domenica 22 settembre 2019

BUONA LETTURA

Giuseppe Morotti, Per una nuova spiritualità, Ed. La Parola euro 16

"C'è una nuova sete di spiritualità in credenti e non credenti, una gran sete di spiritualità. Una sete  profonda di silenzio, di ascolto, di respiro contemplativo, di interiorità, di disarmare la nostra ragione, di dare ascolto ai nostri desideri profondi, di riannodare la relazione con noi stessi, con la creazione e con il mistero". Parte da questa constatazione un libro appena pubblicato da Giuseppe Morotti, il libro può essere richiesto ad Adista telefono 06 68 68 692, mail abbonamenti@adista.it o acquistato presso la nostra libreria online, www.adista.it.
L'autore ha una storia interessante, ricca di quel sincretismo che si ritrova nelle pagine del suo libro. Ordinato prete nel 1974 entra a far parte dei piccoli fratelli del Vangelo di Charles de Foucauld. È stato in Iran e ha vissuto per 10 anni con alcune comunità cristiane situate al confine del paese. Dopo altri 10 anni trascorsi nella Fraternità di accoglienza  di Spello e cinque anni come  priore nella Fraternità generale di Bruxelles ha deciso di abbandonare la vita religiosa per amore di una donna. Vive ora con la sua famiglia a Bolzano e si occupa di animare incontri di preghiera, meditazioni e ritiri in ambito ecclesiale e non solo. E talvolta scrive per Adista. 
Nel suo libro parla della necessità di ritrovare "una spiritualità intesa come la dimensione che ci costituisce nel più profondo, inducendoci a vivere relazioni vivificanti con noi stessi, con la creazione tutta e con Dio. I monasteri brulicano sempre di più ed in continuazione di singoli o e di gruppi in ricerca di quiete, di silenzio, di un "a tu per tu" con se stessi, con il creato e con Dio. Sempre più numerosi sono coloro che frequentano corsi di iniziazione alla meditazione profonda, allo yoga, che si prendono periodi sabbatici, che fanno deliberatamente la scelta di un lavoro a parte time, che progettano pellegrinaggi, che decidono di trascorrere le proprie vacanze in agriturismi che permettono un contatto più profondo ed armonico con se stessi, con la natura e con Dio". 
Pare quindi che al crescere del benessere economico e materiale, anche se non per tutti, non corrisponda una uguale crescita della gioia e della speranza che restano l'obiettivo è il fondo di questa ricerca di spiritualità. "Mentre nei decenni scorsi-scrive Morotti ci sentivamo animati e galvanizzati dai messianismi delle ideologie, del progresso e della scienza, ora ci ritroviamo ad essere sempre più vuoti ed insicuri, in crisi di prospettive, di senso, di ideali e di valori".
"Perfino all'interno delle nostre comunità cristiane, ci si preoccupa molto poco di coltivare la propria vita interiore, nonostante gli esempi luminosi di cui è stata ricca la nostra tradizione passata. Basti pensare ai padri ed alle madri del deserto, alle fiorenti fondazioni monastiche, ai nostri grandi mistici". Ecco, da queste premesse il testo di Morotti avvia alla definizione di una spiritualità comunionale, inter-religiosa e cosmica, che non serve a inventare o progettare ma solo riscoprire "Perché-sostiene l'autore-e già in scritta a chiare lettere nel patrimonio filosofico e spirituale di tutta l'umanità. Lo dimostrano opere come la Baghavaad Gita (Il Vangelo degli indù) che vede in ogni creatura "un'onda del medesimo oceano universale" o i bellissimi canti cosmologici delle tribù indiane del Nord America: oppure il dio dei mistici Sufi, concepito come assoluta plenitudine." Questa spiritualità inoltre, fa parte anche della nostra tradizione ebraico cristiana, come ci è stata testimoniata dai Salmi cosmologici, dal Vangelo comunionale di Giovanni, dai detti dei Padri e delle Madri del deserto, dalle straordinarie, anche per se per lungo tempo sconosciute mistiche Beghine, fino a giungere per fare solo alcuni esempi ad Ildegarda di Bingen, Teilhard de Chardin, Charles de Foucauld, Etty Hillesum, Raimon Panikkar.
Ecco allora un testo che si propone come una mistica profondamente vissuta anche da molti che, pur professandosi non credenti si ritrovano spesso in una situazione privilegiata per accogliere la brezza di quel Dio il cui Spirito "soffia dove vuole" ed entra dove trova un terreno sgombro ed accogliente. Un terreno libero in particolare da quelli incrostazioni rigide proprie di una religiosità abitudinaria, non di rado caratterizzata da pesanti sovrastrutture, dai dogmi, da una precettistica distante dalle urgenze della realtà contemporanea e dai cambiamenti rapidi introdotti dalla  modernità; ma, soprattutto, non più sufficientemente ravvivata da una fede viva. 

(Valerio Gigante)
Adista 6/7/19