Una cosa di sinistra
di Michele Serra
La Repubblica 22/5
Sì,
la tassa di successione è una cosa di sinistra: ha ragione Bersani a
dirlo, ha ragione Letta a volerla riesumare dopo che Berlusconi l’aveva
sepolta (e mai conflitto di interessi fu più evidente). La tassa di
successione è di sinistra perché in un Paese come il nostro, che ha un
ricambio sociale lentissimo, niente è più iniquo della conservazione di
patrimoni che premiano non il merito, ma la nascita. Fior di mediocri e
di nullafacenti bivaccano, senza alcun risultato conquistato sul campo,
sopra montagne di denaro “di famiglia”: non più reddito (frutto del
lavoro, dell’ingegno, del rischio) ma rendita. Non la fatica
dell’innovazione, ma la pigrizia della conservazione.
Bill
Gates, che non è comunista, ha deciso che ai suoi figli andrà, in
rapporto al suo patrimonio miliardario, poco più di una mancia: dieci
milioni di dollari a testa, ringraziare e pedalare. Tutto il resto in
beneficenza (divorzio permettendo). Che un privato sia più sensibile
alla redistribuzione della ricchezza rispetto a quasi tutti gli Stati,
fa riflettere assai. Nemmeno il più feroce degli Stati sociali
esigerebbe una tassa di successione del 99 per cento… Si può e si deve
discutere accuratamente del come e del perché, il sudato gruzzolo di una
vita di lavoro certo non figura tra i beni da tassare, l’appartamento
comperato con un mutuo ventennale nemmeno.
Ma
il principio è sacrosanto. È un principio che punta a rendere non dico
eque, ma un poco meno sperequate le condizioni di partenza tra il figlio
del ricco (comunque avvantaggiato) e il figlio del povero. Non è lo
Stato che “mette le mani in tasca” al defunto, come direbbe e dirà la
propaganda di destra. È lo Stato che aiuta i vivi a sentirsi tali.