giovedì 17 ottobre 2019

MISSIONARI , NON COLONIZZATORI.

A chi fanno paura i missionari
( e le loro riviste)?
In Italia vengono  pubblicati 42 testate missionarie, riunite in una federazione, la Fesmi, che le rappresenta e cerca di tutelarle. Da quali nemici? Anzitutto dalla Conferenza Episcopale Italiana e da quella «vaticanista ancillare» (definizione del compianto, indimenticabile, Giancarlo Zizola) che obbedisce al diktat di qualche monsignorucolo stazionante nei palazzi, dichiarato ‟comunicatore” per decreto vescovile. Essi vedono il mondo missionario italiano popolato da estremisti ed eversivi, quindi preferiscono attingere al blabla curiale e non a sguardi ‟di prima mano” sugli esteri e sulle frontiere dell’intricato mondo dei diritti umani, del dialogo tra fedi e culture, dei giochi di potere a danno dei paesi in via di sviluppo.
Tutto ciò, ancora una volta, si è dimostrato palese con l'assenza dei direttori delle principali riviste missionarie dal flusso (scarso) di notizie relative a questo ‟mese missionario straordinario”. L'unico è stato papa Francesco che il 30 settembre, ricevendo una delegazione di istituti di fondazione italiana, ha ricordato: «Anche la Chiesa Italiana ha bisogno di voi, della vostra testimonianza, del vostro entusiasmo e del vostro coraggio nel percorrere strade nuove per annunciare il Vangelo. Con un sistema mediatico che investe 120 milioni l'anno per uno share vicino allo zero, la Cei non sente l'impulso di sostenere i media missionari che, nell'insieme, raggiungono una ‟massa critica” di centinaia di migliaia di lettori. In maggioranza persone di buon livello culturale, legate ad ambienti ecclesiali o laici comunque sensibili ed attive nel campo della solidarietà e nei movimenti d'opinione, a favore della pace e della giustizia. Tutte considerate insignificanti da una Cei che non riesce a mettersi in uscita neppure da uno dei suoi tanti pregi.
Filippo Di Giacomo, il venerdì 11 ottobre