Thuram "Battiamo il Pensiero Bianco
Dal calcio più impegno sui diritti"
di Emanuela Audisio
La Repubblica 15/5
La
voce che sostiene l’iniziativa è la sua. Lilian Thuram, 49 anni,
campione del mondo nel ’98 con la Francia, ha giocato per 5 anni a Parma
e lì sono nati i suoi figli: Marcus nel ’97 e Khepren (a Reggio Emilia)
nel 2001. Entrambi calciatori. Già retrocesso in B, il Parma giocherà
la sua ultima partita casalinga, domani contro il Sassuolo, con la
maglia nera in sostegno al BLM (Black lives matter).
Lilian, contento del gesto?
«Molto
di più. Sono orgoglioso che il Parma abbia fatto questa scelta, anche
perché è a Parma che io sono diventato un giocatore. Il calcio ha un
potere incredibile e dimostra che si può lottare contro il razzismo.
Farlo a voce è importante ma cambia poco le cose, scriverlo sulla maglia
ha più forza e ha più valore simbolico. La maglia è un codice
identitario, è quella che veste il tuo corpo, non è solo un indumento,
ma un messaggio mondiale».
Forse era meglio farlo prima.
«Forse
sì, ma l’importante era che si facesse. È un’iniziativa potente perché
coinvolge società e tifosi perché invita a riflettere sul fatto che
nella nostra società ci sono problemi. E che va oltre i soldi e il
profitto. Rende tutti più consapevoli, anche la gente che non vuole
vedere, anche quelli che dicono non si tratta di razzismo, ma solo di
episodi legati ad alcune persone».
Invece?
«È
un problema culturale della nostra società. Oggi sembra che l’unico
valore sia fare i soldi e avere successo nel farne ancora di più. È così
che educhiamo i bambini, è per avere più margine economico che le
aziende licenziano e chiudono. Non solo: se non riesci vuol dire che sei
un fallito, se non fai i soldi è solo colpa tua, sei un incapace. Ti
convincono che vivere con gli altri è pericoloso, che non c’è altra
legge tra le persone se non quella dell’interesse e del denaro. Il
rispetto per sé stessi, la solidarietà, il farsi carico dei più deboli
non è un tema su cui riflettere. Bisogna dar retta agli influencer che
ci spingono a comprare, non a chi ci vuol far pensare. È importante
capire i meccanismi intellettuali invisibili che sostengono il razzismo e
rimetterli in discussione».
Chelsea e Tottenham hanno annunciato che i tifosi avranno una rappresentanza nel consiglio di amministrazione dei club.
«La
trovo una buona idea. In una società la discussione tra tutte le parti e
quindi anche con i tifosi non è mai sbagliata. Vuol dire più democrazia
e senso della responsabilità. In Inghilterra quest’anno i calciatori si
sono inginocchiati prima dell’inizio delle partite e non solo Marcus
Rashford ma anche altri atleti si sono dati da fare per aiutare chi
cresce in condizioni disagiate. È un segnale importante da parte dello
sport: la nostra partita è anche aiutare a cambiare le teste e provare a
rendere il mondo migliore. Il calcio non può e non deve essere la
vittoria di un’oligarchia che mette il guadagno al primo posto, bisogna
rimettere la solidarietà al centro del gioco, ridistribuire in maniera
più equa la ricchezza. Condividere e non approfittare».
Nel Parma è cresciuto anche Buffon che a 43 anni non vuole smettere.
«Giocare
a pallone è un sogno che hanno tutti i bambini e che non svanisce. Il
gioco è felicità. È sentire l’oohh prolungato della folla quando entri
in campo.
Buffon ha ancora tanta
passione, il piacere di allenarsi, di entrare nello spogliatoio con i
suoi compagni. Non c’entra il mestiere, ma la gioia che provi. Sai che
un giorno arriverà quel giorno e che sarà irreversibile, quando smetti
tutto finisce, e allora rimandi, rimandi. Io non ho avuto scelta, mi
sono dovuto fermare per una malformazione cardiaca. Forse meglio così,
perché non sarei mai riuscito a dire basta».
Il suo nuovo libro in uscita in Italia da Add editore si intitola "Il Pensiero Bianco".
«Sì. Parte da una conversazione telefonica con un amico: "Pierre, se io sono nero, tu cosa sei?"
"Normale",
è la sua risposta. Il libro parla dell’identità legata al colore della
pelle che noi abbiamo integrato come normale. Il razzismo di oggi è una
trappola, è un’ideologia politica per giustificare e rendere accettabile
la cristallizzazione di una gerarchia, una costruzione voluta da una
minoranza avida della società per sfruttare altra gente.
Prima
di vederci come bianchi o neri o altro. La prima cosa che ci definisce è
che siamo tutti esseri umani. Quando tra mezzo secolo ci guarderemo
indietro ci chiederemo: come abbiamo potuto lasciare morire così tante
persone in mare? Com’è stato possibile che l’Europa abbia chiuso le
frontiere a chi cercava un rifugio dicendo voi non siete legittimati ad
entrare e qui non c’è posto per voi? Potete morire».
Per
il Cio la «Rule 50», la regola che vieta sul podio olimpico ogni
manifestazione politica, religiosa, sociale è sempre valida.
«Non
mi disturba. Lo so, per quella regola e per i guanti neri Smith e
Carlos a Mexico City nel ’68 vennero cacciati, ma i tempi sono cambiati.
Allora quel momento olimpico era l’unico che dava visibilità agli
atleti, oggi è diverso, i campioni hanno più manifestazioni durante
l’anno e più mezzi con cui parlare al mondo e al loro popolo. Se ne può
discutere, ma non la trovo una cosa offensiva».
Che cosa pensa della squadra del Parma che indossa la maglia BLM ?
«Parma
sarà sempre al centro della mia vita e io sono molto fiero di questo
gesto incredibile. Dietro alla squadra c’è sempre una città e tanta
gente civile di cui non si parla mai. Quando dimostri la volontà di
essere una società che cerca il bene, non retrocedi mai, anzi rinasci».