domenica 26 gennaio 2020

ROMA MESSA IN DISPARTE

Jérôme Gautheret, Le Monde, Francia
L'Italia ha enormi interessi in Libia. E ora teme di perdere la sua influenza nel paese per colpa di Russia e Turchia
L'iniziativa era coraggiosa e, in caso di successo, sarebbe stata ricordata come una prodezza della diplomazia italiana. Purtroppo le cose sono andate male e l'effetto è stato l'opposto. L’ 8 gennaio a Roma il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha parlato per ore con il generale Khalifa Haftar,l’ uomo forte del est della Libia. Nelle stesse ore Fayez al Sarraj, capo del governo di accordo nazionale (Gna) riconosciuto dalle Nazioni Unite, avversario di Haftar, avrebbe dovuto fermarsi nella capitale italiana per incontrare Conte mentre tornava a Tripoli da Bruxelles. Ma Al Sarraj non si è fermato. I servizi segreti italiani erano già all'aeroporto di Ciampino, quando sono stati informati della cancellazione dello scalo.
Roma sperava di presentarsi come un mediatore indispensabile per un paese, la Libia, che l'Italia considera da sempre parte della sua sfera di influenza.
L’11 gennaio è stata programmata un’altra visita di Al Sarraj, ma è sembrato solo un tentativo di salvare le apparenze: di fronte all'irruzione della Russia e della Turchia sullo scenario libico, Roma corre il rischio di essere messa in disparte.
Da ex potenza coloniale (1911-1945) L'Italia ha conservato un forte radicamento nel paese nordafricano, in particolare grazie al gruppo Eni, il primo beneficiario dello sfruttamento degli idrocarburi libici. Inoltre in Libia lavorano migliaia di italiani, civili e militari. L’interesse per il futuro dell'ex colonia è quindi una costante per la diplomazia italiana, a prescindere da chi c'è al governo.
‟La Libia è l'ultimo posto dove l'Italia esercita una politica di potenza autonoma”, sottolinea un osservatore della diplomazia italiana. ‟Nel 2011, quando Roma non riuscì a impedire l'intervento franco-britannico che ha provocato la caduta di Muammar Gheddafi, il trauma fu terribile, paragonabile a quello provato da francesi e britannici dopo il fallimento della spedizione di Suez nel 1956”. Un ex responsabile della Farnesina mi ha confidato: ‟il giorno in cui perderemo la Libia al ministero non ci resterà che fare le fotocopie”.
Priorità assoluta
Conservare la sua influenza e vederla riconosciuta da tutti i soggetti in campo è la priorità delle priorità per Roma. Inoltre, dopo aver scommesso sulla legittimità internazionale del governo di Tripoli, Roma ha avviato un progressivo riavvicinamento con le autorità dell'est della Libia, culminato con la partecipazione del generale Haftar alla conferenza sulla Libia di Palermo del novembre del 2018. Nonostante questo tentativo di riequilibrare le cose, Roma continua a essere diffidente verso Haftar e ha accolto con favore l'irruzione sulla scena libica della Turchia, giunta a rafforzare i sostenitori di Al Serraj. L’8 gennaio al Cairo il ministro degli esteri Luigi Di Maio si è rifiutato di firmare un documento presentato dai capi della diplomazia francese, egiziana, greca e cipriota perché troppo duro nei confronti di Ankara.
Costretta a mantenere legami con tutti, l'Italia per il momento cerca di raggiungere solo obiettivi immediati, come l'organizzazione della conferenza di Berlino (prevista Il 19 gennaio). A lungo termine, invece, le sue preoccupazioni si concentrano sugli interessi energetici dell'Eni e sulla questione, ancora più esplosiva, delle migrazioni. All'inizio dell'estate 2019 l'Italia aveva ottenuto che le navi della missione europea Sofia lasciassero le acque al largo della Libia. Oggi l'assenza di quelle navi si fa sentire, perché senza di loro non è possibile controllare che l'embargo sulle armi sia rispettato.
Internazionale, 17 Gennaio