“Tel
Aviv ha un piano preciso, il silenzio del mondo lo legittima”
Si
guarda avanti, a ciò che significano le demolizioni a Sur Baher per
tutti i palestinesi che vivono a ridosso del Muro e per i sobborghi
della zona araba (Est) di Gerusalemme, in particolare di quelli tra
Gerusalemme e Betlemme. Ne abbiamo parlato con Younes Arar, attivista
impegnato in queste ore a Suyr Baher e uno dei responsabili di
Frontline Defenders, comitato per la difesa dalla colonizzazione e
dalla demolizione delle case.
Lei
parla di una Nakba palestinese a Gerusalemme.
Non
esagero. Le demolizioni da parte di Israele di abitazioni palestinesi
sono una costante a Gerusalemme Est. Quasi ogni giorno apprendiamo
che una famiglia palestinese è rimasta senza casa. I bulldozer
israeliani sono sempre in azione. Ma si tratta di demolizioni di una
o due case, goccia dopo goccia. Così massicce, ampie, non si erano
ancora viste a Gerusalemme, almeno negli ultimi decenni. La vastità
delle distruzioni, l’espulsione e il trasferimento in un solo colpo
di tanti civili mi porta a parlare di Nakba, di una nuova catastrofe.
E temo che avrà sviluppi ancora più gravi in futuro.
Quali
saranno questi sviluppi?
Le
demolizioni in atto intorno al Muro dell’apartheid non avvengono
solo sul versante di Gerusalemme sotto occupazione israeliana. Le
ruspe stanno operando anche sull’altro versante, in Area A della
Cisgiordania, che ricade sotto l’autorità dell’Anp (del
presidente Abu Mazen). Diversi degli appartamenti distrutti avevano
ricevuto permessi edilizi dall’Anp e questo è stato normale e
legale per anni. Ora quei permessi non valgono più, è tutto
illegale. E’ un attacco frontale agli Accordi di Oslo (tra Israele
e Olp, del 1993) che evidentemente il governo israeliano non ritiene
di dover rispettare. Più di tutto temo che, tenendo conto del
colpevole silenzio della comunità internazionale, Israele con il
pretesto della sicurezza e della protezione del suo Muro stia
cercando di legittimare un piano di demolizioni che riguarderà
centinaia di case palestinesi vicine al Muro, in particolare
nell’Area C della Cisgiordania che ricade sotto la sua autorità.
Gerusalemme Est sarà ulteriormente separata dal resto della
Cisgiordania, attraverso la costruzione di nuove colonie e la
creazione di un’ampia zona-cuscinetto sul versante cisgiordano del
Muro.
Lei
sottolinea il silenzio del resto del mondo.
Per
me è l’aspetto più inquietante di questa vicenda. Certo, l’Onu
ha preso posizione ma in generale le reazioni della comunità
internazionale sono state modeste. L’Unione europea non è andata
oltre la diffusione di un comunicato in cui critica le demolizioni a
Sur Baher. Ci vuole ben altro. Stiamo parlando di rispetto delle
leggi internazionali, di difesa di diritti politici e umani.
All’estero dovrebbero porsi questo interrogativo: perché il
diritto alla casa è tutelato in Israele mentre è incerto per i
palestinesi sotto occupazione militare? Non chiediamo più diritti
degli altri, vogliamo solo il rispetto dei nostri diritti. (m.gio)
Il
Manifesto 23/07