Sapevamo
che sarebbe stato molto difficile che le regole di voto cambiassero in
corso, ma avevamo speranza che un segnale sarebbe stato dato, anche
perché numerose voci interne al Sinodo hanno iniziato a levarsi e non
solo da parte di suore, ma anche di superiori di ordini maschili come
gesuiti e domenica anni. Le parole del cardinale Marx, poi, ci avevano
davvero fatto sperare: "la Chiesa sarebbe sciocca, pazza, se
rinunciasse alla partecipazione delle donne alle sue decisioni, vanno
coinvolte altrimenti in tante se ne andranno e avranno ragione a farlo"
ha dichiarato il 24 ottobre. Eppure il Sinodo è finito e questo segno
non c'è stato.
Inutile nascondere il
disappunto: il voto di una o due donne non avrebbe modificato molto, ma
sarebbe stato un segnale di ascolto e valorizzazione del legittimo
desiderio delle donne di partecipare, inoltre avrebbe costituito un
precedente a partire dal quale lavorare per costruire nuove forme,
davvero sinodali, di decisioni making ecclesiali.
Senza
scoraggiarci abbiamo poi ricevuto e letto con grande attenzione il
documento finale, fiduciose di trovare lì, se non una risposta, almeno
una concreta direzione per il futuro. I paragrafi che si occupano
direttamente delle donne sono due: il 55 e il 148. Il paragrafo 55 dice
una cosa significativa, cioè che "emerge tra i giovani la richiesta che
vi sia un maggiore riconoscimento e valorizzazione delle donne nella
società e della Chiesa" insomma qui la Chiesa ha ammesso di ricevere dai
giovani un insegnamento al quale non era stata in grado di giungere da
sola: il valore dell'uguaglianza!
Al
punto 148 si parla esplicitamente della necessità evangelica prima di
tutto, di coinvolgere le donne nei processi decisionali, ma nessuna
azione concreta viene proposta e neppure adombrata. Tutto rimane
nell'ambito dell'auspicio… Un auspicio che però ha dei limiti (questo
sì) netti e concreti: gli ipotetici futuri ruoli decisionali non devono
richiedere "specifiche responsabilità ministeriali". Insomma le donne
vanno coinvolte, prima o poi e in qualche modo purché non chiedano
riconoscimenti ufficiali e soprattutto l'ordinazione ministeriale. Per
quanto riguarda il voto alle donne nei sinodi futuri non ci sono
aperture reali, nella versione ufficiosa del documento finale uscita nei
giorni precedenti alla chiusura del sinodo si diceva che "è stata
sollevata anche la questione della presenza femminile alle assemblee
sinodali, evitando la disparità tra la rappresentanza della vita
religiosa maschile e femminile" ma la frase è sparita dalla versione
ufficiale. Al termine di questo percorso, a tratti entusiasmante e a
tratti deludente, abbiamo scelto di prendere comunque questo documento e
di farne oggetto di riflessione, anche critica, e approfondimento-come
il Papa ha chiesto-e invitiamo tutte le donne a farlo perché il processo
sinodale non finisce mai e dobbiamo viverlo da protagoniste.
L'appropriazione di una parola autorevole, da parte delle donne
credenti, non è semplice e va costruita con pazienza a partire da una
personale conversione che implica il riconoscimento della "matrice"
nella quale siamo inserite e che per tanti anni abbiamo data per
scontata: questa chiesa clericale e maschilista non è l'unica possibile!
E anche se siamo convinte che lo Spirito Santo abbia condotto la storia
della Chiesa attraverso i secoli, lo siamo altrettanto del bisogno
costante di conversione al Vangelo di Gesù Cristo. Per questo possiamo
dire che, nel nostro lavorare per un cambiamento della condizione delle
donne, c'è un infinito amore, un amore dolente, verso questa Chiesa che
non vogliamo lasciare, ma che vogliamo servire nella parità.
Paola Lazzarini
Adista 1 dicembre 2018