giovedì 3 gennaio 2019

SINODO DEI VESCOVI

I giovani, oggetto e non soggetto
Josè Arregi

Si intitolava "sinodo sui giovani" e non "sinodo dei giovani" cosa molto diversa. 
E così è stato, in realtà: i giovani non sono mai stati soggetto ma piuttosto oggetto. Perché allora un sinodo? Il termine deriva dal greco syn (con) e hodos (strada o viaggio), quindi significa "strada o viaggio comune". 
Ma il diritto canonico lo definisce "un'assemblea di vescovi selezionati… che si incontrano… Per favorire una stretta unione tra il romano pontefice e i vescovi". Non è un viaggio, ma un incontro.
 E il soggetto sono i vescovi, con il Papa in prima fila. Ne è valsa la pena? Sono venuti a Roma e vi sono rimasti dal 3 al 28 ottobre (25 giorni con tutte le spese pagate) 267 vescovi, più venti sacerdoti e religiosi e 23 esperti; e poi il resto: 49 uditori tra cui 34 giovani (ben scelti tra i più affini e sottomessi, lontani dal profilo medio della gioventù attuale) tutti con voce limitata e senza diritto di voto. 
Una foto dice tutto: nella tribuna presidenziale Papa Francesco e il grande  emiciclo ricoperto di tonache nere, vescovi con fusciacche e copricapo  fucsia e cardinali con fusciacche e copricapi rossi nelle prime file del centro. Maestoso. 
Lì sullo sfondo, dove i miei occhi non distinguono più, dovevano esserci gli uditori senza diritto di voto, tra loro alcuni giovani. 
Sicuramente stavano lì anche i colori del mondo di oggi e le beatitudini di Gesù, ma nella foto non riesco a vederli. E l'immagine reale della Chiesa istituzionale: maschile, celibe, clericale e gerarchica. Una Chiesa che Gesù non è mai immaginato; né ha scelto i 12 apostoli come leader del suo gruppo di seguaci con Pietro in testa, né gli è passato per la testa che avrebbero avuto successori in una chiesa futura a cui non pensava nemmeno. 
E anche se l'avessi organizzata e progettata esattamente così 2000 anni fa, anche in questo caso il reale la Chiesa non potrebbe continuare a mantenere questo modello. Sarebbe anacronistico come se dovessimo continuare a parlare in aramaico come Gesù o indossare come lui  tunica e sandali. 
Gesù era un profeta riformatore che disse: "lo spirito soffia dove vuole,… E' scritto ma io ti dico… Vino nuovo, nuovi otri quasi". L'istituzione ecclesiastica l'ha dimenticato molto presto e continua a ripetere lingue, dogmi e forme del passato. Non è quindi strano che nulla di nuovo sia contenuto nel documento finale del sinodo episcopale sui giovani, un testo lungo, freddo e piatto. 
Parla di "viaggio" in continuazione, ma non avanza nulla. Afferma che i giovani sono un "luogo teologico" (n. 64) ma ignora la voce e il voto della stragrande maggioranza di essi, ai quali viene ricordato che devono "riconoscere il ruolo dei pastori e non avanzare da soli" (n. 66). Nulla di nuovo in materia di sessualità, orientamento sessuale e di genere. Invita i giovani a riscoprire la castità. E menziona gli omosessuali esclusivamente per affermare che devono essere "accompagnati" (950) come persone che hanno un problema.
 I transessuali, bisessuali o intersessuali neanche li nomina. Non esistono. "Uomo e donna li creò" punto. E a proposito della donna? Sostiene sì la sua presenza "negli organismi ecclesiali a tutti livelli" ma "nel rispetto del ruolo del ministero ordinato" (n. 148) cioè senza toccare la supremazia maschile clericale. Tutto rimane com'era: dov'è il "viaggio"? O perché tanto viaggio? 
Il punto più audace è sicuramente  quello che riguarda la formazione dei seminaristi, dove si dice: "tanti giovani che si presentano nei seminari o case di formazione sono accolti senza un'adeguata conoscenza della loro storia" (n. 163).
Questioni cruciale. Infatti, i seminari si nutrono in generale dei giovani che bramano di indossare collarino e talare e aspirare alla mitra e al pastorale. E poiché i seminaristi di oggi saranno i sacerdoti, vescovi e cardinali di domani, come possiamo aspettarci da essi la fine del clericalismo (Sinodo, episcopato e papato inclusi)? Tutto indica che il vecchio apparato della Chiesa cattolica dovrà crollare completamente perché qualcosa di nuovo sorga al suo posto. E questo non è pessimismo, ma speranza nel movimento che Gesù l'itinerante ha inaugurato. Lo spirito è giovane e vibra nei cuori di tutti gli esseri trasformando la vita e le sue forme.

Adista 1/12/2018