Il PD e il suo labirinto
Ezio Mauro
La Repubblica 8/3
(...)
Il Pd nella lettura della crisi italiana deve cioè sapere che è e resta
la forza indispensabile per contendere il Paese alla destra sovranista,
nazionalista, trumpiana e orbaniana, che riporterebbe indietro il
Paese. Deve quindi coltivare questa capacità di competizione e
soprattutto questa sua coscienza di alternativa anche nella fase di un
convinto appoggio condiviso al governo, proprio perché il sistema non
smarrisca le sue coordinate culturali e il cittadino preservi la
possibilità di leggere due diverse dottrine della crisi, due modi
differenti di stare dentro lo stato d’eccezione pur convergendo sulle
urgenze sanitarie, economiche, sociali, e soprattutto due distinte
interpretazioni del futuro dell’Italia, quando l’emergenza sarà
superata. Da questo discendono sia il programma che le alleanze, non da
altro.
Ecco
perché la discussione che si stava aprendo dentro il Pd, spargendo la
nebbia dell’ambiguità, è più figlia del vecchio mondo che delle esigenze
nuove, dettate da quel gigantesco fattore di cambiamento che è il
virus. La nebbia è svanita quando il segretario si è dimesso per rompere
l’accerchiamento dei cannibali che avevano già preparato il pentolone
per cuocere a fuoco lento lui e la sua politica.
Ma
adesso Zingaretti dopo l’atto d’accusa deve dare battaglia fino in
fondo, se non vuole ridurre uno scatto politico a uno scatto di nervi.
La sua è una scelta coraggiosa dopo mesi di presenza responsabile ma
debole: può diventare una mossa utile se costringe tutto il Pd a venire
allo scoperto e a dire pubblicamente cos’è la sinistra oggi, e cosa può
fare per il Paese.