martedì 1 dicembre 2020

Cari compagni Lettera di Livia Turco ai comunisti orgogliosi: il Pci, più che un partito, fu una nazione

Livia Turco, che ha passato la vita nel Partito comunista da Togliatti a Berlinguer, ed è rimasta una "dirigente comunista" anche quando ha militato, e fatto il ministro, sotto insegne sempre più diversi (del Pds, Ds e poi del Partito democratico) ha scritto la prefazione a un libretto che ha voluto ricordare il lavoro e la vita di alcuni compagni nel passaggio fra l'uno e gli altri partiti, "Care compagne, cari compagni".

L'EDITORE È "STRISCIA ROSSA", territorio libero di ex-militanti che però non sono affatto ex, perché il loro mondo, benché non sia un sogno o un'allucinazione e benché non sia più parte dello spettacolo politico italiano, non è affatto finito. Non stanno lanciandosi parole anche nobili ma fuori uso, da reduci di una guerra finita. Ma due cose non hanno perduto: l'orgoglio di quel che sono stati e il pensiero in cui hanno creduto; non tanto una forma di fede quanto una comune, e tenace, interpretazione dei fatti che hanno segnato la loro vita.
Una descrizione così semplice è però la formula originale (forse cercata, forse trovata per caso, come molte invenzioni) di un mondo e di un modo di stare insieme che introduce qualche idea nuova nella antropologia (vedi la teoria delle tribù di Margaret Mead) e nella sociologia (che cosa sono i partiti? E hanno una scadenza, a differenza della fratellanza?). Il senso che gli editori riescono a dare al suo lavoro è all'altezza delle vite dei compagni che danno un valore al libro. E qui si vede chiaro il senso della pubblicazione, un senso profondo: quasi una rivelazione che ha dato per decenni della vita europea un livello così caldo e intenso e definitivo alla parola "compagno".

LEGGETE IN QUESTO LIBRO che "i compagni" di un partito come fu il Pci, dalla guerra segreta dell'antifascismo alla vittoria della Resistenza, questi "compagni" non si sono mai sentiti "in prova" e non si sono lasciati mettere alla prova neppure dalle cadute della loro patria di riferimento, il partito.
Ben pochi erano sicuri dell'invasione Sovietica in Ungheria e, più tardi, dell'occupazione della Repubblica cecoslovacca. Ma il partito era un territorio più grande che conteneva anche l'errore, perché conteneva le loro vite. Queste pagine sono una prova del tipo di legame, umano, affettivo, morale e solo in un ultimo senso ideologico che ha fatto diventare e restare comunisti così tanti giovani (poi invecchiati col partito) e così tanti "anziani" tra i sopravvissuti della lotta al fascismo.
Persino la cautela con cui il Pci ha trattato lo Stato borghese con vecchi legami fascisti, per non spaccare l'Italia liberata, spiega molti episodi e circostanze che in certi momenti apparivano errori (come il processo al fascismo che non è mai avvenuto).
FURIO COLOMBO

Il Fatto Quotidiano, 9 novembre