lunedì 11 dicembre 2023

LA PAROLA ESODO

 Un esodo importante

 Esodo significa uscire da una schiavitù.

Per molti cristiani si tratta di compiere un primo esodo. Si tratta di uscire da linguaggi, devozioni e simboli del passato, di un tempo, in cui parole e linguaggi dogmatici e devozionali sono scaduti.

 Da certe devozioni, credenze e parole bisogna uscire, cioè operare un esodo, anche a piccole dosi, a piccoli passi, ma questo esodo va compiuto se si vuole uscire da una religiosità infantile e infantilizzante che ha poco in comune con la fede nel Dio di cui Gesù ci ha dato una chiara testimonianza.

Si tratta di un cammino difficile per certi tratti: linguaggi e credenze di ieri sono difficili da abbandonare. Attenti...

 non per abbandonare pezzi della nostra fede,ma per renderla più  storicamente dicibile e più nutriente, per abbandonare una fede ingenua e passare ad una fede adulta. Si tratta di un vero esodo di liberazione: comunque un esodo impegnativo e costruttivo; si può incorrere nell'errore fatale di gettare via la preghiera e la lettura biblica...  E' necessario un attento discernimento alla scuola di studiosi veri ed è grandemente utile, anzi è necessario, compiere questo esodo in comunità; dove il confronto con maestri qualificati e coerenti, veri fratelli nel cammino. Allora si scopre che tante devozioni ci distraggono dal centro del Vangelo, che è adorare Dio e compiere opere di giustizia nella nostra vita quotidiana.

Forse per coloro che fin dall'infanzia sono stati abituati ad una infinità di riti , potrà sembrare difficile questo cammino , ma la ricerca comunitaria rende possibile questa fede adulta.

Franco Barbero - 11 dicembre 2023

 

Anne Soupa - Lettera n. 23

11 dicembre 2023

Cari amici, care amiche,

Con l'avvicinarsi delle vacanze di Natale, vengo a condividere con voi sia le mie domande che le mie speranze. Con quale stato d'animo ci avvicineremo, tra una decina di giorni, a questo momento di festa, di condivisione, di auguri di pace, di concordia, di perdono, mentre nel nostro Paese (temo di dover fare la stessa constatazione in Belgio), i segnali di frattura si stanno moltiplicando?

Non invocherò le tragedie conosciute, quella dell'Ucraina o quella del Medio Oriente (anche se... non dimentichiamo la sorte degli ostaggi, delle popolazioni civili, ecc...) ma penso, più semplicemente, delle tensioni interne che ci minacciano. Penso alla violenza delle comunità che si confrontano, a volte fino all’omicidio, e si nascondono dietro lo schermo di una religione poco compresa, penso all’irresponsabilità dei partiti politici, penso alla difficoltà che abbiamo di conciliare ecologia e economia, mentre il tempo stringe. Tutto ciò difficilmente rende ottimisti!

Certo, questo non è il primo Natale di crisi dell'umanità, ma è quello che dobbiamo vivere, e merita di essere consapevoli della responsabilità che è nostra. Mi colpisce sempre di più il fatto che, nella nostra società secolarizzata, la responsabilità cristiana diviene forte ed esigente. Questo non è né buono né cattivo, è quello che è, ed è ciò che i cristiani devono affrontare. Meno saremo, più sarà necessaria la nostra voce, e ciò richiederà coraggio.

L'esempio del Natale illustra già tutto ciò che ho appena delineato. Infatti, con la nascita di questo bambino salvatore, i cristiani diventano responsabili della gioia, della pace e della fragilità. Li tengono in deposito da 2000 anni, ed è loro dovere onorarli, anche se questi tre valori sono oggi molto duri... Come parlare di gioia quando aleggia un insidioso bisogno di perfezione nell'opinione pubblica? Come non cedere al rimorso e al risentimento? Come parlare di pace quando da ogni parte ci sono dissidi che fanno dimenticare il bene comune? Infine, come elogiare la fragilità quando la legge del più forte diventa quella del migliore?

