giovedì 6 maggio 2021

IL GENOCIDIO DEL POPOLO ARMENO

 Nemmeno il bimbo in culla


Solo qualche sera fa risentivo Storia a mio figlio, alla vigilia dell’interrogazione sulla Prima Guerra Mondiale.

Scorrendo i suoi appunti ho trovato “Primo genocidio: la controversa questione degli armeni”. Gli ho chiesto perché fosse definita controversa: “Perché i turchi dicono che non è vero”, ha risposto, “non ci sono le prove: è scritto sul libro”. 

C’è un libro di storia da riscrivere. Taner Akçam, storico, ha pubblicato “Killing orders” (Gli ordini di uccidere) basandosi sulla monumentale documentazione raccolta dal sacerdote armeno cattolico Krikor Guerguerian, morto nel 1988. 

Durante il Medz yeghern, il Grande Crimine, Guerguerian vide uccidere entrambi i genitori e dieci dei suoi fratelli. 

Nel corso della vita ha raccolto 100mila pagine di carte alle quali nessuno ha avuto accesso fino al momento in cui Akçam nel 2015, a cento anni dal genocidio, non ha cercato il nipote del sacerdote, Edmund. Cito dall’intervista di Monica Ricci Sargentini: “Te li vuoi portare nella tomba?”, gli ha chiesto, e così il nipote gli ha permesso di accedere all’archivio. Tra le carte c’erano i diari privati scritti a mano da Talat Pasha, uno dei triumviri che ressero l’impero Ottomano durante la Guerra: lavorava all’ufficio deportazione. 

L’autore li ha comparati ai telegrammi dello stesso Pasha e di altri burocrati, coincidono punto per punto.

Uno di questi recita: “I diritti di tutti gli armeni sul suolo turco, come il diritto alla vita e al lavoro, sono stati soppressi. Nessuno deve essere risparmiato, nemmeno l’infante in culla”. All’obiezione che il governo turco continua a negare il genocidio Akçam risponde “la negazione è politica, non ha nulla a che vedere con la verità”.

Concita De Gregorio, La Repubblica 27 aprile