"La pace non è assenza di guerra. E' una virtù, uno stato d'animo. una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia".
Baruch Spinoza
"La pace non è assenza di guerra. E' una virtù, uno stato d'animo. una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia".
Baruch Spinoza
UNA STOCCATA PROFETICA
Martedì 10 settembre, in visita all'istituto dei gesuiti a Roma, il papa ha parlato con una franchezza ed un "realismo profetico" davvero straordinari.
Dunque i conventi e i monasteri vuoti non diventino alberghi per fare soldi, ma luoghi di accoglienza per i poveri, gli immigrati...
Che stoccata per le congregazioni e gli ordini religiosi che con gli edifici vuoti di loro proprietà fanno soldi a palate...
E RISPUNTA L’ESENZIONE ANCHE PER LA CHIESA
Sono passati venti minuti dall'inizio della conferenza stampa. Il premier Letta ha annunciato l'abolizione della prima rata dell'Imu, l'impegno a cancellare la seconda, la nuova Service tax, le misure per esodati e cassintegrati. Alla fine dice: «Poi c'è tutto il tema dei locali legati alle attività no profit del terzo settore che sono stati pesantemente penalizzati dall'Imu. Nella Service tax vogliamo completamente alleggerirla perché crediamo che questo passo sia molto importante». In pratica il Presidente del Consiglio promette di cancellare per sempre l'Imu anche alla Chiesa. Mossa che neppure Monti - dopo la battaglia a colpi di codicilli ingaggiata con il Consiglio di Stato - aveva mai osato. Almeno non così esplicitamente.
In qualche modo però - e ben prima che questo Esecutivo a forte trazione cattolica - (oltre Letta, due ministri di area ciellina, Lupi e Mauro, poi Delrio, ma anche Alfano) entrasse in campo una mano a quel mondo era comunque arrivata. Contenuta nella risoluzione numero 3 del 2013, firmata dal direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella. Data: 4 marzo 2013, una settimana esatta dalle elezioni politiche più incerte della storia italiana. Mentre il Pd si incartava tra consultazioni e incarichi, il ministero dell'Economia di fatto concedeva cinque anni in più agli enti non profit per adeguare Statuti o regolamenti (o redigerli ex novo), tappa obbligatoria per godere dell'eventuale esenzione dall'Imu sulle porzioni "non commerciali" degli edifici. (la Repubblica, 30 agosto)
"HO VISTO LA POLIZIA DI ASSAD SOTTERRARE UN UOMO VIVO"
“La strage del gas no, ma di orrori ne ho visti tanti in questi mesi. Guarda, guarda qua, cosa fanno a quest'uomo. Lo stanno sotterrando vivo, con le vanghe, due metri sotto terra e lui grida aiuto, invoca pietà. Questa è la nostra polizia. Dovevo scappare, non avevo altra scelta. Ora fammi nascondere il telefonino. Ho paura per la mia famiglia che è rimasta là. Mi chiamo Ishtar, ho 32 anni, facevo il tecnico informatico, ho una ragazza con cui avrei dovuto sposarmi il prossimo anno, ma lei è rimasta a Damasco con il padre malato. Chissà se la rivedrò più. Io intanto spero di raggiungere l'Irlanda. Lì ho dei cugini”.
(continua)
Sinodo, vescovi a servizio dell'unità
di Marco Campedelli
La figura di don Milani è stata a lungo significativa non solo per quei giovani, che lo conobbero di persona, ma anche per quelli che ne condividevano “da lontano” le idee e le scelte.Così come è stata importante per quei cristiani che cercavano di dare un senso alla loro fede, per quelli che sentivano l’inadeguatezza di una Chiesa rigidamente clericale, sempre schierata a fianco di chi sfruttava i poveri e che, di certo, non stimolava la presa di coscienza dei loro diritti, nè amava la schiena dritta di fronte ai padroni.
É stata importante per quelli che dubitavano che quella Chiesa fosse quella annunciata dal Vangelo…Per essi don Milani rappresentò un punto di riferimento, una speranza, una luce di verità.Anche molti non credenti si lasciarono coinvolgere dalla sua radicalità evangelica, dalla sua onestà intellettuale, dalla sua vita di povero con i poveri.L’ostilità del suo vescovo e non solo divenne pubblica, e lasciò addolorati e sconcertati tutti coloro che lo apprezzavano e ne seguivano gli insegnamenti.Il suo superiore prese di mira la scuola che aveva aperto nella parrocchia di S.Lorenzo a Calenzano dove era cappellano. Una scuola per giovani adulti, non necessariamente credenti, nella quale più che l’alfabetizzazione, si curava la maturazione di una coscienza critica riguardo al mondo. Dunque il porsi domande sull’agire della politica, sulla giusta rivendicazione dei diritti del lavoro, sulla necessità di assumere iniziative concrete affinchè questi diritti fossero garantiti, in particolare i diritti del mondo operaio.
