venerdì 4 giugno 2021

UN RACCONTO - TESTIMONIANZA

 Turano "Da un insulto sul muro di scuola


 ho scoperto chi ero"


«Il primo contatto pubblico con la mia identità è stato un insulto.

Avevo 15 anni, frequentavo il liceo Tacito a Roma, una mattina arrivai a scuola e sul muro c’era una scritta: "Frocio dimettiti". Fu uno shock, ma pure un risveglio: lì ho capito che dovevo combattere». Pietro Turano oggi ha 24 anni, è portavoce di Gay center, fa l’attore, è stato uno delle star della serie tv Skam Italia. Martedì sul palco di Next Gen It ha portato un monologo contro l’omofobia.

Pietro, quando ha capito di essere gay?

«Avevo 12 anni, frequentavo la terza media. Ai miei l’ho detto subito, li ho sentiti vicini e lo sono sempre stati».

Che adolescenza ha avuto?

«I primi due anni delle medie sono stati difficili, mi dicevano "non è che sei ricchione?". E io non capivo. A scuola nessuno racconta le diversità, nessuno spiega che puoi essere gay, però cresciamo sentendoci dire che sei frocio se hai modi diversi dalle aspettative da maschio alfa».

Quando ha fatto coming out?

«Al liceo l’ho detto a tutti, avevo una famiglia che mi sosteneva, un fidanzato, ero felice: volevo far sapere che essere omosessuale non era un mio punto debole. Quella scritta sul muro mi attaccava ma non mi svelava. Ero un privilegiato e ho capito che dovevo mettermi in gioco: per tanti miei compagni non era lo stesso, la mia esperienza doveva essere sfruttata a loro vantaggio, per dargli forza, non farli sentire soli».

Per questo fa l’attivista?

«Sì. Una volta si diceva "il personale è politico": è ancora vero. Porto la mia storia su un palco perché credo che qualcuno ci si possa riconoscere. A Next Gen It c’era il desiderio di ascoltare la voce dei giovani e quello dell’identità e della sessualità è un tema molto sentito tra i ragazzi a partire dalle parole, dal linguaggio.

Me ne accorgo girando per le scuole».

Cosa dice agli studenti?

«Prendetevi i vostri tempi, non abbiate fretta ma sappiate che la visibilità è potentissima: ha un potere di difesa e risuona anche negli altri, è come il battito d’ali della farfalla. Per me il coming out è un atto politico».

E i liceali cosa le raccontano?

«Che gli insulti più usati sono frocio o troia anche solo per dire "antipatico". All’origine di omofobia e transfobia c’è la cultura maschilista e machista.

Le parole sono strumenti di potere: offendono, negano, invisibilizzano.

Per questo le scelte comunicative devono essere inclusive».

C’è chi vi accusa di volere la "dittatura del politically correct".

«Siamo stati sempre considerati fuori norma, emarginati e ora siamo noi i politically correct? Quelli del "non si può più dire niente" non si accorgono che esistono percorsi di affermazione diversi, complessi, non si mettono nei nostri panni, non hanno empatia».

Cosa pensa del ddl Zan?

«Una legge che chiediamo da 25 anni. Quella in discussione è frutto di molti compromessi, non accetteremo altri passi indietro, nemmeno di una virgola».

Viola Giannoli, La Repubblica 3 giugno