Accompagnarci
reciprocamente e poi…?
”Fra
noi esseri umani l'arte più grande e più bella dovrebbe essere
questa: accompagnarci reciprocamente fino a quel punto in cui
ciascuno diventa dall’intimo luminoso e forte. Del resto,
tutto quello che possiamo fare per accompagnarci ed educarci ha
valore soltanto come via di preparazione in vista
dell'interiorizzazione, della spiritualizzazione e di una vita
propria, personale. Per molti anni i genitori devono essere per i
loro figli esempio, compagnia e sostegno proprio in senso esteriore e
visibile, e un figlio prende da loro la strada della sua vita grazie
a quello che vede esteriormente. Più fiducioso è il rapporto fra i
genitori e il figlio, con più facilità e certezza verrà il momento
in cui il figlio non avrà più bisogno di guardare i genitori a ogni
passo e chiedere loro consiglio. Perché questi genitori sono
riusciti a non bloccare nel figlio le energie, ma le ha hanno invece
ridestate. Ora egli comincia a pensare da solo. Le idee sono sue e
tuttavia non sono neppure totalmente estranee al modello e alla
ricchezza di pensiero dei genitori. Sono le riflessioni, la
saggezza, le convinzioni che i genitori gli hanno mostrato con la
loro vita, ma non arrivano più al figlio come qualcosa di estraneo
detto dall'esterno, imposto. Un rapporto esteriore è diventato una
relazione intima, una cosa che era stata fino ad ora soltanto
visibile è diventata una cosa assolutamente invisibile, e questo
cambiamento dall'esterno all'interno è quanto chiamiamo vita.
Lo
stesso Gesù manifesta questo fatto nel suo discorso d'addio ai
discepoli, dicendo che non c'è differenza fra amore e obbedienza,
fra inclinazione e dovere. C'è un mondo dei comandamenti a livello
non spirituale; è obbligo seguirli perché così si dice
dall'esterno. A livello spirituale, nel mondo della convinzione, non
ci sono disposizioni che vengono da fuori, ma cresciamo dall'interno
entrando dentro quello che è l'ordine di Dio, e tutto quello che Dio
desidera è forte in quanto è la forza della nostra vita. Proprio
questo era quanto i discepoli potevano e dovevano imparare nella
vicinanza di Gesù: esiste una simile fiducia in Dio, il quale non ci
sta davanti come un despota straniero, ma Dio stesso è Spirito. Si
appoggiano gli alberi a delle spalliere, accanto al loro fusto che
sta crescendo, si sistemano pali robusti ben piantati contro la forza
della tempesta; ma, appena questi alberi si sono radicati abbastanza
profondamente nel terreno e il fusto si è irrobustito, ogni palo
tutore e ogni spalliera diventano d’impedimento e un bel giorno
diventano assurdi‟.
Tratto
da Eugen Drewermann,
Vita
che nasce dalla morte,
Edizioni Queriniana, pagg. 512-513