sabato 4 giugno 2022

CELEBRAZIONE EUCARISTICA COMUNITARIA PER DOMENICA 5 GIUGNO 2022

 Eucarestia domenica 5 giugno 2022


5 giugno Giornata Mondiale dell’Ambiente


La Giornata mondiale dell'Ambiente si celebra ogni anno il 5 giugno ed è conosciuta come World Environment Day (WED). È stata istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1972 e celebrata, per la prima volta, due anni dopo con lo slogan Only One Earth (Una Sola Terra).

Dal 1974 l’evento è cresciuto fino a diventare una piattaforma globale per la sensibilizzazione pubblica sul tema dell’ambiente in oltre 100 Paesi. La Giornata dell'Ambiente 2022 è ospitata dalla Svezia e si focalizza sulla necessità di vivere in modo sostenibile, in armonia con la natura. Il pianeta terra è infatti l’unica “casa” per i suoi abitanti, e occorre salvaguardarne le risorse


Saluto all’assemblea

  1. O Dio che fai nascere l’acqua dalla roccia,

che trasformi il deserto in giardino,

Tu sei il pastore delle nostre vite.

Noi abbiamo percepito il tuo sorriso

e abbiamo avvertito la Tua presenza

nel nostro piccolo cammino di vita.


  1. Tu bussi alla porta dei nostri cuori

come chi s’avvicina in punta di piedi;

sei il soffio invitante che fa vivere,

la compagnia che non verrà mai meno.


  1. Noi ci rivolgiamo a Te,

Tu sei la roccia su cui costruire la nostra casa,

sei la stella da seguire nelle nostre notti.


  1. Grazie a Te, o sorgente di vita,

per tutti gli uomini e tutte le donne

che, con la luce della Tua parola,

imparano a rompere le catene dell’angoscia,

del pregiudizio e dell’esclusione.


Canto – L’Acqua, la Terra, il Cielo https://www.youtube.com/watch?v=49S_dRor2KE


Letture bibliche

Salmo 8 – Salmo della meraviglia

O Signore, nostro Dio,

quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!

La tua gloria si espande fin sopra i cieli.

Dalla bocca dei bimbi e dei poppanti

fai nascere una lode che schiaccia gli avversari

e riduce al silenzio i tuoi nemici.

Se guardo il cielo, opera delle tue mani,

la luna e le stelle che tu hai fissato:

che cosa è mai l’uomo, mi domando,

che tu ti ricordi e ti curi di lui?

Eppure tu l’hai fatto poco meno di un Dio,

gli hai posto sul capo una corona di gloria:

delle tue opere è lui il Signore,

hai posto tutto sotto i suoi piedi.

Tutti i greggi e gli armenti,

tutte le bestie della campagna,

gli uccelli del cielo e i pesci del mare,

che guizzano tra i sentieri dell’acqua.

O Signore, nostro Dio,

quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!


Genesi 2, 4-17

Queste sono le origini dei cieli e della terra quando Dio li creò. Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, ancora nessun cespuglio della steppa vi era sulla terra, né alcuna graminacea della steppa vi era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non vi era Adamo che lavorasse il terreno e facesse sgorgare dalla terra un canale e facesse irrigare tutta la superfice del terreno; allora il Signore Dio modellò l’uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l’uomo divenne un essere vivente.

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi collocò l’uomo che aveva modellato. Il Signore Dio fece spuntare dal terreno ogni sorta d’alberi, attraenti per la vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita nella parte più interna del giardino, insieme all’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino; poi di lì si divideva e diventava quattro capi. Il nome del primo è Pison: esso delimita il confine di tutta la regione di Avila, dove c’è l’oro: l’oro di questa terra è fine; ivi c’è il bdellio e la pietra d’onice. E il nome del secondo fiume è Ghicon: esso delimita il confine di tutta la regione di Etiopia. E il nome del terzo fiume è Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. E il quarto fiume è l’Eufrate.

Poi il Signore Dio rapì l’uomo e lo depose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse.

Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Di tutti gli alberi del giardino tu puoi mangiare; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiarne, perché, nel giorno in cui tu te ne cibassi, dovrai certamente morire.


Predicazione

Dell’ambiente che ci circonda tutta la Bibbia ce ne parla, basta sfogliare qualche pagina e trovare parole che parlano dell’ambiente in cui viviamo giornalmente.

