sabato 22 febbraio 2020

UN ALTRO CONTRIBUTO

“Preti sposati: potete andare (e lasciarmi) in pace”Pepe Mallo
Frustrazione amara, disillusa euforia e deluso disappunto con speranza, tre ovvie conseguenze nei confronti dell’esortazione “Cara Amazzonia” di Francesco con riferimento all’ordinazione di persone sposate. Reazioni manifestate a partire da coloro che si sentono delusi e presi in giro, persino da coloro che emettono celesti sospiri di sollievo per il non vedersi traditi o venduti. In ogni caso, spiccano lo stupore e lo sconcerto.

In sette anni di pontificato Francesco ha compiuto passi sorprendenti, insoliti che nessuno dei suoi predecessori aveva osato compiere. Ad esempio, l’ammissione dei divorziati alla comunione. Tuttavia, in quest’esortazione Francesco si è arroccato. Come i suoi predecessori, è stato estremamente refrattario: non ha voluto affrontare un problema tanto caldo quanto inevitabile come lo è l’approccio al celibato opzionale. Con il suo atteggiamento intransigente ha deluso non pochi seguaci, tra cui vescovi e cardinali, ed ha frustrato molte aspettative reali. Queste aspettative incoraggianti sono già sorte nel gennaio 2018 in base a notizie suggestive pubblicate su “Religión Digital”: “La Santa Sede prevede di ordinare preti “anziani sposati”. Successivamente, il cardinale Kasper affermava che “se i vescovi chiedessero preti sposati, il papa lo accetterebbe”. E più tardi un’ulteriore puntualizzazione da parte del recente Sinodo: “Francesco ordinerà uomini sposati se lo richiede il Sinodo dell’Amazzonia”. E c’è chi affermava con certezza che in Francesco la proposta avrebbe trovato una valutazione positiva e avrebbe costituito una svolta storica, un primo passo ufficiale verso un’indubbia flessibilità riguardo al celibato. E già nel 2019 (17 giugno) è stato confermato che “il Sinodo dell’Amazzonia discuterà dell’apertura del ministero agli uomini sposati e alle donne”, così come realmente è stata presentata la proposta nel documento finale.

Di fronte a queste grandi aspettative ho espresso il mio scetticismo in questo stesso blog nel mio articolo “Preti sposati, viri suspensi (uomini sospesi, ndt)” (26 giugno 2019). Vi era una citazione di un altro post precedente, “Celibato opzionale. No del...Vaticano” (15 febbraio 2019), in cui commentavo come al suo ritorno da Panama sull’aereo Francesco abbia escluso definitivamente qualsiasi prospettiva volta a modificare la norma del celibato obbligatorio della Chiesa. Le sue parole serpeggiano ancora “nell'aria”: “Non sono d’accordo nel permettere il celibato opzionale. Non lo farò. Questo è chiaro. Non mi sento di mettermi davanti a Dio con questa decisione”. E il giorno prima della pubblicazione dell’Esortazione (02-02-20) ha confessato ai vescovi americani: “Non penso che sia un problema su cui ci muoveremo in questo momento perché non ho sentito che lo Spirito Santo stia lavorando su questo proprio ora”. Francesco si è quindi guardato le spalle e ha finito per blindarsele. E oggi abbiamo il risultato: né preti sposati, né diaconesse, né riti propri.

