giovedì 11 marzo 2021

LE PAROLE PER DIRLO

 LE PAROLE PER DIRLO

TUTTO CIÒ CHE NON SI RIGENERA DEGENERA" (E. Morin) –

DERIO OLIVERO

Vescovo di Pinerolo

Mi hanno regalato un cesto di bulbi. In questi giorni stanno fiorendo. L'ho messo nel corridoio di casa. Ogni volta che passo butto l’occhio a questa meraviglia. Un pezzo di primavera in anticipo.

Mi colpisce sempre il prodigio della primavera: la natura che si rigenera. Oggi è un giorno quasi primaverile. La temperatura è mite, il sole tiepido, l'aria una piacevole carezza. Fra qualche giorno anche i campi e gli alberi si riempiranno di fiori.

Oggi, tornando da un incontro, mi sono fermato in una via laterale con un bel viale alberato. Sono sceso dall'auto e sono rimasto alcuni minuti a guardare gli alberi. Sembrano secchi, eppure dentro nascondono una vita pronta a ripartire. Stanno battagliando per rinascere. Stanno lottando contro l'inverno, per lasciarlo alle spalle. Sono un esempio delizioso: non si rassegnano, sono già proiettati avanti, con "l'anima” nella primavera. Hanno i rami secchi, ma nel cuore sognano la primavera. E lottano per farla sbocciare. Improvvisamente mi sono ricordato che un anno fa iniziava la pandemia. Un inverno lungo che non vuole finire. E penso a quanta gente, pur in questo inverno, assomiglia agli alberi: schiaffeggiati dal virus in vario modo eppure intenti a generare una primavera.

Penso a chi è stato ammalato. o è ancora in Terapia intensiva; penso a chi ha subìto un lutto; penso al personale sanitario, a chi ha perso il lavoro, ai ristoratori, agli autotrasportatori, a chi lavora negli impianti sciistici, nei teatri, nei musei, nella scuola. Quanta gente è in un inverno interminabile! La società intera è nell'inverno I giornali ci ricordano l'anniversario

È passato un anno. La nostra Regione torna in arancione.

Un anno, arancione, Quaresima. L'abbinamento di questi termini ci fa tornare a marzo 2020 e ci sconforta.

Molti dicono: "Siamo tornati indietro, quando finirà?". Stiamo stringendo i denti senza vedere frutti. La nostra pazienza è messa a dura prova. E ancora non sappiamo quando arriverà la primavera.

Questa incertezza inizia a scoraggiarci. Proprio per questo dobbiamo imparare dagli alberi. Stanno lavorando per rifiorire. Non si vede il loro lavoro, ma prima o poi sbocceranno gemme e poi fiori e frutti. La pandemia ci sta insegnando l'attesa. Prima la parola "attesa" era diventata sinonimo di tempo perso e noioso: l'attesa del treno alla stazione, in fila negli uffici, in coda sull'autostrada. Un tempo vuoto, una parentesi inutile,

La vera attesa, invece, è tutto quel tempo dedicato a lavorare per raggiungere una meta.

Ogni camminata in montagna è un'attesa per nulla inutile: porta in cima.

Ogni lavoro è un'attesa per nulla inutile: il panettiere genera il pane, nel cuore della notte; l'insegnante forma un bimbo, anno dopo anno; il muratore innalza una casa, dopo mesi di lavoro.

L'attesa è la nostra condizione più quotidiana: viviamo in perenne attesa. E siamo vivi finché siamo in attesa. Anche quando essa è faticosa. Smettere di attendere significa morire in anticipo. Perché ciò che non si rigenera degenera. Aiutiamoci a rinascere, a mantenerci in un'attiva attesa. Come alberi.

L’Eco del Chisone, 3 marzo