Certamente credo che nella nostra vita quotidiana continuiamo a vivere secondo codici e parametri di riferimento più confortanti. Abbiamo verificato un esempio, con la forte solidarietà degli abitanti del Pas-de-Calais di fronte alle inondazioni. Ma condivido con voi la mia preoccupazione, in particolare su ciò che mi sembra più in contrasto con il Natale, l'attuale declino della legge e l'apparente ritorno della forza. Certo, le guerre sotterranee si sono sempre combattute, ad esempio in campo economico. Tuttavia, non ci sono stati così tanti morti, e l’attuale decomposizione di fronte alla soppressione della vita fa rabbrividire.

L'augurio che esprimo quindi in questa lettera è che noi cristiani siamo orgogliosi di questa debolezza. Abbiamo la parte migliore, non dimentichiamolo. Nella debolezza, infatti, c'è una forza che trasporta lo spirito. Lo immagino sotto due aspetti. La prima è che questo bambino sia messo completamente nelle mani degli altri. Senza cure, muore. Vorremmo quasi esortare Maria a fargli il bagno, a dargli da mangiare, a cullarlo…. Poiché la privazione di questo bambino chiama Maria all'azione, Ella continuerà la sua opera di creazione, verso la crescita, verso la crescita. Diventerà co-creatrice. E la debolezza sarà diventata ricchezza collettiva.

Questa constatazione ci avvicina alla seconda realtà che si impone sul presepe: sprigiona un'attrazione irrefrenabile per il futuro. Tutti i genitori hanno sognato di stare davanti a una culla. Verso quale futuro ci conduce questo bambino? C'è molto da dire sul luogo della debolezza nella vita, ma l'essenziale si rivela lì, nella cameretta dei bambini. Mi rallegro quindi di tutto ciò che questo Natale può portarci, ed esprimo un caloroso augurio che la pace, la gioia, la meraviglia di questo bambino ci trasformino tutti.

Anne Soupa

GRUPPO BIBLICO DI DOMANI MARTEDI' 12 DICEMBRE

 Termineremo la lettura degli "Atti degli Apostoli" aprendo il contatto in rete alle ore 20.30. Dall'Atlas de la Bible saremo guidati a conoscere le più probabili ipotesi della decapitazione di Paolo. Questo Atlante è uno degli strumenti storici che ci fornisce dati attendibili.

Siamo tutti e tutte invitati/e a leggere insieme i capitoli 27 e 28 che certamente ci forniranno preziosi stimoli per la vita di fede.

Franco Barbero 

NOTTE D'INVERNO IN STAZIONE: UNA MIA ESPERIENZA


Spezzoni di parole,


sillabe sconnesse

che vengono dalla notte,

quella che dentro

distrugge un cuore

ormai alla deriva:

come eruzioni di dolore,

come schegge di cuore

che scoppia di disperazione.


Non c'è parola

d'uomo e di donna

che incroci

il suo parlare.

Gli risponde

soltanto

un'altra notte

piena di freddo

e di sordità



Una,

poi cinque

poi dieci

persone:

quasi ammucchiate

come per illudersi

di non essere sole.



Sembra che a notte


si diano convegno

in sala d'attesa

come a sommare

le loro disgrazie.



L'angoscia


dipinta sui volti

Scavati

corrode le ossa

percorse

da gelide

ondate di morte.



Sono lì anch'io


come atterrito

da uomini

che sembrano

ombre di morte

e temo l'incontro

di quegli occhi

che lanciano sguardi

e pieni di fiamma.



Tanti racconti, spezzettati,


come litanie di inferno

si intrecciano

nella lunga notte.



A tratti


le voci prorompono

alte e minacciose,

poi declinano

fino a morire

e sopraggiunge un sonno

senza pace,

piena di rantoli

e di brontolii cupi.




Poi il mio treno


finalmente parte,

prima della pigra alba

d'inverno.

gli occhi mi bruciano

ma li guarirà

quel sole

che forse invano

per loro

sorgerà.



Troppo è il dolore


che si perde

senza risposta

e il cuore geme

di tragica impotenza.

Esperienza di Franco Barbero alla stazione di Porta Nuova di Torino, dicembre 1979




48 – La violenza dei disarmati




 

Bennee Luchion

(pacifista cattolico americano contemporaneo)

 

Litania dei combattenti per la libertà

 

Santa Maria, prega per noi, affinché riceviamo la luce e la forza per continuare a combattere con amore e spirito fraterno.

Santa Maria, madre della pace, prega per noi.

