Non spegniamo i riflettori sul resto del mondo
Chiara Rossi
Di nuovo come nella prima e nella seconda ondata il tema coronavirus sta spegnendo i riflettori su qualsiasi altra cosa che non sia la pandemia.
È ovvio che siamo tutti e tutte molto preoccupate da questa nuova variante, e capisco che sia l'argomento principale di dibattito, perché è una cosa che tocca in modo veramente netto e tangibile le nostre vite. Però vorrei che le persone fossero in grado di provare gli stessi sentimenti anche per altre cose, anche per mondi che la nostra percezione distorta ci fa pensare come non troppo vicini. I morti in Afghanistan, in Iran, in Siria; le proteste bielorusse e tunisine; la situazione ai confini dell'Europa, in Polonia, in Grecia, nel canale della Manica, dove migliaia di persone migranti continuano a morire. E anche sulle nostre coste, sulle rive del mare in cui ci bagniamo ogni estate, arrivano i cadaveri di persone che tentano di scappare dalla fame, dalla povertà, dall'inferno della Libia a cui l’Italia continua a dare lauti finanziamenti.
Il mio discorso non vuole essere benaltrismo, vuole solo far riflettere sulla chiave attraverso la quale assegniamo O meno alle questioni il nostro "bollino d'interesse". É un mondo globalizzato, questo, anche pensando in un modo squisitamente egoista, come possiamo credere che qualcosa possa non riguardarci solo perché avviene a chilometri dalla nostra porta di casa?
Lo
abbiamo visto proprio con questa nuova variante, che sembrerebbe
arrivare dal Sudafrica. Se non diamo i
vaccini al resto del mondo,
non debelleremo mai questo Covid. È un approccio sbagliato, il
nostro, e vorrei che ce ne accorgessimo Ora che siamo in una pandemia
mondiale, perché temo che anche quando tutto ciò sarà finito, non
ci ricorderemo mai del "resto del mondo".
Domani 28 novembre