lunedì 22 marzo 2021

PREDICAZIONE DURANTE L'EUCARESTIA DI DOMENICA 21 MARZO : ISABELLA E ENRICO

 Amico Gesù: la scienza ci accompagna alle soglie del mistero...


BRANO DEL VANGELO:

Gesù, Marta e Maria. (Luca 10,38-42)

38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Gesù, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta».

(Luca 10,38-42)

Commento...

Sarebbe necessario premettere come il Vangelo di oggi ci dica che Maria ha scelto la parte “fondamentale”, nemmeno migliore, perché è mal tradotto qui, non è un discorso comparativo...

Come suggerito da Don Franco, abbiamo cercato una nostra personale riflessione sul messaggio che questo brano ci enuncia, e ci riporta: “un incontro di Gesù con alcuni del gruppo sedentario sparsi sul territorio...”.

Per riuscire a realizzare una “collaborazione” tra le “due parti in conflitto”, e legarne tra loro dinamicamente gli elementi in una configurazione armonica, che abbia significato - una “gestalt” - ci siamo quasi sottoposti al “lavoro con le due sedie” - quella calda e quella vuota di Friz Perls: abbiamo cercato di descrivere ciò che queste righe trasmettono per la nostra vita, e per la vita della comunità, abbiamo provato ad identificarci in Marta e Maria... e di porci di fronte alla possibilità che Gesù ci metta in discussione...

Abbiamo cercato - su questa falsariga (attraverso questa “Nouvelle grille”) - di “cogliere il nucleo dell'insegnamento di Gesù che questa rilevata differenza tra Marta e Maria può dire alla nostra vita quotidiana e al tessuto della nostra fede...”

Siamo partiti dalla nostra personale convinzione, e, quindi, dall'ipotesi di lavoro, che Henri Laborit avesse acquisito nel tempo una “conoscenza” storica di Gesù...

Leggendo queste poche righe del Vangelo di Luca - come altre innumerevoli volte -, il nostro cuore ci ha ispirato, e ci siamo resi conto di non riuscire più “liberarci” dal significato della riflessione di Henri Laborit su Gesù; e comprendere – nel senso etimologico della parola di “prendre avec” - che è esistito “qualcuno”, nella storia dell'umanità, che ha parlato ed agito non per il singolo individuo, ma per la specie intera, per tutti gli uomini e tutte le donne, e questo “qualcuno” è Gesù...

«L'immagine di Gesù che si è formata me è quella di un amico che acconsento di buon grado di spartire con gli altri, ben sapendo che ogni uomo ha un suo Gesù, anche, anzi soprattutto, se lo rifiuta, o almeno ne rifiuta l'immagine che la nicchia ambientale ha tentato di imporgli.


La mia amicizia per lui è aumentata molto quando la mia vita scientifica e sociale mi ha fatto capire che la sua crocifissione non è stata niente in confronto alle torture che i suoi promotori hanno fatto subire al suo messaggio. Ancora una volta hanno adoperato la grammatica, una grammatica interessata, e non la semantica...

Da un amico non ci si aspetta né morale, né regolamenti, né principi, né leggi. Gli si chiede solo amicizia e si lascia che i suoi peggiori nemici inventino il resto.

Quanto a me, mi accontento di andare a salutare, quando ho tempo, colui che, rivolgendosi a Marta occupata davanti ai fornelli, lodava Maria, ai suoi piedi, intenta ad ascoltare; la ammirava per aver scelto la conoscenza, la parte “buona” che nessuno avrebbe mai potuto toglierle.

Colui che ci consigliava di fare come i gigli dei campi che non filano e non tessono, e che avevano già raggiunto, a quell'epoca, la crescita zero. Colui che cacciava i mercanti dal tempio, il tempio che è la casa di Dio, cioè noi stessi. Colui che amava ugualmente il

giovane ricco, quel giovane, che pur avendo cercato di fare quello che Gesù gli consigliava, non era però riuscito ad “Abbandonare tutto” e a seguirlo; perché era forse l'unico a riconoscerlo incatenato dai meccanismi socioculturali.