PREMESSA DEL MANIFESTO
Sta circolando il seguente MANIFESTO sottoscritto da psicoterapeuti, psichiatri e neuropsichiatri, in riferimento al processo penale che coinvolge Claudio Foti per la vicenda di Bibbiano.
Chi vuole aderire (psicoterapeuta, psichiatra o neuropsichiatra) può chiedere la documentazione su cui il manifesto si basa alla segreteria del Comitato promotore, specificando il nome e l’appartenenza all’Ordine professionale. manifestopsicoterapeuti@gmail.com
E’ in gioco non solo una specifica vicenda penale, ma più in generale la libertà dei terapeuti di esercitare la loro professione in scienza e coscienza a contatto con le sofferenze traumatiche e più in generale con le sofferenze dei pazienti nel rispetto degli strumenti diagnostici e scientifici e senza interferenze motivate da ragioni contrapposte ai compiti di cura.
L’iniziativa in meno di una settimana ha raggiunto 40 adesioni. Leggi la documentazione e se maturi un convincimento firma anche tu.
MANIFESTO DEGLI PSICOTERAPEUTI
SU UNA PSICOTERAPIA PRESUNTAMENTE LESIVA
Abbiamo seguito, come tanti italiani, la vicenda dell'indagine su presunti reati commessi a Bibbiano da assistenti sociali, psicoterapeuti e amministratori sulla vicenda di presunti affidi e trattamenti psicoterapeutici illeciti.
Comprendiamo quanto la vicenda sia complessa e sappiamo quanto sia doveroso astenersi dal formulare giudizi di colpevolezza come dal prendere le difese di imputati che potranno far valere le proprie ragioni nel processo, con una cognizione dei fatti che noi non abbiamo e sui quali anche per questo non intendiamo pronunciarci.
Abbiamo piena fiducia nella magistratura e crediamo nella sua imparziale opera.
Pur non di meno abbiamo sentito il dovere e la necessità di comprendere da vicino e in profondità come si sia arrivati alla pronuncia di una sentenza di condanna di uno psicoterapeuta per il fatto di aver indotto attraverso le sue domande l'insorgenza di una patologia ben definita: il Disturbo Borderline di Personalità (BPD).
Siamo così venuti a conoscenza che la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità è stata effettuata un anno dopo il termine della psicoterapia a seguito di un solo incontro tra la psicologa forense, incaricata dal pubblico ministero e la ragazza, parte offesa nel procedimento penale
Abbiamo potuto anche appurare che nel colloquio di poco più di un'ora con la ragazza non sono mai stati somministrati questionari o test e che, dopo quell'incontro, nessun altro colloquio si è tenuto, né è stato dato riscontro di cure intraprese dalla paziente successivamente alla diagnosi di disturbo borderline.
Abbiamo visto come nella relazione della stessa psicologa, consulente di parte del PM, compaia il riferimento nella storia della paziente a tutti i seguenti eventi o problemi: riferito episodio di abuso all'età di 4 anni, riferita violenza sessuale all'età di 13 anni, separazione molto conflittuale dei genitori, violenze subite nel contesto familiare dalla madre da parte del padre e da parte del proprio fratello, abbandono per anni da parte del genitore, atteggiamenti di pesante squalifica e colpevolizzazione patiti dal padre, rifiuto e contrapposizione reattivi da parte della ragazza, comportamenti trasgressivi, stati depressivi, interruzione della frequenza scolastica, marcata svalutazione di sé, consumo di sostanze stupefacenti.
Abbiamo verificato come questi eventi e situazioni fossero accaduti prima dell'inizio della psicoterapia ed anzi, proprio a causa di essi, la psicoterapia veniva prescritta dallo stesso Tribunale per i minorenni di Bologna una psicoterapia centrata sul trauma, proprio quella psicoterapia che ha portato alla condanna del curante.
Abbiamo appurato come, pur a fronte di ciò, la consulente psicologa non solo abbia formulato la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità, ma l'abbia anche ricollegata alle domande asseritamente induttive dello psicoterapeuta proprio sugli eventi di abuso, eventi che peraltro erano già stati riferiti dalla ragazza, alla stessa madre e in diversi contesti e a diverse figure.
