lunedì 7 giugno 2021

UN PICCOLO PASSO CONTRO L'INGIUSTIZIA

 La tassa contro l’egoismo

di Francesco Guerrera
La Repubblica 7/9
Londra è un luogo improbabile per la rinascita del multilateralismo nella diplomazia mondiale.
Ma l’ironia della Storia ha voluto che una decisione attesissima sulla tassazione internazionale avvenisse nella capitale del Paese che, con la Brexit, ha fatto dell’unilateralità la sua ragion d’essere.
In senso tecnico, l’accordo raggiunto sabato dai ministri delle Finanze del G7 sulle imposte alle multinazionali è solo una tessera nel puzzle di come tassare grandi aziende, dannare i paradisi fiscali e punire quelli che Lucio Dalla chiamava "i troppo furbi". Ma in senso lato, l’intesa dei sette pezzi grossi dell’economia mondiale è un potentissimo ripudio delle politiche populiste, egoiste e egemoniche che hanno caratterizzato le relazioni internazionali degli ultimi anni.
Ha detto bene Paolo Gentiloni nelle sue dichiarazioni a caldo dopo il G7: «L’accordo è un risultato straordinario e non sarebbe stato possibile senza il recente cambio dell’amministrazione statunitense. Il multilateralismo è tornato». Bentornato multilateralismo, dopo gli anni bui di Donald Trump, il businessman che ha scritto un bestseller intitolato L’Arte dell’Accordo ma che da presidente è riuscito solo ad isolare gli Usa con una politica estera meschina, capricciosa e puerile.
L’Europa, dal proprio canto, non può scagliare la prima pietra, vista la recente proliferazione di "tasse digitali" (in Paesi come l’Italia, la Francia e la Spagna) create esclusivamente per colpire le grandi di Silicon Valley.
Ma non dimentichiamoci che i veri "eroi" dell’unilateralismo sono la Cina di Xi Jinping e la Russia di Vladimir Putin, che hanno approfittato della frammentazione dell’Occidente democratico per guadagnare influenza sulla scena internazionale. Come Gentiloni, tutti i protagonisti del summit di Londra hanno dato credito a Janet Yellen, il ministro del Tesoro di Joe Biden, per aver negoziato l’accordo.
Anche questa è una caratteristica fondamentale della diplomazia multilaterale: sta al Paese più forte fare i compromessi più significativi. Solo così può chiedere alle altre parti di fare dei sacrifici.
In questo caso, gli Usa hanno accettato che i colossi del Web – da Apple a Google, da Microsoft a Facebook – dovranno pagare più tasse ai governi dei Paesi in cui operano e generano profitti. La decisione ha placato i "grandi" dell’Unione Europea – Germania Francia, Italia e Spagna – che ora dovranno persuadere membri come l’Irlanda a mettersi in riga.
In cambio, Biden ha ottenuto un’intesa su un’aliquota globale minima del 15%. È una concessione che permette al presidente Usa di alzare le tasse sulle società americane senza temere che "scappino" nei paradisi fiscali.
Attenzione, però, ai trionfalismi. Se il vertice di Londra è davvero «il revival del multilateralismo», come ha detto Yellen, la nuova era sarà piena di sfide: dalla debellazione del Covid al salvataggio del pianeta, dalla cooperazione militare alla battaglia contro le diseguaglianze economiche. 
Anche in materia di tassazione, non si può ancora cantare vittoria. I Paesi del G7 dovranno convincere sia il resto del mondo, sia i parlamenti nazionali ad accettare un accordo che non piacerà a tutti. Persino negli Usa, Biden deve superare l’opposizione del partito repubblicano ad una proposta che costerà miliardi di dollari in tasse ai campioni del capitalismo americano.
L’Italia, che ospita il summit dei ministri delle finanze del G20 il mese prossimo, avrà un ruolo cruciale nello scrivere questo capitolo di Storia. 
Per fortuna, quel vertice si svolgerà a Venezia, città costruita sull’acqua ma fondata sul multilateralismo.