giovedì 15 novembre 2018

Dal tacere al silenzio

Tacere, in questo tempo di scempio di parole, spesso è già una virtù a caro prezzo.
Il chiacchierare di tutto e di niente è una tentazione quotidiana. Lo sproloquio televisivo, sloganistico e propagandistico presto o tardi conducono alla violenza verbale.
Eppure la parola è una "facoltà" meravigliosa, un dono straordinario per dire l'amore, confidare le pene, condividere le gioie. Quanta felicità, quanto benessere e quanta luce abbiamo ricevuto dalla bocca e dal cuore di familiari, amici, fratelli e sorelle. A volte nelle parole più quotidiane abbiamo avvertito che Dio stava parlando.
I latini usavano un verbo molto eloquente: "cumversari", cioè fermarsi a parlare di argomenti vari, per tessere l'elogio della "parola di prossimità", di quella parola con cui scambiamo qualcosa delle nostre vite. Non sempre siamo chiamati a parlare dei "massimi sistemi" per nostra fortuna.

Esiste anche, talvolta, il rovescio della medaglia nel nostro quotidiano: le parole taglienti del giudizio impietoso…

Ma mi preme, con queste righe, sottolineare che esiste anche in questo tempo un sentiero, impervio ma affidabile, che conduce alla riscoperta della parola sobria, verace, liberatrice.

Se vogliamo imparare non a tacere per comodo, praticando i silenzi della vergogna e del disimpegno, ma a soppesare le parole, la strada maestra forse è la riscoperta e la realizzazione di uno spazio di silenzio dentro il nostro quotidiano.

Il silenzio non ci indirizza alla fuga dalle contraddizioni ma ci offre uno sguardo nuovo, un'apertura all'alterità, all'Altro, uno spazio per fargli posto e dargli tempo.

Parafrasando Marguerat, potrei dire che il silenzio ci salverà.

Franco Barbero