sabato 11 agosto 2018

Michela Murgia
"Noi ci battiamo, ma la politica tace"


«Davanti a quello che accade oggi, alle parole xenofobe e razziste di Salvini sui migranti, per me che sono militante è naturale schierarmi, espormi, pubblicamente come invita a fare Saviano nel suo appello, ma non è l'unica via», dice Michela Murgia, scrittrice, che travolge con la sua passione civile e politica.
Meglio denunciare o agire?
«Ognuno trova la sua risposta, la sua strada per opporsi. Non c'è una via più giusta dell'altra, la battaglia va fatta in mille modi diversi. I gesti eclatanti servono come esempio a chi cerca fiducia e indicazioni, ma è nelle piccole cose quotidiane che cresce la resistenza».
È stata attaccata per questo?
«Non è mai stato così difficile parlare, scrivere. Ti arriva una quantità di reazioni negative difficili da maneggiare e non solo dalla rete. Una cosa è certa: qualcosa è stato profondamente sottovalutato in questi anni, in cui la sinistra ha dimenticato gli svantaggiati».
Intellettuali latitanti?
«Assolutamente no, ognuno si organizza: chi fa volontariato, chi viene alle presentazioni per discutere, chi organizza scuole d'italiano per stranieri, chi va in carcere. Tanti scrittori sono tornati a scrivere di politica. Gli intellettuali si cercano tra loro come non accadeva da quando Berlusconi tentò di far passare la legge bavaglio. Ecco, chi è veramente assente è la politica».
Partiti silenti?
«Il Pd è troppo occupato a dare la colpa ai cattivi elettori che non hanno votato Pd per fare autocritica. La politica ora sembra occuparsi di se stessa invece che dei problemi del Paese».
Lei ha detto: bisogna tracciare un confine tra uomini e no...
«La mia idea è che siamo esseri umani empatici che hanno superato la legge della giungla, migliori dei nostri istinti. E poi c'è una parte del paese che ha vinto, anche se ricordiamo che Salvini ha avuto il 17 %, e che pensa all'essere umano come a un predatore dominante».
Qual è la differenza?
«La Lega soffia sulle paure che ci uniscono, come perdere il lavoro, non sulle idee che ci dividono. E le idee diverse fanno bene alla democrazia. Solo che la sinistra dovrebbe ripensare seriamente cosa significa essere di sinistra ».
Caterina Pasolini

(la Repubblica 25 luglio)