domenica 12 novembre 2006

CON SPERANZA SENZA ILLUSIONI

Gay Pride a Gerusalemme

A Gerusalemme, anche se all’interno di uno stadio per motivi si sicurezza, il Gay Pride si è svolto, nonostante le proteste del Vaticano, degli ebrei ortodossi e degli islamici fondamentalisti. Certo fa pensare il fatto che una tanto celebrata democrazia non riesca a garantire la sicurezza ad un corteo per i diritti civili.


Orrori

Gli “orrori militari” dell’esercito israeliano si susseguono e vengono catalogati come “errori tecnici”. Un governo guidato da un irresponsabile guerrafondaio come Olmert si spiega così: “La strage? Errore tecnico dell’artiglieria. Ma l’offensiva va avanti”. Espressioni che si squalificano da sole. Probabilmente il ridimensionamento di Bush alle elezioni di medio termine rallenterà un pochino il flusso di armi USA ad Israele. Intanto balza agli occhi un dato sconcertante: Israele non ha una classe politica dirigente all’altezza della situazione. Burattini di Bush, i dirigenti israeliani hanno portato il loro popolo ad un livello di invivibile insicurezza, facendo di fatto gli interessi dei fondamentalisti palestinesi. Così due popoli che cercano al pace continuano a farsi la guerra per il delirio e l’inettitudine dei rispettivi dirigenti politici. L’ONU, se esistesse davvero, qui dovrebbe farsi sentire.


Aspettiamo fatti concreti

Le elezioni USA e la netta vittoria dei democratici e la forte affermazione delle donne costituiscono indubbiamente segnali di speranza. Ma continuo a non condividere i discorsi trionfalistici di alcuni commentatori. Per in USA non è avvenuta nessuna svolta e il nuovo ministro della difesa non ha proprio un curriculum da pacifista. Ovviamente, Bush non può non tenerne conto, ma la promessa di ascoltare i consigli dei democratici non indica ancora alcuna “svolta” politica. Del resto, questo risveglio tardivo degli elettori e delle elettrici americani non cancella alcune ombre. Si tratta di vedere se si accontenteranno di aver vinto le elezioni o se esigeranno una nuova politica.


D’Alema ci ripensa

Il nostro ministro degli esteri è volato a Kabul con una motivata convinzione che finalmente potrebbe diventare proposta politica seria se non si fermerà a metà strada. Serve una conferenza internazionale sull’Afganistan perché l’intervento militare non ha risolto nulla e la situazione è sempre più caotica. Il governo fantoccio, messo su da Bush, non ha alcuna parvenza di democrazia reale e, nello stesso tempo, non governa né il territorio né l’economia dell’Afganistan. Correndo dietro alle politiche aggressive degli USA, ci siamo immessi nella prospettiva delle “soluzioni militari” che oggi si dimostrano totalmente perdenti e fallimentari in Palestina, in Iraq come in Afganistan. Occorrono decisioni radicali.

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