Dai “ritagli” proposti vorrei soffermarmi su “il Signore rapì l’uomo e lo depose nel giardino dell’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse”.

Strano verbo rapire, l’uomo è stato già creato da qualche parte da dove viene prelevato/rapito e depositato in un bel giardino di cui ci vengono date le coordinate geografiche conosciute in quei tempi, di spazi limitati conosciuti.

Mi piace pensare alla storia dell’Universo cominciata con un grande Big Bang da cui tutto ha cominciato a prendere forma ed evolversi nel lungo trascorrere dei miliardi di anni; in questo magma in formazione l’occhio lungimirante di Dio riesce a intravedere quello che diventerà un giardino meraviglioso un intero pianeta posto in una piccolissima galassia di un sistema solare, un pianeta che in determinate condizioni diventerà rigoglioso e bello ed in quel luogo verrà deposto un essere “uomo” con l’intenzione che ne diventerà il custode e lo lavorerà per renderlo sempre migliore.

Custodire è un termine che significa sorvegliare, vigilare su persone o animali provvedendo alle loro necessità, ovvero fare oggetto di responsabile vigilanza, sorvegliare sia un luogo che una persona, ovvero avere in custodia, sorvegliare, vigilare, difendere, proteggere.

Custodire deriva dal latino custode che è la persona che custodisce, cioè vigila su cose, animali, persone affidate alle sue cure e alla sua sorveglianza; non è una guardia bruta ma ha cura, preserva dai pericoli, provvede alle necessità, conserva.

Dai termini usati nella Genesi e nei vari dizionari consultati, possiamo dedurre che il proprietario del giardino è il Creatore e noi siamo invitati ad esserne i custodi, coloro che lo lavorano e certamente ne possono utilizzare i “frutti” per sostentarsi, vivere e progredire; comprensibile che l’uomo debba vivere con i frutti del suo lavoro, ma c’è un MA che lo condiziona, a conservarlo, a difenderlo, a proteggerlo in fondo in fondo solamente se il giardino continua ad esistere anche l’uomo continuerà ad esistere, insomma solamente con una “simbiosi attiva” entrambi proseguono nella vita, attenzione che la natura ci insegna che esistono anche le “simbiosi passive” e sono quelle prodotte dai parassiti, chi agisce e pensa solo per il proprio benessere come nel banale esempio della tenia che succhia alimenti e sostanze vitali al corpo ospitante per poter progredire sé stessa e “indebolire” il corpo ospitante.

Il consiglio finale di Dio è perentorio “non ti nutrirai dell’albero della conoscenza del bene e del male, altrimenti morirai” oggi vorrei leggere questo avvertimento in termine di estinzione.

Nel bellissimo salmo 8 mi vorrei soffermare “Tu lo hai fatto poco meno di un Dio” un’affermazione meravigliosa esaltante delle potenzialità di un piccolo primate che ha saputo gestire bene i propri neuroni, le proprie osservazioni, le proprie esperienze insomma nutritosi dall’albero della conoscenza in maniera adeguata ha saputo progredire, ma nel frutto della conoscenza c’è anche il germe del bene e del male. La conoscenza può servire per operare nel bene ma anche nel male e se i bracci della bilancia non rimangono in stretto equilibrio ma pendono verso il male, “dovrai morire/estinguerti”.

Finché il giardino è stato utilizzato e conservato per la vita di esseri umani cacciatori e raccoglitori l’equilibrio era fin troppo a favore del giardino, ma gli esseri umani hanno pensato di passare alla fase agricola estensiva/intensiva che ha portato a grandi miglioramenti per gli uomini tanto è vero che hanno cominciato a vivere sempre più a lungo e moltiplicarsi sempre di più assorbendo sempre più energie e materie prime del corpo ospitante passando da custodi a divoratori/estrattori/dilapidatori/fruitori.

Attenzione ci è stato detto “ne morirete”.

Nella stessa frase del salmo “poco meno di un Dio” vedo la possibilità di scavalcare il piccolo gradino che ci separa dall’Essere Creatore, un gap scavalcabile? Può l’uomo avvicinarsi a Dio così tanto da immedesimarsi in Lui?

