martedì 16 marzo 2021

UNA LETTERA E UNA RISPOSTA

Abbiamo perso il senso profondo della sessualità

Vorrei ringraziarla per la sua disponibilità intellettuale e comunicativa, che tanti spunti di riflessione e ispirazione morale mi ha fornito in questi anni. All'interno dell'Espresso del 10 gennaio spicca ai miei occhi un articolo sulla “Tentazione psichedelica”, in cui si parla del Rinascimento psichedelico e del fiorire e rifiorire di convention, dibattiti e pubblicazioni riguardanti sostanze come funghi e acidi allucinogeni. Non ho potuto fare a meno di collegare questa fioritura (il cui inizio è datato nell'articolo al 2006) a una sua riflessione sulla sessualità, in cui diceva che nel momento in cui il sesso non è più un tabù, lo step successivo sono le droghe. Secondo lei è possibile leggere la tendenza raccontata nell'articolo come una risposta al fatto che una volta che la sessualità ha perso la sua carica sovversiva, depotenziata dalla panpornografia in cui siamo immersi, la speranza trasli dal sesso alle droghe come rifugio e promessa di liberazione?

Lorenzo Nuzzo

lorenzo.nuzzo9.92@gmail.com

Se le droghe psichedelica hanno come loro caratteristica il collasso dell'io e l'ingresso in mondi creati dall'altra parte di noi stessi è perché la sessualità, come la pratichiamo oggi, non svolge più questa funzione che ogni amplesso, se è un vero amplesso e non una semplice pratica carnale, sa svolgere nel momento in cui determina un cedimento dell'io e un accesso all'altra parte di noi stessi che è la follia che ci abita. Il linguaggio popolare, a cui sono solito prestare attenzione, perché è un deposito di secolari vissuti e una stratificazione di esperienze collettive, non a caso dice: «Mi fai impazzire», «Con te perdo la testa››.

Il sesso, infatti, non è qualcosa di cui l’io dispone, ma se mai è qualcosa che dispone dell'io, qualcosa che lo incrina, che lo apre alla crisi, che lo toglie dal centro della sua egoità, dall'ordine delle sue connessioni, per nessi di tutt'altro genere e forma e qualità. A questo allude l'etimologia che vuole sexus derivato da nexus. Lo stesso dicasi della “passione” che non è una deviazione, un'erranza, ma un “patire” il cedimento dell'io, il suo smarrimento, ospitato da un linguaggio non suo, affidato non più a una successione di significati, ma a quella disponibilità vertiginosa per tutti i sensi, che l'io che presiede la "legge del giorno” non conosce, perché, per usare un'espressione jaspersiana, sono ospitati dalla “passione per la notte”. Per questo Socrate, nel Simposio, a proposito della passione d'amore parla di "possessione (katakoké)”, e a proposito dell'io di "dislocazione (atopia)”. E conclude: “Chi ha conoscenza di queste cose è un uomo in rapporto a potenze superiori, un uomo demonico (daimoníos), mentre chi non le conosce è un uomo comune (bánausos), (Platone, Simposio 203a).

Conosciamo noi queste cose? No, perché abbiamo applicato anche alla passione per la notte la legge del giorno che conosce solo il tempo, il denaro, il mercato. Infatti, nel proliferare incontrollato di immagini sessuali, sulle strade, sugli schermi, sulla carta stampata, dalla pubblicità, dove si vorrebbe far desiderare un prodotto con la stessa intensità con cui si desidera il sesso, alla pornografia dove il principio della distribuzione massiccia rende normale ciò che è ovunque diffuso, alla prostituzione che non vende sesso, ma l’allucinazione che il desiderio promuove e che il denaro dà per un attimo l’impressione di poter realizzare, quello che vige è la legge diurna del mercato, dove anche il corpo disabbigliato della prostituta implode nel regime che regola ogni nostra attività diurna iscritta nella massima: “Il tempo è denaro”.

In questo modo la sessualità è estinta in ciò che ha di potenzialmente creativo, perché il sesso è rigorosamente iscritto nel mercato, quindi nel professionismo, nella contrattazione e nella ripetizione, che sono le regole diurne dell'io, non gli sconfinamenti di quella follia che ci abita e che trova nella sessualità non professionale, non contrattata e non ripetitiva, la sua prima parola.

«Dove c'è tabù c'è desiderio», diceva Freud. E se oggi ci si lascia affascinare dalla “tentazione psichedelica” è perché la sessualità non è più un tabù, e tantomeno è percepita come la via migliore per soddisfare quel desiderio imprescindibile che è conoscere l’altra parte di noi stessi.

Umberto Galimberti, D Donna 6 marzo