Noi, studiosi e professionisti, dopo la lettura della consulenza affermiamo in scienza e coscienza che essa ha proceduto alla diagnosi del grave disturbo di personalità borderline senza il rispetto dei criteri indicati dalla procedura prevista dal DSM V e applicati nella pratica professionale quotidiana da psicologi e psicoterapeuti.
Affermiamo e denunciamo inoltre che la psicologa consulente ha posto nell'irrilevanza tutti gli eventi, problemi e situazioni sopra elencati che si erano incontestabilmente verificati nella vita della paziente e che per pacifica e concorde convinzione si collocano con forza causale nella eziopatogenesi del Disturbo di personalità Borderline.
Come psicologi e psicoterapeuti sentiamo il dovere di prendere a questo proposito una posizione chiara:
la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità non può essere formulata a seguito di un solo incontro risoltosi in un colloquio.
L’affermazione per cui un Disturbo Borderline di Personalità può essere determinato da una ipotetica formulazione di domande suggestive nel corso di una psicoterapia è una affermazione totalmente priva di fondamento dal punto di vista scientifico.
Lo sviluppo di un Disturbo Borderline di Personalità è legato, nel parere unanime di tutti gli studiosi che se ne occupano, da 50 anni a questa parte, ad una serie di eventi sfavorevoli e di fattori relazionali e ambientali tutti purtroppo, bene documentati nella storia della paziente V. e tutti in grado di determinare quel Disturbo.
In presenza dei fatti e circostanze accertati e non contestati, di cui si è fatto elenco sopra, la diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità non può prescindere da essi, in quanto rappresentano un fattore causale imprescindibile del suddetto disturbo.
In conclusione il percorso che ha portato la psicologa consulente del PM a diagnosticare un disturbo borderline di personalità e, di più, a pronunciarsi su una psicoterapia affermandone il carattere iatrogeno, è frutto di un processo antiscientifico ed aprioristico.
Siamo preoccupati per una deriva antiscientifica che mette in pericolo l’esigenza di migliaia di operatori che hanno bisogno di svolgere la propria attività in condizioni di serenità, e migliaia di pazienti che hanno bisogno di credere in una prassi clinica affidabile, governata dallo scrupoloso rispetto delle conquiste della scienza e della professione.
Alla magistratura lasciamo la valutazione dei fatti e delle responsabilità, ma rivendichiamo al sapere e all’esperienza della professione il governo delle diagnosi e della cura del paziente.
ADERISCI A QUESTO MANIFESTO.
FIRMA E SPECIFICA LA TUA QUALIFICA.
INVIA LA TUA ADESIONE tramite mail o tramite whatsapp a: manifestopsicoterapeuti@gmail.com C.A. Sig. ra Monica De Gregorio 347.5760254
|
INVIA LA TUA ADESIONE A: manifestopsicoterapeuti@gmail.com
C.A. Sig. ra Monica De Gregorio 347.5760254
Nota bene:
Mi sembra impossibile che uno psicologo che ho frequentato e di cui mi sono avvalso nel mio impegno di solidariertà sia oggi accusato di cose per le quali abbiamo lottato insieme.
