giovedì 13 dicembre 2018

COMMENTO AL TESTO BIBLICOI DI DOMENICA16 DICEMBRE

ASCOLTARE LE DOMANDE PER CERCARE LE RISPOSTE
Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?».
Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?».
Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella. (Luca 3, 10-18)


Il maestro di Gesù
L'immagine del Battista che il Vangelo di Luca ci presenta anche in questi versetti ci fornisce il ritratto del profeta che chiama a gran voce il suo popolo al ravvedimento. Il versetto 18 dice testualmente che "annunciava al popolo la buona novella".
Gli studiosi hanno analizzato questa pagina vedendo in questi versetti sia l'elogio del Battista sia la sua subordinazione, la sua funzione di "precursore" di Gesù.
Il realtà il Battista fu il maestro di Gesù e il suo "movimento" continuò in modo autonomo dal gruppo dei discepoli e delle discepole del nazareno, per lungo tempo.
Il Battista non fu per nulla subordinato a Gesù. Ma Luca, con questo artificio teologico vuole evidenziare quanto la predicazione del Battista sia efficace e la colloca come poreparazione alla predicazione di Gesù.
Le folle vengono a lui e pongono la domanda decisiva: "Dunque... che cosa dobbiamo fare?". La testimonianza e la predicazione del Battista toccano i cuori e pongono agli interlocutori l'esigenza di cambiare atteggiamenti e comportamenti.
Guardando attentamente il testo originale greco, si notano due particolari. La domanda sul "che fare" è ripetuta tre volte e il verbo è sempre al futuro: "Noi che cosa faremo?".
Quando la predicazione della "buona novella" è fedele, non si riduce all'enunciazione del vocabolario religioso ed ecclesiastico, ma "ferisce", punge i cuori e sollecita alla revisione di vita, spinge al cambiamento.
Purtroppo ci tocca constatare molto spesso che la predicazione delle nostre chiese è qualcosa di totalmente scontato e soporifero che entra da un orecchio e esce dall'altro senza interpellare la nostra vita in profondità. Il periodo che va dal Natale alla Epifania ha il primato della retorica religiosa priva di interiorità. Resta vero anche l'altro pilastro del ponte: se non apro io il mio cuore, anche la predicazione più stimolante può passare come acqua sulla roccia.


CHE FARE?
Tornando alla domanda sul "che faremo?", mi piace sottolineare che questo è l'interrogativo che ha accompagnato ed attraversato in profondità tutta la mia vita.
Si tratta di una domanda inevitabile, frequente, aperta a tanti dubbi. A volte ci piacerebbe avere a disposizione, vicino a noi, un novello Giovanni Battista, che, come nei versetti citati, ci fornisse l'indicazione precisa. Invece tocca a ciascuno di noi, sia pure nel confronto, nella preghiera e nel percorso sapienziale della propria esistenza, cercare la risposta e le risposte. Si tratta di una indubbia fatica, ma è proprio dentro l'esercizio di questa responsabilità, che diventiamo persone adulte e concrete. Persone adulte che sanno assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, che imparano a costruire un progetto di vita, a perseguirlo, ad approfondirlo, e rimetterlo in discussione, a confrontarlo con il Vangelo di Gesù.
Uno dei guai che ha più inciso negativamente sul nostro modo di vivere la fede è il viziaccio di presumere di avere le risposte esatte per ogni evenienza.
Il catechismo fin dalla nostra infanzia ci ha riempiti di risposte. Non avevi il tempo di ascoltare la domanda  che già dovevi subirti una risposta. Nella chiesa c'era come una bocca della verità che distribuiva risposte e ricette infallibili su ogni questione. Chi ti insegnava ad ascoltare le domande?
Diventato prete, mi accorsi che il prontuario delle risposte era prefabbricato e artificiale, confezionato da una casta clericale piuttosto contaminata dal potere  ed estranea alla vita della "gente comune".
Fu il contatto vivo della strada, della gente in carne ed ossa, lo spazio in cui cercai di imparare ad ascoltare le domande che emergevano dentro e fuori di me. Da allora esperimento ogni giorno la dimensione inquietante della fede, il senso di provvisorietà e di parzialità del mio sapere e del mio agire.
Deposti i paludamenti dottrinali, ho sentito rifiorire gioiosamente la fede come appello, pungolo, invito a convertirmi continuamente all'amore e alla condivisione. Questo è il Dio che ci interpella e accompagna le nostre timide risposte dal di dentro della vita. Sempre presente,  ma anche irriducibile a ciò che pensiamo e facciamo, Dio diventa insieme il compagno di viaggio e il mistero amoroso che ci affascina e ci innamora.


NEL QUOTIDIANO

Ho detto anche "persone concrete" sul terreno della vita quotidiana. Il Battista invita le persone a "fare". Oggi nella società e nella chiesa c'è un immenso bisogno di persone adulte e concrete che sappiano pensare con la propria testa e prendere posizione, agire, esporsi, dichiararsi uscendo dalla "massa". Esiste una possibilità piccola, reale e personale di essere cittadini e cristiani adulti e concreti nella vita quotidiana quando a parole o nei fatti ci opponiamo al razzismo contro i rom e gli stranieri, quando ci opponiamo con chiarezza e semplicità al dileggio e al linciaggio verbale o fisico contro gay, lesbiche, transessuali e barboni, oppure quando non stiamo in silenzio davanti a tanti piccoli soprusi compiuti ai danni dei più deboli o dei meno garantiti/e.
Questo richiamo al nostro comportamento quotidiano vissuto nella ricerca umile di una vera coerenza è il centro della testimonianza che ci ha lasciato Gesù di Nazareth: "Non chi dice... Signore, Signore... ma chi fa la volontà del Padre mio...". Senza questa attenzione all'agire quotidiano la fede si riduce ad una catena di ritualità evasive. Si tratta di un agire che non è attivismo, agitazione del superattivo. Non ha l'arroganza di chi si illude che il proprio comportamento possa "cambiare la situazione". E' la semplice consapevolezza che non sono nato per caso, che posso rendere vera la "buona novella" del regno di Dio a partire dalla mia personale conversione, che ogni giorno posso ritentare quei cambiamenti che non sono ancora riuscito ad operare nella mia vita e nelle mie relazioni.
E' il segno che sono una donna, un uomo che avverte la presenza amica di Dio nella propria vita come dolce e forte invito a valorizzare i giorni che mi sono dati per vivere, amare e seminare giustizia.


Intanto...non tornare indietro
In questa stagione storica  così complessa siamo tentati di credere che tutto sommato, non possiamo fare nulla oppure che sia meglio ritornare e rifugiarsi nel nostro passato pieno di "religiosità".
Non è un caso che ci tocchi constatare una vera e propria inflazione di diavoli, di madonne e di cappelle devozionali.  Non c'è settimana che non si senta, dal papa al parroco vicino, parlare di satana che fa scorribande per il mondo….con tanto di appello alla madonna che ci difenda dalle incursioni diaboliche.
Il che cosa fare per un cristiano adulto sta nel mettere i piedi per terra e cercare di vivere contro corrente la prassi solidali di Gesù.