martedì 16 aprile 2019

L'opinione
Una lezione di leadership

Quando ha chiamato la prima ministra neozelandese Jacinda Ardern, subito dopo la strage di Christchurch, per chiedere cosa poteva fare il suo paese, il presidente statunitense Donald Trump ha ricevuto una risposta che non si aspettava: "Sostegno e amore per i musulmani". "Ardern è stata molto lodata per come sta gestendo una situazione in cui nessun leader di un paese dovrebbe mai trovarsi", scrive Jamila Rizvi sul sito neozelandese The Stuff.
"Ha risposto all'orrore con parole di empatia, e non di odio. Ha scelto un messaggio di solidarietà invece che la facile linea divisiva che aveva funzionato per molti in passato. In questi casi la compassione è un atto radicale. In genere un leader che reagisce a un attacco terroristico nel suo paese trasuda potere e promette una punizione, aprendo il processo del 'noi contro loro'. Basti pensare a George Bush jr., che dopo l'11 settembre voleva 'trovare i colpevoli e dargli un calcio in c..."', prosegue Rizvi. "Ardern ha assunto l'atteggiamento opposto: ha sprecato appena una parola sul terrorista, concentrandosi invece sulle vittime, sui loro cari e su un paese che ha bisogno di guarire. Dicendo che 'loro sono noi', ha suggerito alle persone come rispondere a questa tragedia. Tendiamo a pensare alla leadership come a una questione di posizione e potere, di solito esercitati attraverso discorsi aggressivi carichi di retorica autoritaria e di slogan. Ma la complessità non può essere ridotta a una citazione, così ogni cosa diventa bianca o nera e le persone buone o cattive. Non c'è spazio per le sfumature se il dibattito è condotto in 240 battute. Oltre alla conferenza stampa sulla sicurezza, Ardern ha parlato poco. Invece ha ascoltato e ha dato spazio ai pensieri e ai sentimenti degli altri. Un atteggiamento che contrasta con l'idea di leadership che ci aspetteremmo. L'autenticità e la compassione vanno oltre il genere, l'etnia o la religione. L'autenticità è una premier atea che dopo l'attentato indossa l'hijab senza pensare all'immagine, ma solo perché è la cosa giusta e rispettosa da fare".

(Internazionale 28 marzo)