Paolo Rumiz Verranno di notte, ed. Feltrinelli
Treni, profughi, convogli
militari nel buio. In una lunga insonnia accanto alla stufa accesa, sulla
frontiera dell’Est, Paolo Rumiz sente la notte di malaugurio di un’Europa
assediata da guerre e governata dai poteri selvaggi dell’economia. Riceve
segnali allarmanti da Francia, Germania, Spagna, Grecia e Paesi Baltici e si
chiede come resistere a tutto questo. Orwell è entrato anche a Bruxelles, i
princìpi della Costituzione europea sono in macerie, le sbarre di confine
ritornano. Intorno, guerra contro le vite umane che migrano, guerra di tutti
contro tutti, disumanità e indifferenza. L’uomo nel buio sente che i barbari
possono arrivare in qualsiasi momento, e capisce che non basta la parola
“fascismo” a definirli. Dietro al fascismo c’era un’idea di società, dietro a
costoro c’è un’identità costruita da influencer e priva del profumo dolce della
patria. Ed è di notte che essi si muovono, digitando parole di odio in rete. I
nuovi barbari si servono meglio di chiunque altro di questa macchina perversa
per occupare il vuoto politico lasciato da una sinistra inconsistente, lontana
dal popolo e priva di etica. Ma proprio quando “tutte le fisarmoniche della
notte sembrano suonare assieme”, Rumiz scopre una miriade di punti luce
dall’Atlantico alle terre dell’Est. In Germania, ma anche altrove, sono scesi
in piazza a milioni contro i sovranisti. Allora sente crescere in sé il demone
dell’ironia e della lotta, e al tempo stesso la fiducia nella forza della
parola di cui si sente custode. Poi il cielo si schiara, e le ombre fuggono
negli anfratti del bosco. “Quelli come me non hanno che parole da offrire. Ma
le parole non sono poco, in questo sconfortante silenzio”.