giovedì 13 giugno 2024

Biden: "Bibi allunga la guerra a Gaza per ragioni politiche"

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, è in forte contrasto con il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, sul futuro di Gaza. “È necessaria una soluzione a due Stati – ha detto Biden in un’intervista al settimanale Time – e questo è il mio più grande disaccordo con Bibi Netanyahu”. Biden ha confermato che Hamas, con l’attacco del 7 ottobre, ha portato al conflitto in corso, ma ha anche detto che gli israeliani hanno “tutte le ragioni” per credere che il premier “stia prolungando la guerra a Gaza per ragioni politiche”. Anche se in serata dopo il bastone ha mostrato la carota: “Bibi sta cercando di risolvere questioni molto serie”. Eppure al Time il presidente americano ricorda che prima della guerra Netanyahu ha tentato di cambiare la legge e l’ordinamento giuridico per non affrontare le accuse di corruzione. Il conflitto ha nascosto, ma non cancellato il problema. Non appena si interromperanno le operazioni militari, e conseguentemente cadrà il governo, Netanyahu rischierà la galera.
In più ieri si è surriscaldato il fronte nord, con l’idf pronto “a un’eventuale guerra al Libano: siamo vicini al punto in cui bisognerà prendere una decisione”. In serata, mentre il gabinetto di guerra israeliano era in corso, il Dipartimento di Stato Usa ha definito “la situazione tra Israele e Hezbollah estremamente pericolosa”. Si apre, quindi, un altro scenario di possibile guerra, mentre il capo della Cia William Burns vola a Doha e al Cairo per spingere sulla proposta di tregua lasciando irrisolto il nodo del post guerra. “Penso che ci sia un percorso chiaro per una transizione in cui gli Stati arabi fornirebbero sicurezza e ricostruzione a Gaza – dice Biden al Time – in cambio di un impegno a lungo termine per una transizione verso una soluzione a due Stati”. Il premier israeliano, e i suoi alleati dell’ultradestra religiosa, non ritengono possibile la creazione di uno Stato palestinese. Nella previsione di Tel Aviv la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme Est rimarranno separate e sotto la giurisdizione di autorità distinte. Sin dal primo giorno dell’invasione di terra gli analisti militari hanno sottolineato che l’obiettivo di “cancellare Hamas” non era realistico e che senza uno scopo chiaro la guerra si sarebbe protratta senza consegnare all’area una nuova stabilità. Netanyahu, che a fasi alterne guida Israele da oltre 20 anni, ha sempre rifuggito possibilità di negoziare con la controparte. Dividere i palestinesi, così da non avere nessun leader o fazione sufficientemente forte da rappresentarli tutti.
Poche settimane fa, il governo israeliano ha pubblicato un piano “Gaza 2035” che, con progettazione a tre fasi, dovrebbe riportare la Striscia a una sorta di autogoverno. A corredarlo c’era un’immagine realizzata dall’intelligenza artificiale dell’orizzonte di Gaza su cui si stagliano grattacieli e corsi d’acqua circondati dalla vegetazione. Nella prima fase, lunga 12 mesi, gli aiuti umanitari entreranno a Gaza in aree sotto il controllo israeliano. Gli anni successivi, tra i cinque e i dieci, prevede l’ufficio del primo ministro, ci sarà una coalizione di paesi arabi a gestire la Striscia.
In questo periodo verrà creata una nuova struttura palestinese denominata Gaza Rehabilitation Authority (Gra) che si occuperà di gestire la ricostruzione della Striscia. Finalmente nel 2035 il controllo di Gaza passerà in mano a un’entità locale, Israele vorrebbe continuare a mantenere una certa sorveglianza contro le “minacce alla sicurezza”. Solo a questo punto, secondo Tel Aviv, si potrebbe immaginare un coordinamento tra la Striscia e la Cisgiordania. La proposta è considerata per molti punti irricevibile non solo dai palestinesi, ma anche dai Paesi arabi. Il più importante punto di disaccordo è la permanenza dell’idf nella Striscia. I Paesi arabi accetterebbero di partecipare anche con truppe sul terreno solo nel caso in cui Israele riconosca uno Stato palestinese. Poi c’è il documento top secret di Pentagono e Casa Bianca svelato da Politico.com: la responsabilità di supervisione della Striscia a un funzionario Usa, che gestirebbe dal Sinai o dalla Giordania lo sforzo di un “piano Marshall” per i gazawi.


Cosimo Caridi (da “Il Fatto Quotidiano” del 5/6/2024)