio 2018

La battaglia delle bandiere a casa Sandino

Il viso coperto da magliette e passamontagna, duecento studenti si stringono dietro le barricate e attendono l'arrivo delle squadre dei giovani sandinisti e della polizia antisommossa. Niquinohomo, piccolo centro a 38 chilometri da Managua. Da tre giorni è diventato il simbolo della battaglia contro il governo di Daniel Ortega. Perché non è un luogo qualsiasi. È la culla di Augusto César Sandino, l'uomo che ha guidato la battaglia contro la presenza militare yankee tra il 1927 e il 1933, il paladino della libertà a cui si sono ispirati i guerriglieri del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN).
Quelli che hanno combattuto e poi sconfitto il dittatore Anastasio Somoza. Niquinohomo diventa così l'emblema di una rivolta che l'ex leader della guerriglia e per la terza volta consecutiva presidente del Nicaragua non è disposto a tollerare. A sostegno degli studenti arrivano altre duecento persone. Uomini e donne. Anche loro si piazzano dietro le barricate e resistono alle prime incursioni. La battaglia è campale. Ci sono molti feriti.
Alcuni gravi. La piazza è conquistata e di nuovo persa.
Dietro la coltre dei lacrimogeni si staglia la statua di Sandino.
L'opposizione lo ha avvolto con panno bianco e azzurro, i colori nazionali. I sandinisti lo considerano un grave torto.
Perché per anni la figura del generale vestiva di rosso e nero: gli stessi colori del Fronte di Liberazione Nazionale. L'eroe di bronzo cambia fazzoletto che diventa la bandiera da far garrire a seconda dell'esito dello scontro. Gli studenti chiedono aiuto.
Qualcuno pensa a padre Edwin Román Calderón. È il nipote di Sandino e per questa sua discendenza materna gode di grande prestigio. Il sacerdote arriva nella piazza. Calma gli animi. Si propone come mediatore. Ha parole dure nei confronti del governo, del presidente Ortega, della sindaca sandinista Martha Pérez, della polizia nazionale. Li invita ad ascoltare e a capire i motivi di una protesta che nasce da lontano.
Non c'è solo la contestata legge che tagliava le pensioni e aumentava i contributi per gli imprenditori. C'è il grande rogo d'inizio aprile che ha distrutto 5 mila ettari della riserva biologica Indio Maíz. Un disastro ambientale che si poteva evitare se Ortega avesse accettato l'aiuto offerto dai paesi vicini.
L'intervento del sacerdote placa gli animi. Cessano le incursioni e gli scontri. Sulla statua di Sandino resta la bandiera nazionale, quella bianco-azzurra. Cade anche Niquinohomo, una città che ha un peso enorme nell'immaginario nicaraguense.
Qui si sono decise le sorti nella guerra contro Somoza. «Questi sono i nostri colori», gridavano felici della nuova vittoria gli oppositori. «Non vogliamo niente che ricordi il sangue, il lutto, la morte. Il rosso e il nero non ci rappresenta».
Daniele Mastrogiacomo

(la Repubblica 10 maggio)