Il Nazareno ci viene in aiuto ci indica come trovare Dio per poterlo abbracciare e farlo uno con noi (come Lui lo è stato) ci suggerisce che prendendosi cura dell’orfano e della vedova lo incontreremo, facendo la sua volontà, saremo custodi delle periferie umane ci prenderemo cura degli anelli deboli della società per potere arrivare ad immedesimarci in Dio, limitando e rinunciando solamente al nostro IO, alle sole nostre necessità di crescita, custodendoci a nostra volta tenendo in equilibrio perfetto la barra del bene e del male, non essere solamente zecche, tenie o parassiti vari.

La conoscenza smisurata ci porta ad assomigliare al Creatore oppure il suo uso equilibrato può essere la soluzione?

La risposta sembra semplice ed evidente, ma la via imboccata non sembra essere quella giusta, quindi della troppa conoscenza mal usata ne moriremo?

L’avvertimento di Genesi sembra essere indicativo.

In questo momento mi viene in mente un altro brano di Genesi molto conosciuto, quello del diluvio universale e dell’arca di Noè e lo leggo come un ulteriore cartello indicatore per un prosieguo altro.


Liberi interventi


Canto – Ogni mia parola https://www.youtube.com/watch?v=_fVc75cG7fg


  1. Tu, Padre e Madre di tutto il creato,

mano amica che sorreggi i nostri passi,

noi stiamo davanti a Te con fiducia.

Veniamo da Te e a Te ritorniamo.


  1. Tu, aurora quotidiana e sole sempre giovane;

Tu, fuoco che non si spegne e fiamma che riscalda;

Tu, cipresso sempre verde che profumi di speranza;

Tu, rifugio accogliente dentro le nostre tempeste.


  1. Tu sei la Sapienza eterna che inonda il mondo,

che invade teneramente i nostri cuori,

che illumina i sentieri più nascosti e bui,

che riscalda le ore gelide della vita.


  1. Tu, aquila amorosa e pastore sollecito,

sollevaci sulle Tue ali oltre i luoghi comuni,

guidaci ai ruscelli e ai pascoli nutrienti,

mantienici oggi e domani sulla strada di Gesù.


  1. Sii per questo mondo il vento di novità

che spazza via le guerre e le schiavitù.

Fai fiorire e sgorgare canti di gioia

là dove donne e uomini lottano per la giustizia.


Memoria della cena di Gesù

G. Mentre mangiamo questo pane, dividendolo tra noi in memoria di Gesù, vogliamo chiederTi di darci un cuore nuovo, una nuova consapevolezza. Rendi la nostra vita una compagnia profonda e responsabile per tutte le creature che vengono dalle Tue mani.


G. Gesù era a tavola con le sue amiche e i suoi amici. Egli era ben consapevole della congiura che si stava organizzando contro di lui e il suo cuore faceva i conti con la paura. Voleva lasciare ai suoi amici e alle sue amiche, in quella sera e in quella intimità, qualcosa di più di un ricordo, di un segno. Sulla mensa c’erano pane e vino. Gesù alzò gli occhi al cielo e, dopo aver benedetto il nome santo di Dio, prese il pane, lo spezzò, lo divise dicendo: “Prendete e mangiate. Questo pane condiviso sia per voi il segno della mia vita. Quando farete questo, lo farete in memoria di me, di ciò che ho fatto e detto”. Poi prese la coppa del vino e disse: “Questo calice sia per voi il segno di un’amicizia che Dio continuamente rinnova con tutta l’umanità, con tutto il creato”.


Preghiera di condivisione

Canto – Dolce sentire https://www.youtube.com/watch?v=1Z3Dt06pdSI


Preghiere spontanee


Padre Nostro

Padre nostro,

che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno,

sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

e sostienici nell’ora della prova,

ma liberaci dal male.

Amen.


Benedizione finale

Il colibrì e il leone

Si narra che un giorno scoppiò nella foresta un incendio devastante e tutti gli animali scapparono.
A un tratto il leone, il re della foresta, vide che un piccolo colibrì volava proprio in direzione dell'incendio.
Allora, preoccupato tentò di fermare l'uccellino per fargli cambiare direzione, ma il colibrì rispose che stava andando a spegnere l'incendio.
Il leone, meravigliato, replicò che era impossibile spegnere l'incendio con la goccia d'acqua che portava nel becco.
Allora il colibrì, sempre più deciso, parafrasò al re della foresta:
"Io faccio la mia parte".
Racconto africano


Anna, Fernanda e Sergio di Alessandria

per la Comunità Cristiana di Base di Pinerolo Via Città di Gap