IL "COMANDAMENTO": STRADA VERSO LA GIOIA
Giovanni
15,9-17
9 Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi.
Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del
Padre mio e rimango nel suo amore. 11 Questo vi ho detto perché la
mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12 Questo è il
mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
amati. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per
i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi
comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello
che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò
che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete
scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e
portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che
chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi
comando: amatevi gli uni gli altri.
Questa pagina
del vangelo ricorre spesso nella predicazione, nelle liturgie e negli scritti ecclesiastici. E quindi si tratta di un testo usato ed abusato. Noi cristiani poi siamo specialisti, se guardiamo la storia passata e quella recente, nella retorica dell'amore che legittima spesso la nostra accusa verso chi non ha le nostre idee o i nostri comportamenti.
Voglio
dire che gli inquisitori, quando accendevano i roghi, dichiaravano di
bruciare i corpi per salvare le anime. Nel caso di Eluana Englaro gli
apostoli "fanatici" dell'amore hanno accusato il papà
Peppino di essere un assassino.
Così per amore della verità, le
gerarchie ecclesiastiche hanno sempre sbattuto fuori
dall'insegnamento e spesso dalle stesse comunità i teologi
dissenzienti. Sempre per amore, per salvarli dalle perversioni (!?),
molti sacerdoti allontanano omosessuali e lesbiche dai sacramenti...
La lista potrebbe continuare con i separati, i divorziati ... Poi c'è
la farsa del giovedì santo quando il vescovo, citando e commentando
questi versetti evangelici, ogni anno riceve l'omaggio e l'obbedienza
dei suoi sacerdoti.
Si crede forse di coprire uno stile imperiale
con questa burletta liturgica? Ecco perché, insisto, questa pagina
va presa, letta e commentata con le pinze, con grande attenzione, per
non cedere a pure declamazioni verbali.
Dio,
fonte dell'amore
L'esegeta
Claus Wengst nel suo "Il vangelo di Giovanni" (Queriniana)
spiega dettagliatamente che per Gesù l'osservanza dei comandamenti
non è altro se non il rifarsi all'insegnamento della Bibbia ebraica:
"I comandamenti di Gesù non sono altro che i comandamenti del
Padre. Se egli riassume i comandamenti nel comandamento dell'amore,
non dà con questo un comandamento al posto di tutti gli altri, bensì
indica la dimensione e l'intenzione con cui i comandamenti vanno
osservati. Chi sperimenta e capisce di essere amato da Dio, non può
che essere guidato dall'amore..." (pag. 582).
Dunque, Gesù
non pone se stesso come fonte dell'amore, ma testimonia che Dio è
all'origine. Gesù è consapevole che la sua esistenza è amata, è
oggetto dell'amore di Dio che lo invita, a sua volta, a comunicare
l'amore ricevuto...
Per Gesù Dio è la fonte alla quale
attinge per trovare la forza di amare. Questo modo di riconoscere Dio
e la Sua presenza nella vita è prezioso anche per noi.
La fede,
se non produce amore, è pura religiosità esteriore.
Siamo ancora tanto lontani
Questo
caldo linguaggio dell'amicizia e la esclusione delle relazioni
servili alludono ad un clima di fiducia in Dio e di fiducia reciproca
di cui Gesù dà testimonianza e che tenta di instaurare nel
gruppo.
Non si tratta di sognare una "comunità di angeli ed
arcangeli dal ciel discesa per troppo peso", per usare una
immagine enfatica. Il peso della nostra comune umanità, segnata dal
limite, va sempre tenuto in conto e certi ambienti ecclesiastici,
dove tutto è "pace e bene", probabilmente nascondono
qualche "trucco" o qualche pericolosa sottomissione.
Si
tratta però di costruire comunità di donne e di uomini liberi di
essere se stessi, di esprimere idee e di realizzare percorsi diversi
senza sentirsi esclusi. L'amicizia profonda sta nel fatto che, nel
comune riferimento a Dio sulla strada di Gesù, le comunità possano
creare un clima di confronto aperto, di accoglienza delle diversità,
dove la convivialità delle differenze sia pratica costante,
obiettivo condiviso.
La comunità che depone lo "spirito
servile" non sa più che cosa sia l'esigenza di una obbedienza
gerarchica, ma conosce e fa esperienza di un ministero diffuso e
intento a valorizzare uno stile di reciproca fiducia.
Il significato e il senso del mio ultimo libro "Senza chiedere permesso" stanno proprio qui: smetterla con una chiesa dell'obbedienza e creare una chiesa della corresponsabiltà e sinodalità.
Se alcuni
credenti debbono nascondere le loro idee, se non possono esprimerle
fino in fondo; se altri non possono manifestare le loro scelte
affettive in tutta libertà...questa non è una chiesa in cui ci si
sente "amici", cioè accolti davvero con rispetto.
Siamo
ancora tanto lontani da questa pratica che Gesù visse e insegnò ai
suoi discepoli e alle sue discepole. Ciascuno di noi può fare
qualcosa, anche rischiare qualcosa, per far crescere gli spazi di
reale libertà e corresponsabilità nella chiesa di oggi, partendo
dalla propria comunità.
Un
versetto decisivo
"Questo
vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia
piena".
Forse la chiesa oggi non dà la testimonianza della
gioia di cui ci parla il vangelo. Come cristiani non siamo stati
educati a contattare la gioia. E' vero: Non possiamo mai chiudere gli
occhi sui panorami desolati dell'ingiustizia e dell'oppressione, ma
vogliamo anche coltivare nei nostri cuori quella gioia di cui ci
dette testimonianza Gesù. Egli mantenne una radicale fiducia
nel Dio della vita, e guardò la realtà e le persone con "simpatia"
e con accoglienza. Egli ci dona una indicazione più che mai
preziosa.
Ma questo versetto riporta la parola "comandamento".
Tale vocabolo spesso nella nostra educazione cristiana è stato
interpretato come la volontà assoluta di un Dio autoritario. Nella
Bibbia, esattamente come nelle parole di Gesù, il comandamento ha un
sapore totalmente diverso: Dio ci vuole indicare il sentiero della
felicità, la strada impegnativa di una esistenza sensata e piena.
In
mezzo allo straripare del non senso e dentro un mare di
contraddizioni, il discepolo di Gesù non lascia cadere questa
lezione di speranza. E sa che la gioia di cui parla Gesù
continua a fiorire nelle vie del mondo e nel suo cuore.