Maria, madre della libertà

Maria, madre della gente negra

Maria., madre della gente bianca

Maria, madre di tutti gli uomini

Regina di coloro che edificano la pace

Regina dei combattenti per la libertà

Regina del nuovo Uomo negro

Regina del tempo della protesta

Regina che sei in carcere insieme a me

Regina del « sit-in »

Maria che ci proteggi nel tempo della violenza

Maria che rafforzi il mio umore

Maria che vegli sulla brutalità della polizia

Maria che vieni a versare la cauzione

Maria che dirigi gli operai nelle officine

Maria che per prima cantasti i canti della libertà

Regina delle dimostrazioni pacifiche

Regina dell'amore nel tempo dell'odio

Regina delle aule giudiziarie

Regina dei raduni di massa

Santa madre che ami la giustizia

Santa madre che ami la verità

Santa madre che ami la fraternità

Santa madre che ami tutti i tuoi figli

Santa madre che ami la libertà

O Maria vergine e madre, o mia madre! Noi ti preghiamo di aprire i cuori dei nostri fratelli oppressori. Noi ti chiediamo di benedirli. Ti preghiamo di ottenerci la forza per riuscire ad amarli ancor di più. O Maria, madre di Gesù sofferente, se la nostra sofferenza dev'essere ancora maggiore, sostienici tu. Amen!

(litania composta in carcere nell'estate 1963)

169

 

Jacques Guilhem

(vescovo di Laval)

 

Sperimentare la forza della verità

 

Vescovo, io son consapevole d'essere una sentinella che si trova in una postazione avanzata e che dovrà render conto a Dio della salvezza dell'uomo, corpo e anima. E oggi l'uomo si trova in pericolo come mai lo è stato. L'armamento nucleare ha sospeso sulla terra intera e sulla testa di ciascuno dei tre miliardi d'esseri umani che la popolano una mostruosa « spada di Damocle ».

È strano come ad essa ci si assuefaccia. Si sente parlare senza fremere di distruzione, fatta per rappresaglia, d'intere città. Si accetta l'equilibrio del terrore senza prendere coscienza che, facendo della terra una giungla feroce in cui si vive nel continuo sospetto, si distrugge già in questo modo l'uomo nella sua struttura spirituale.

Poiché l'apatia, l'indifferenza, l'ignoranza, gli interessi particolari sembrano avere il predominio assoluto, bisogna che ovunque si ripercuotano i gridi d'allarme, prima che sia troppo tardi.

Io domando:

1. Come si può conciliare l'ipotesi della guerra atomica con la più tradizionale dottrina che esige il rispetto di qualsiasi vita umana innocente, anche della più debole, e che rifiuta nettamente il principio che « il fine giustifica i mezzi »?

2. È esatto che lo stupendo sviluppo della scienza umana e il lavoro di tanti ricercatori e scienziati nei campi della medicina e della conquista dell'universo abbiano bisogno dello sviluppo dell'armamento nucleare come d'una molla indispensabile? E possiamo noi vedere, senza inquietarci, migliaia di giovani studiosi consacrarsi a ricerche che invece di contribuire al benessere dell'umanità rischiano di servire alla sua distruzione?

3. L'enorme sforzo che compiono i popoli ricchi per un armamento atomico che secondo loro è destinato soltanto a impaurire, a « dissuadere », non è forse un delirio collettivo, il segno più evidente del peccato originale, e nello stesso tempo uno storno mostruosamente fraudolento di denaro a detrimento delle opere di civiltà e di aiuto ai paesi poveri?

4. Noi cristiani, siamo veramente la «luce del mondo» e il « sale della terra »? Se, come hanno proclamato i papi, la guerra è ormai un mezzo superato di risolvere i conflitti umani, non possiamo noi trovarne altri nel nostro Evangelo, più originali, più puri e più sicuri? Non abbiamo forse troppo trascurato le « armi spirituali » di cui parla l'Apostolo: la potenza dell'Amore che ha permesso ai primi cristiani di resistere per tre secoli all'aggressione e all'oppressione, e la forza della Verità che anche nei nostri tempi è stata sperimentata con successo? Senza dubbio, ci sono stati martiri e ci sono stati tanti rischi, ma le nostre guerre moderne non ne comportano in numero infinitamente maggiore? Dov'è oggi l'efficacia? Dov'è il realismo? Un'educazione autenticamente cristiana per l'avvenire non dovrebbe forse preoccuparsi di forgiare anime libere e indomabili, capaci - senz'allontanarsi dalla legge dell'Amore di condurre una resistenza spirituale a ogni eventuale invasore, a ogni violazione dei diritti della persona umana?

(notificazinne dal titolo Semplici riflessioni sul pericolo atomico pubblicata nella rivista diocesana « Eglise de Laval» il 15 marzo 1964)

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Vivere l'attesa

 

Celebrare l'Avvento, significa saper attendere, e l'attendere è un'arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all'apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento.

 

Dietrich Bonhoeffer, dal Sermone sulla 1a domenica di Avvento, 2 dicembre 1928

Riforma, 23 novembre

Come rispondere ai populisti

 

Béatrice Delvaux, Le Soir, Belgio

 

L'aspetto più scoraggiante dei politici populisti ed estremisti è che alla fine tornano sempre. A volte molti anni dopo, nello stesso paese o in un altro. In settimana gli argentini hanno eletto presidente Javier Milei, un economista ultraliberista. Sugli Stati Uniti aleggia il fantasma di Donald Trump, che potrebbe ottenere di nuovo la presidenza nel 2024, una prospettiva preoccupante per l'equilibrio geopolitico del pianeta.

L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha detto che il successo di Milei sancisce la vittoria dell'onestà, del progresso e della libertà. La libertà di portare armi, di trafficare organi, di distruggere lo stato e di vietare l'aborto.

A questo punto conta una sola domanda: com'è possibile che gli argentini abbiano votato per Milei? Perché i più emarginati hanno affidato il potere a un individuo deciso a spazzare via la giustizia sociale? Bisogna evitare le risposte sbrigative, perché prendersela con gli elettori non serve a nulla e soprattutto non impedisce il ritorno dei populisti. Questi risultati elettorali nascono spesso dal fallimento dei governi precedenti. In Argentina l'inflazione è al 143 per cento e il tasso di povertà è del 40 per cento. Come spiega il sociologo francese Pierre Rosanvallon, molti elettori si fanno sedurre dalla "visione semplicistica ma coerente della società e dell'economia" proposta dai populisti, s'identificano nei leader carismatici e accettano una banalizzazione delle istituzioni che si nutre delle delusioni democratiche.

Qual è il rimedio? Secondo Rosanvallon e altri studiosi la politica dovrebbe migliorare il funzionamento di tutti gli aspetti della democrazia - voto, rappresentanza, controllo, informazione - coinvolgendo, oltre al parlamento e al governo, altre autorità decisionali e soprattutto la cittadinanza, le cui necessità vanno tenute in considerazione non solo in vista delle lezioni. Sono piste che bisognerà necessariamente percorrere, anche perché lo scoraggiamento non è un'opzione. as

 

Internazionale, 24 novembre 

 

domenica 10 dicembre 2023

BELLISSIMO GESU'

Mi direbbero invano

chre non hai un domani:

nessuno

è più attuale 

di te

germoglio di Nazareth,

partigiano della libertà,

che hai fatto fiorire

nella nostra carne

il nome e il volto

di Dio.

Franco Barbero, da "Mistica e politica",

gli anni dell'impotenza, 1982, edito dalla comunità cristiana di base di corso Torino 288.

QUEST'ANNO A BETLEMME

 Newsletter n. 141 del 12 dicembre 2023

 
QUESTO NATALE A BETLEMME
 
Cari amici,
con immenso dolore vi annunciamo che nessun bambino nascerà quest’anno a Betlemme per Natale. Intanto nessuna famiglia non censita o araba può spostarsi da Nazaret a Betlemme, perché tra questa città e Gerusalemme c’è un muro alto otto metri che non si può varcare senza un’attesa di ore attraversando check point presidiati da coloni agguerriti e dall’esercito. 
A Betlemme poi, in mancanza di albergo, non si può andare a partorire in una grotta, perché c’è il rischio che essa sia allagata da pompe capaci di trasportare migliaia di metri cubi d’acqua dal mare, come si minaccia di fare nei tunnel di Gaza per uccidere quanti vi sono riparati, liberi o ostaggi che siano. È anche un tempo non adatto per partorire, perché non si sa che futuro potrebbero avere i bambini messi alla luce, già ai primi vagiti, perché potrebbero d’improvviso spegnersi le incubatrici o dopo, perché potrebbero finire in mezzo a una strage degli innocenti, come succede a Gaza dove secondo l’organizzazione internazionale “Save the children” sono stati tolti alla vita già più di 3.257 bambini, un numero superiore a quello dei bambini uccisi in conflitti armati a livello globale  in più di 20 Paesi nel corso di un intero anno; e questo rischio correrebbero anche in Israele, dove ne sono periti 29, e in Cisgiordania dove di bambini ne sono morti 33.  Né si può cercare di portarli in salvo fuggendo in Egitto, perché non si può passare al valico di Rafah e l’Egitto non li vuole. E anche per gli altri bambini non si sa che futuro avranno se gli adulti maschi si uccidono a vicenda in guerre insensate, che è il primo e vero crimine del patriarcato.

In questa situazione tutte le Chiese cristiane di Gerusalemme hanno deciso che quest’anno non si celebrerà il Natale a Betlemme, sono cancellate le liturgie, fermati i pellegrinaggi, perché non ce ne sono le condizioni, c’è poco da celebrare.

Eppure i bambini “sono sacri” ha scritto Liliana Segre in una lettera alla comunità ebraica romana riunitasi a piazza del Popolo per reagire a un antisemitismo di ritorno che va di pari passo con il perdurare del genocidio di Gaza. Ha scritto la senatrice Segre: "L'eterno ritorno della guerra mi fa sentire prigioniera di una trappola mentale senza uscita, spettatrice impotente, in pena per Israele ma anche per tutti i palestinesi innocenti, entrambi intrappolati nella catena delle violenze e dei rancori. E non ho soluzioni. E non ho più parole.  Ho solo pensieri tristi. Provo angoscia per gli ostaggi e per le loro famiglie.  Provo pietà per tutti i bambini, che sono sacri senza distinzione di nazionalità o di fede, che soffrono e muoiono. Che pagano perché altri non hanno saputo trovare le vie della pace".
 In effetti a pagare sono tutti, dentro e fuori la Palestina, Gaza e Israele. Anche i coloni, che se  per mettersi fuori della guerra volessero andare in America non potrebbero farlo perché gli Stati Uniti hanno deciso di non dare loro i visti per quello che stanno facendo ai palestinesi insieme con l’esercito.
Il ritorno dell’antisemitismo si può sconfiggere se risulta ben chiaro che l’“inferno” (per dirla con l’ONU) che ha preso possesso dei palestinesi e di Gaza (con il rischio di espandersi in modo incontrollato nell’area mediterranea e nel mondo) non è imputabile né al popolo ebraico come tale, né alla fede di Israele, né al messianismo del ritorno alla terra. perché, anche ad una lettura fondamentalista delle Scritture, un simile esito non è compatibile con la Torah e con i Profeti. Se per la propria sicurezza futura il prezzo fosse lo sterminio degli altri sulla terra, nessun Dio potrebbe invocarsi nei cieli. Responsabile invece è solo lo Stato come istituzione, moloch o leviatano che sia, come il mostro preso ad esempio dalla Bibbia.  Si rivela così la forza profetica del giudizio che Primo Levi nel 1984 esprimeva in una intervista a Gad Lerner (oggi ripubblicata dal “Fatto”) in cui si diceva convinto che “il ruolo d’Israele come centro unificatore dell’ebraismo” dovesse rovesciarsi, tornare fuori d’Israele, “tornare fra noi Ebrei della Diaspora che abbiamo il compito di ricordare ai nostri amici israeliani che essere ebrei vuol dire un’altra cosa. Custodire gelosamente il filone ebraico della tolleranza”. Se i mostri si sfidano fino a minacciare Beirut ed il Libano meridionale di fare la fine di Gaza e di Khan Yunis, nessuno può essere complice e confondersi con essi.  
È questo il cambiamento profondo che si richiede allo Stato d’Israele e al suo rapporto con gli altri Ebrei e con i popoli, ed anche alla nostra concezione belluina dello Stato, se si vuole che l’antisemitismo sia cancellato in radice, e che il mondo possa trovare la pace.
Con i più cordiali saluti,
 
Costituente Terra (Raniero La Valle)

CHI E' STATO HENRY KISSINGER?

 Per i media mainstream, il criminale di guerra Henry Kissinger è stato un grande uomo


08.12.23 - Stati Uniti - Norman Solomon - World Beyond War- Pressenza

Attiviste di Codepink contestano Henry Kissinger durante un'audizione del Congresso americano. (Foto di Codepink)
Per i mass media statunitensi, il motto di Henry Kissinger ”il potere è il massimo dell’afrodisiaco” sembrava essere vero. Inviati e opinionisti di spicco hanno manifestato spesso il loro interesse verso di lui. L’industria dei mass media ha continuato a bramare uno dei peggiori criminali di guerra della storia moderna.
In seguito alla notizia della sua morte, il 29 novembre, i comunicati più importanti hanno riecheggiato quelle che lo hanno seguito fin dai suoi anni con il presidente Richard Nixon, quando si sono uniti per supervisionare una vasta carneficina nel sud-est asiatico.
Il titolo di un notiziario del Washington Post diceva: “Henry Kissinger muore a 100 anni. Il noto statista e studioso aveva un potere ineguagliabile sulla politica estera”.
Come può un criminale di guerra diventare un noto statista?
La notizia di primo piano del New York Times inizia descrivendo Kissinger come uno “studioso trasformato in diplomatico che ha progettato l’apertura degli Stati Uniti alla Cina, negoziato la loro uscita dal Vietnam e usato astuzia, ambizione e intelletto per imbastire nuovamente i rapporti di forza americani con l’Unione Sovietica all’epoca della Guerra Fredda, talvolta calpestando i valori democratici”.
E così, il Times ha messo in evidenza il ruolo di Kissinger nell’ “uscita dal Vietnam” degli Stati Uniti nel 1973 – ma non il suo ruolo nei quattro anni precedenti, supervisionando uno spietato massacro in una guerra che ha determinato diversi milioni di vite.
Tralasciando coloro che sono morti per malattie, fame o mancanza di cure mediche, almeno 3,8 milioni di vietnamiti sono morti di guerra violenta secondo i ricercatori della Harvard Medical School e dell’Università di Washington”, ha osservato lo storico e giornalista Nick Turse. E ha aggiunto: “La stima migliore che abbiamo è che 2 milioni di loro erano civili. Utilizzando un’estrapolazione molto prudente, questo suggerisce che 5,3 milioni di civili sono stati feriti durante la guerra, per un totale di 7,3 milioni di vittime civili vietnamite.
A queste cifre si potrebbero aggiungere 11,7 milioni di vietnamiti costretti a lasciare le loro case e trasformati in rifugiati, fino a 4,8 milioni di persone irrorate con erbicidi tossici come l’Agente Arancio, da 800.000 a 1,3 milioni di orfani di guerra e 1 milione di vedove di guerra”. Complessivamente, durante il suo periodo di governo, Kissinger ha supervisionato politiche che hanno tolto la vita ad almeno 3 milioni di persone.
Henry Kissinger è stato il funzionario statunitense che ha appoggiato il colpo di Stato dell’11 settembre 1973 che ha fatto cadere il governo democraticamente eletto di Salvador Allende in Cile – dando inizio a 17 anni di dittatura, con omicidi e torture sistematiche (“calpestando i valori democratici”, secondo il Times). Kissinger rimase come Segretario di Stato durante la presidenza di Gerald Ford. Le macchinazioni letali continuarono in molti luoghi, tra cui Timor Est nell’arcipelago indonesiano. “Sotto la direzione di Kissinger, gli Stati Uniti hanno dato il via libera all’invasione indonesiana di Timor Est nel 1975, che ha dato il via a 24 anni di brutale occupazione da parte della dittatura di Suharto”, ha riferito l’organizzazione per i diritti umani ETAN.
“L’occupazione indonesiana di Timor Est e Papua Occidentale è stata favorita da armi e addestramento statunitensi. Questo flusso illegale di armi contravveniva alle intenzioni del Congresso, eppure Kissinger si vantava di poter continuare a spedire armi a Suharto. “Queste armi sono state essenziali per il consolidamento del controllo militare del dittatore indonesiano sia a Timor Est che a Papua Occidentale, e queste occupazioni sono costate la vita a centinaia di migliaia di civili timoresi e papuani.
La politica di Kissinger nei confronti della Papua Occidentale ha permesso alla multinazionale statunitense Freeport McMoRan di perseguire i suoi interessi minerari nella regione, che hanno portato a terribili abusi dei diritti umani e dell’ambiente; Kissinger è stato ricompensato con un posto nel Consiglio di amministrazione dal 1995 al 2001”.
Questo è il lavoro di un noto statista.
L’interesse professionale tra Kissinger e molti giornalisti americani è durato dal momento in cui ha preso le redini della politica estera degli Stati Uniti, quando Nixon è diventato presidente all’inizio del 1969. Nel Sud-Est asiatico, l’agenda andava ben oltre il Vietnam.
Nixon e Kissinger massacrarono regolarmente i civili in Laos, come documentò Fred Branfman nel libro del 1972 “Voices From the Plain of Jars”. Mi ha raccontato decenni dopo: “Sono rimasto scioccato nel profondo del mio essere quando mi sono trovato a intervistare i contadini laotiani, tra le persone più rispettabili, umane e gentili della Terra, che descrivevano di aver vissuto sottoterra per anni e anni, mentre vedevano innumerevoli compaesani e familiari bruciati vivi dal napalm, soffocati da bombe da 500 libbre e fatti a pezzi da bombe antiuomo sganciate dagli Stati Uniti”.
Le scoperte di Branfman lo portarono a esaminare la politica statunitense:  “Ben presto venni a sapere che un piccolo manipolo di leader americani, un ramo dell’esecutivo statunitense guidato da Lyndon Johnson, Richard Nixon e Henry Kissinger, si era assunto la responsabilità – senza nemmeno informare e tanto meno consultare il Congresso o l’opinione pubblica – di bombardare massicciamente il Laos e di uccidere decine di migliaia di civili laotiani innocenti che non sapevano nemmeno dove fosse l’America, per non parlare di commettere un reato contro di essa”.
Gli obiettivi dei bombardamenti statunitensi erano quasi esclusivamente villaggi civili abitati da contadini, soprattutto anziani e bambini che non potevano sopravvivere nella foresta. I soldati della controparte si muovevano nelle regioni fortemente boscose del Laos e per lo più non venivano toccati dai bombardamenti”.
La guerra degli Stati Uniti nel Sud-Est asiatico è stata devastante anche per la Cambogia. Consideriamo alcune parole del compianto Anthony Bourdain, che ha illuminato molto sui cibi e sulle culture del mondo. All’inizio di questo secolo, Bourdain ha scritto: “Una volta che sei stato in Cambogia, non smetterai mai di voler picchiare a morte Henry Kissinger a mani nude. Non potrete mai più aprire un giornale e leggere di quel bastardo traditore, prevaricatore e assassino seduto per una bella chiacchierata con Charlie Rose o che partecipa a qualche evento in smoking per una nuova rivista patinata senza soffocare. Guardate cosa ha fatto Henry in Cambogia – il frutto del suo genio di statista – e non capirete mai perché non sia seduto sul banco degli imputati all’Aia accanto a [Slobodan] Milošević”.
Bourdain ha aggiunto che, mentre Kissinger continuava a fare baldoria in feste di alto livello, “la Cambogia, la nazione neutrale che ha segretamente e illegalmente bombardato, invaso, minato e poi gettato in pasto ai cani, sta ancora cercando di sollevarsi sulla sua unica gamba rimasta”.
Ma nei corridoi del potere mediatico statunitense, Henry Kissinger non ha mai perso la brillantezza.
Tra i giornalisti in visibilio c’era Ted Koppel della ABC, che nel 1992 informò i telespettatori del programma Nightline: “Se volete una visione chiara della politica estera, qualcuno che vi porti oltre la saggezza convenzionale del momento, è difficile trovare di meglio di Henry Kissinger”. Koppel, uno dei più influenti giornalisti radiotelevisivi dell’epoca, non si accontentò di dichiararsi “orgoglioso di essere amico di Henry Kissinger”. Il famoso giornalista lodava il suo amico come “certamente uno dei due o tre grandi Segretari di Stato del nostro secolo”.

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