Colui che chiedeva al Padre, sul Monte degli Ulivi, di evitargli di bere l'amaro calice fino alla feccia, dimostrando così un'assoluta mancanza di virilità e di coraggio. Colui che era venuto a portarci non la tristezza ma la gioia della buona novella. Colui che prima di Freud sapeva che gli uomini devono essere perdonati perché non sanno quel che fanno e obbediscono ciecamente al loro inconscio. Colui che non ebbe il soccorso paternalistico del padre Giuseppe, ai piedi della Croce. (Dov'era finito costui?) Colui che si opponeva alla lapidazione dell'adultera e consigliava di non giudicare se non si voleva essere giudicati. Colui che a quattordici anni rifiutava di seguire il padre e la madre e affermava di non conoscerli. Sacra Famiglia e dolce Gesù!

Colui che è venuto a portare la spada e non la pace, a mettere il figlio contro il padre, a raccontare inverosimili storie in cui gli operai dell'ultima ora erano pagati quanto quelli della prima.

Sacre scale gerarchiche! Ecco perché in seguito hanno preferito che queste cose riguardassero l'altro mondo, ma non questo, per carità! Come ha potuto nascere, da una simile poesia, un sistema tanto primitivo di coercizione dominatrice?

E stranamente, proprio grazie alla scienza, ho ritrovato l'amico, il Gesù poetico, anarchico, ed asociale che aspetta da duemila anni che coloro che possono capire capiscano, che coloro che hanno orecchie ascoltino. Ma l'incontro è avvenuto proprio per merito della scienza? E, come lui stesso diceva, lo avrei mai cercato se non l'avessi già trovato prima? La Scienza delle Scienze, quella delle strutture, l'estetica, non può avere vademecum più completo dei Vangeli. Essi mi hanno permesso di ignorare i mercanteggiamenti, la deprimente scommessa di Pascal, il do ut des da bottegai meschini tra questa vita e la vita eterna. Non mi aspetto da lui che mi resusciti e assicuri la mia promozione sociale in un altro mondo.

A un amico si chiede, e si da, solo amicizia. Ma che cos'è l'amicizia?

Non è forse, per due uomini che si trovano nello stesso spazio, essere oggetto di gratificazione reciproca ed è forse possibile questo se in loro c'è desiderio di dominanza o accettazione di sottomissione?

L'amicizia non esige una comunicazione che prescinda dal linguaggio logico, deformante e traditore? Non esige finalità inserite nella finalità di uno stesso insieme, una reciproca scoperta pratica al di fuori delle regole imposte, in un luogo dove non esiste competitività, perché esso non fa parte di questo mondo ma di quello dell’immaginazione?»

Henri Laborit, «L’éloge de la fuite», Éditions Robert Laffont Paris, 1976.

Una fede”, pagina 145 e seguenti, da «L’elogio della fuga», Saggi Mondadori, marzo 1982 - 2020, Edizione Mondadori Oscar saggi - Traduzione Leonella Prato Caruso.

«Quando le società procureranno a ogni individuo fin dalla più tenera età, e per tutta la durata della vita, informazioni su ciò che è, sui meccanismi che gli permettono di pensare, di desiderare, di ricordarsi, d'essere lieto o triste, calmo o angosciato, furibondo o bonaccione, insomma sui meccanismi che gli permettono di vivere, di vivere con gli altri, quando gli procureranno informazioni su quel curioso animale che è l'Uomo, come si sforzano da sempre di procurargliene sul modo più efficace di produrre merci, la vita quotidiana di quest'individuo correrà il rischio di trasformarsi. Dato che niente può interessarlo più intensamente di se stesso, quando si accorgerà che l'introspezione gli ha nascosto l'essenziale e deformato il resto, che le cose si accontentano di essere, e che siamo noi, per il nostro interesse personale o per quello del gruppo di cui facciamo parte, ad attribuire loro un “valore”, la sua vita quotidiana sarà trasfigurata. Non si sentirà più isolato, ma accomunato nel tempo e nello spazio, simile agli altri ma diverso, unico e molteplice al tempo stesso, conforme e singolare, passeggero ed eterno, proprietario di tutto senza possedere nulla, e alla ricerca della propria gioia, potrà darne agli altri.»

Henri Laborit, «L’éloge de la fuite», Éditions Robert Laffont Paris, 1976.

La vita quotidiana”, pagine 107-108, da «L’elogio della fuga», Saggi Mondadori, marzo 1982 - 2020, Edizione Mondadori Oscar saggi - Traduzione Leonella Prato Caruso.