A partire da questa prospettiva voglio manifestare il mio punto di vista. Innanzitutto, esprimere la mia convinzione che Francesco non si è lasciato suggestionare da nessuno. Paura di alcune resistenze retrograde e di minacce ostili? Francesco non è una persona apprensiva che si fa intimidire e cede a ricatti. La tanto decantata pressione di Sarah-Ratzinger ha significato solo un deplorevole evento ecclesiale senza conseguenze personali per Francesco; piuttosto, è servita per vedere le vere intenzioni di Benedetto XVI, del suo segretario e dei suoi corifei. Francesco ha agito per suo personale convincimento, anche se personalmente penso che sia stato un pò pusillanime nel non volere, per tranquillità di coscienza, affrontare un problema radicato nella Chiesa da molti anni. E chi si prende il rischio? Nella proposta finale del Sinodo dell’Amazzonia, non si parla di “celibato sì o celibato no”, ma dell’urgente necessità di ministri dell’Eucaristia, dei sacramenti e dell’azione pastorale, sposati o celibi, in tanti luoghi amazzonici. Penso che siamo tutti d’accordo sul fatto che il celibato opzionale non deve scomparire e non scomparirà. Il celibato volontario è un dono di Dio, sì; però il celibato imposto non è volontà di Dio, ma una norma ecclesiale che coarta la libertà delle persone e contraddice questa volontà divina.
Francesco ha deciso di disinteressarsene. Il problema non è teologico, come lo focalizza il papa nell’esortazione (“sacerdozio come sacramento dell’ordine sacro”) (87), ma pastorale. La Chiesa a livello generale continua a soffrire una deplorevole emorragia di abbandoni e una non minore penosa carenza di vocazioni al ministero. Il documento finale del Sinodo chiedeva l’ordinazione di uomini sposati per ovviare a questa mancanza di preti in luoghi e comunità che non possono beneficiare dell’Eucaristia. La sfida stava proprio nella soluzione evangelizzatrice dei popoli amazzonici. Quindi, nella possibilità di ordinare nuovi ministri “con o senza celibato”. Francesco ha deciso di disinteressarsene. Tuttavia l’aveva a portata di mano. Nella Chiesa di rito latino esistono già preti sposati, quelli ufficiali e quelli “screditati”. Quale legge si sarebbe violata ordinando i “viri probati”, su cui tanto si è meditato? Oppure, quale disonore sarebbe stato accreditare e confermare tanti preti sposati stigmatizzati?

La primavera di Francesco mantiene in ibernazione un collettivo dimenticato, escluso e messo a tacere. Per più di quarant’anni organizzazioni facoltative pro-celibato di tutto il mondo hanno continuato a denunciare le molteplici forme di profonda discriminazione a cui sono state sottoposte. La legislazione sulla dispensa dei preti non si basa sul Codice di Diritto ma sul Codice Penale. Il sistema punitivo è stato molto rigoroso con i preti sposati. Ultimamente il rescritto di dispensa è stato modificato. Sono stati eliminati i divieti che li sminuivano rispetto ai laici, ma continuano ad essere emarginati come preti. Continuano ad essere offesi, messi a tacere, ignorati. Nel novembre 2016 Francesco ha visitato famiglie di preti che in coscienza avevano optato per il matrimonio. “Francesco ha ascoltato le loro storie e ha seguito con attenzione le considerazioni fatte sulle implicazioni canoniche di ciascun caso. E «la sua parola paterna ha assicurato loro l’amicizia e la certezza di interessarsi personalmente» di loro”. Forse c’è stato un dialogo? La cosa spiacevole non è solo la mancanza di dialogo, ma l’incapacità di ascoltare, che è il principale difetto delle gerarchie. Nel documento di lavoro del Sinodo si affermava che nella sua preparazione la voce degli aborigeni esclusi era stata raccolta. Sì, ma era stata messa a tacere la voce dei preti sposati esclusi. La sacralizzazione del celibato si è alzata come il più implacabile muro di controllo clericale, condannandoli all’isolamento e all’esclusione. “Preti sposati: potete andare (e lasciarmi) in pace”.

Si sono visti stati ripudiati dalla Chiesa, ma loro non l’hanno abbandonata. Al contrario, sono Chiesa e manifestano un altro modo di vivere la Chiesa. Vivono con passione la sequela di Gesù di Nazaret in molti gruppi, parrocchie, organizzazioni, movimenti ecclesiali. Sono impegnati nella causa di Gesù e lottano per il rinnovamento della Chiesa. Lavorano nella Chiesa, perché è la loro comunità di riferimento per vivere il Vangelo. E continueranno a lavorare con responsabilità in essa perché si recuperi la comunità di eguali che Gesù ha portato e perché la Chiesa dialoghi con questi movimenti. Speriamo che anche lo Spirito Santo sia impegnato in questo compito.

Articolo pubblicato il 19.02.2020 in Religión Digital (www.religiondigital.com)

Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI