Giuseppe Morotti, Per una nuova spiritualità, Ed. La Parola euro 16
"C'è
una nuova sete di spiritualità in credenti e non credenti, una gran
sete di spiritualità. Una sete profonda di silenzio, di ascolto, di
respiro contemplativo, di interiorità, di disarmare la nostra ragione,
di dare ascolto ai nostri desideri profondi, di riannodare la relazione
con noi stessi, con la creazione e con il mistero". Parte da questa
constatazione un libro appena pubblicato da Giuseppe Morotti, il libro
può essere richiesto ad Adista telefono 06 68 68 692, mail abbonamenti@adista.it o acquistato presso la nostra libreria online, www.adista.it.
L'autore
ha una storia interessante, ricca di quel sincretismo che si ritrova
nelle pagine del suo libro. Ordinato prete nel 1974 entra a far parte
dei piccoli fratelli del Vangelo di Charles de Foucauld. È stato in Iran
e ha vissuto per 10 anni con alcune comunità cristiane situate al
confine del paese. Dopo altri 10 anni trascorsi nella Fraternità di
accoglienza di Spello e cinque anni come priore nella Fraternità
generale di Bruxelles ha deciso di abbandonare la vita religiosa per
amore di una donna. Vive ora con la sua famiglia a Bolzano e si occupa
di animare incontri di preghiera, meditazioni e ritiri in ambito
ecclesiale e non solo. E talvolta scrive per Adista.
Nel
suo libro parla della necessità di ritrovare "una spiritualità intesa
come la dimensione che ci costituisce nel più profondo, inducendoci a
vivere relazioni vivificanti con noi stessi, con la creazione tutta e
con Dio. I monasteri brulicano sempre di più ed in continuazione di
singoli o e di gruppi in ricerca di quiete, di silenzio, di un "a tu per
tu" con se stessi, con il creato e con Dio. Sempre più numerosi sono
coloro che frequentano corsi di iniziazione alla meditazione profonda,
allo yoga, che si prendono periodi sabbatici, che fanno deliberatamente
la scelta di un lavoro a parte time, che progettano pellegrinaggi, che
decidono di trascorrere le proprie vacanze in agriturismi che permettono
un contatto più profondo ed armonico con se stessi, con la natura e con
Dio".
Pare
quindi che al crescere del benessere economico e materiale, anche se
non per tutti, non corrisponda una uguale crescita della gioia e della
speranza che restano l'obiettivo è il fondo di questa ricerca di
spiritualità. "Mentre nei decenni scorsi-scrive Morotti ci sentivamo
animati e galvanizzati dai messianismi delle ideologie, del progresso e
della scienza, ora ci ritroviamo ad essere sempre più vuoti ed insicuri,
in crisi di prospettive, di senso, di ideali e di valori".
"Perfino
all'interno delle nostre comunità cristiane, ci si preoccupa molto poco
di coltivare la propria vita interiore, nonostante gli esempi luminosi
di cui è stata ricca la nostra tradizione passata. Basti pensare ai
padri ed alle madri del deserto, alle fiorenti fondazioni monastiche, ai
nostri grandi mistici". Ecco, da queste premesse il testo di Morotti
avvia alla definizione di una spiritualità comunionale, inter-religiosa e
cosmica, che non serve a inventare o progettare ma solo riscoprire
"Perché-sostiene l'autore-e già in scritta a chiare lettere nel
patrimonio filosofico e spirituale di tutta l'umanità. Lo dimostrano
opere come la Baghavaad Gita (Il Vangelo degli indù) che vede in
ogni creatura "un'onda del medesimo oceano universale" o i bellissimi
canti cosmologici delle tribù indiane del Nord America: oppure il dio
dei mistici Sufi, concepito come assoluta plenitudine." Questa
spiritualità inoltre, fa parte anche della nostra tradizione ebraico
cristiana, come ci è stata testimoniata dai Salmi cosmologici, dal
Vangelo comunionale di Giovanni, dai detti dei Padri e delle Madri del
deserto, dalle straordinarie, anche per se per lungo tempo sconosciute
mistiche Beghine, fino a giungere per fare solo alcuni esempi ad Ildegarda di Bingen, Teilhard de Chardin, Charles de Foucauld, Etty Hillesum, Raimon Panikkar.
Ecco
allora un testo che si propone come una mistica profondamente vissuta
anche da molti che, pur professandosi non credenti si ritrovano spesso
in una situazione privilegiata per accogliere la brezza di quel Dio il
cui Spirito "soffia dove vuole" ed entra dove trova un terreno sgombro
ed accogliente. Un terreno libero in particolare da quelli incrostazioni
rigide proprie di una religiosità abitudinaria, non di rado
caratterizzata da pesanti sovrastrutture, dai dogmi, da una
precettistica distante dalle urgenze della realtà contemporanea e dai
cambiamenti rapidi introdotti dalla modernità; ma, soprattutto, non più
sufficientemente ravvivata da una fede viva.
(Valerio Gigante)
Adista 6/7/19