venerdì 3 agosto 2018

COMMENTO AL VANGELO DI GIOVANNI 6,24-35. DOMENICA 5 AGOSTO

GESU', IL PANE CHE NUTRE IL NOSTRO CAMMINO DI FEDE

(Giovanni 6, 24-35)
24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: 
voi mi cercate non perché avete visto dei segni, 
ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 
27Datevi da fare non per il cibo che non dura, 
ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, 
ha messo il suo sigillo». 
28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!
La liturgia  di oggi ci offre alla meditazione un'altra sezione
  
del capitolo sesto del Vangelo di Giovanni.

Già il dividere in cinque puntate domenicali  un "unico discorso"è un'operazione che rende difficile coglierne il senso e non facilità la stessa lettura del testo.

Si tratta, dicevo, di uno dei lunghi discorsi che l'ultimo redattore(anni 95-110 d.C.) mette sulla bocca di Gesù. Ma il solo pensare

che queste parole provengano dall'insegnamento del nazareno sarebbe ingenuo. 
Gli studi storici ed esegetici al riguardo

(anche solo i 32 commentari che ho qui in biblioteca) 
se ne guardano bene.

Si tratta di espressioni totalmente costruite all'interno di 

una comunità profondamente divisa, con uno scontro durissimo

in atto tra due posizioni diverse: "Nel comune riferimento 

all'unico Dio, al Dio d'Israele, il Vangelo di Giovanni è pur sempre 

la testimonianza di un dialogo fallito. Tale vangelo presenta dei dialoghi, che in realtà non sono tali e che, ad una più

attenta considerazione, risultano essere  delle proclamazioni della propria posizione, a cui anche la controparte deve 

in fondo servire" (Klaus Vengst, Il Vangelo di Giovanni,

 Queriniana).

Siccome, per motivi di esclusione sociale, di convinzioni 

culturali profonde, una maggioranza della comunità si legò

alla guida rabbinica, la minoranza che faceva  esclusivo ri

ferimento a Gesù, tramite Giovanni (o chi per lui) vuole 

indurre a rimanere  dentro la loro corrente Gesuana e con-

vincere i rimasti che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio (20,31).

Era la premessa di una separazione. Non si tratta ancora

della divinizzazione di Gesù (fraintendimento cristiano che

Giovanni non esprime mai). Di qui il passo è breve: 

Mosè era preparatorio; ora c'è Gesù, basta Gesù.

In questi momenti di rottura, il redattore ultimo fa un'operazione : mette sulla bocca di Gesù

le sue opinioni partigiane, precedendo di secoli ciò che la

gerarchia cattolica ha sempre fatto.

Ho dedicato molto spazio a questa vicenda storica nella 

sua ricostruzione, oggi molto acquisita, anche per offrire 

strumenti che aiutino ad una lettura consapevole.

Oltre la polemica

Superato lo scoglio di questo linguaggio 

autoreferenziale di Gesù, totalmente inventato dal

 redattore finale del Vangelo di Giovanni e senza leggervi alcun 

disprezzo per i "problemi del pane materiali"  rispetto a 

quello spirituale, emerge un messaggio limpido.

I profeti ,come Mosè e Gesù, non separano mai il pane 

del corpo da quello che nutre la fede.

Dio ci vuole persone felici, dove tutti le dimensioni  

dell'esistenza  abbiano senso e dignità.

"l'opera di Dio"