lunedì 30 luglio 2018

Le parole per dirlo
"Gli attivi rotolano come rotola la pietra, con meccanica stupidità" (F. Nietzsche)


Oggi fa molto caldo. Mentre torno a casa mi fermo a comprare un gelato. Mi siedo su una panchina vicina al bar, all'ombra, per gustarmelo. Passa un signore, mi riconosce e si siede accanto a me. Sta tornando dall'ufficio. È stanco, soprattutto è arrabbiato. Con se stesso. Mi parla del suo lavoro e dello stress che vive ogni giorno. In genere fa orari assurdi, dal mattino fino a sera tardi. Con ritmi frenetici. Chiude la giornata con la testa piena, pesante, che non riesce a svuotare. La sera non riesce a staccare dal lavoro neppure mentre mangia. Oggi ha deciso di uscire prima dall'ufficio. Sono appena   le 17. Ha deciso di fare due passi. Mi dice: «Mi sento una trottola, non ho più una vita mia». Mi resta impressa questa frase. Me la porto a casa. Ci rifletto. Ecco uno dei pericoli che spesso corriamo tutti: non abbiamo più una vita nostra. Funzioniamo bene, funzioniamo molto. Ma ci svuotiamo a poco a poco. Mi viene in mente la frase che dice: «Gli attivi rotolano come rotola la pietra, con meccanica stupidità». In montagna capita dl vedere una pietra cadere dalla parete: corre, rimbalza, aumenta la velocità, diventa un proiettile. Ma non cambia in sé, resta soltanto una pietra. Al massimo, alla fine, si spacca. Bellissimo! A volte siamo simili a quella pietra, corriamo con la stessa meccanica stupidità. Corriamo senza imparare, senza gustare, senza incontrare, senza rimotivarci. Rimanendo uguali, anzi un po' più vuoti. Subiamo le cose, diventiamo ingranaggi, stritolati dalle urgenze. Macchine. A poco a poco senza benzina. E non capita solo ai manager in carriera. Capita anche a tante mamme che lavorano e poi hanno i figli, la casa, la spesa, il nonno malato. Capita ai nonni che, arrivati alla pensione, si curano dei nipoti, aiutano i figli, fanno volontariato. Capita ai giovani. Il grande filosofo ateo ci suggerisce una cura sorprendente: «Per mancanza di quiete la nostra civiltà sfocia in una nuova barbarie. In nessun tempo gli attivi, vale a dire gli irrequieti hanno avuto maggiore importanza. Per cui una delle necessarie correzioni che si devono apportare al carattere dell'umanità è' quella dl rafforzare in larga misura l'elemento contemplativo». Ci dice: dobbiamo migliorare il nostro lato contemplativo. Detto da un vero ateo è davvero interessante! Ci aiuta a capire che la contemplazione non è una "stranezza" dei religiosi, ma un'esigenza degli umani. Abbiamo bisogno non solo di fare, ma di capire, di ascoltare, di imparare, di ricevere forza, di trovare un senso, di incontrare, di lasciarci incontrare. Il tempo estivo magari ci regalerà un po' di vacanza. Approfittiamone per imparare a contemplare la vita e non solo a divorarla. Guardiamo con calma, con attenzione, con passione: i fiori, il sole che sorge, i volti della gente, il ruscello che scorre. Guardiamo con calma noi stessi e le nostre domande profonde. Stiamo ad ascoltare. Magari proviamo anche a pregare, a leggere un brano di Vangelo. Un Dio ci parlerà!
Derio Olivero, vescovo

(L'Eco del Chisone, 11 luglio)