Franco Barbero
Anche le famiglie arcobaleno vivono momenti difficili
Per leggere Matteo
Commissione antimafia, oggi parte l'iter
IL GENERALE ARCIVESCOVO
Grande prova di propaganda del Ministero della Difesa al XXVI Salone del Libro di Torino. Anche quest'anno il Ministero ha partecipato al Salone con un grande e costoso stand, a carico del contribuente italiano, nel quale erano impegnati decine e decine di bassi e alti ufficiali di aeronautica, marina, esercito e carabinieri. Una prova di forza che si rinnova ogni anno con una raffica di presentazioni di libri patinati e di grande formato dedicati ad armi e sistemi d'arma, a riviste militari e di storia delle guerre italiane ancora retoricamente presentate come missioni di pace. Un valzer di generali ed esperti al quali si sono aggiunti quest'anno il generale d'armata Vincenzo Pelvi, arcivescovo castrense, con il suo libro Sui sentieri della pace, appena stampato dalle edizioni San Paolo, ormai divenuta la casa editrice ufficiale dell'ordinariato militare (si pensi alla stampa degli atti degli annuali Convegni dei Cappellani militari e all'incredibile volume dello stesso Pelvi Cirenei della Croce). Presentatore del libro di Pelvi è stato il generale Giuseppe Nicola Tota, comandante dell'Accademia di Modena con il ruolo di moderatore e servitor cortese del giornalista di Famiglia Cristiana Alberto Chiara, la cui presenza offre l'idea della nuova linea militaresca del glorioso settimanale paolino. Il “libretto" di Pelvi, appena 900 pagine in edizione cartonata, offerto gratuitamente a tutti i presenti (a proposito, ma chi lo ha finanziato?) raccoglie interviste, lettere e soprattutto omelie. Tra queste ultime un genere particolare sono le omelie pronunciate in occasione dei frequenti funerali di Stato dei soldati morti nelle cosiddette missioni di pace. Omelie consolatorie e spiritualizzanti, traboccanti di retorica in cui il militare ucciso è sempre presentato come un servitore della pace perché: I nostri militari sono un po' speciali, perché portano quel bagaglio di umanità e di fede che contraddistingue da sempre i militari italiani impegnati in missioni di sicurezza nel mondo» (p. 713). Durante la presentazione il generale-arcivescovo ha detto, in modo tranquillizzante, che «fare il soldato non è un mestiere, ma il soldato è un coraggioso testimone di prossimità. Il militare è colui che in maniera coraggiosa, poco riconosciuta dalla società civile, è sempre il primo ad arrivare dove c'è un bisogno e un'emergenza. Non c'è un discorso sulle armi da usare, perché il militare è una persona degna della sua umanità che riesce a testimoniare il Vangelo della carità, chiamato ad una vita santa, ambasciatore di serenità. Potrebbero essere questi dei paradossi, ma al di là della divisa c'è il palpito del bene degli altri [ ... ]. Il Vangelo è dalla parte dei militari, il primo credente riconosciuto da Gesù è un militare che lancia la freccia nel cuore di Gesù. Il militare in questa direzione consola il cuore di una madre presente, costui è veramente il figlio di Dio. Non c'è contraddizione tra militari e uso delle armi, i militari nostri non usano le armi per uccidere, i militari sono uccisi, non sono accaniti e non riconoscono nell'altro un nemico, un loro nemico da abbattere. La professione militare è evangelica perché è in relazione al comandamento di amare gli altri».
Giacomo Riello, (Adista 22 giugno)
UN OBIETTIVO PER IL PAPA
La fine della condizione di capo di stato sovrano della persona del papa
“C'è gioia e speranza oggi per i gesti e le parole evangeliche del papa-vescovo Francesco. Certo, ma il cammino è lungo.
Francesco, che si è detto vescovo di Roma prima che papa, potrà dirsi anche cittadino di Roma, pastore insieme al popolo, quando realizzerà la fine dell'era costantiniana svincolando il suo ministero di unità, in una chiesa povera, dalla posizione giuridica di capo di stato. Gesù era un suddito, senza diritti speciali.
Nel 1914 moriva Geremia Bonomelli, grande vescovo di Cremona, che proponeva (in un opuscolo del 1906, finito all'Indice), una soluzione della questione romana senza uno stato pontificio, affidando la libertà del papa al diritto moderno, comune a tutti. Non sarebbe l'ora, con pazienza e determinazione, nella fraternità coraggiosa, di avvicinare questi obiettivi?”
Enrico Peyretti, (Rocca 1 agosto)
20 SETTEMBRE
In tutta Italia, anche qui a Racconigi, ci sono strade e piazze intitolate a questo giorno fatidico per la storia d’Italia: è il giorno della “breccia di Porta Pia”, il giorno in cui nel 1870 le truppe del regno sabaudo conquistano la Roma papale e pongono fine al regno temporale di Pio IX. Il 20 settembre segna insieme la fine del potere temporale dei papi e la nascita dello stato laico e rappresenta il trionfo della concezione moderna di Stato. È la realizzazione del “libera Chiesa in libero Stato” di Cavour ed il “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” di Gesù.
Ci penseranno poi il Concordato tra Stato e Chiesa, Patti Lateranensi, dell’11 febbraio 1929 ed il nuovo Concordato del 18 febbraio 1984, a garantire alla chiesa privilegi e favori. Tra questi appunto l’istituto dei cappellani militari.
Oggi, a ricordarci la laicità del nostro stato non vorremmo rimanessero proprio solo le vie e le piazze dedicate al 20 settembre prima dei Concordati di Mussolini e Craxi.
Questo numero di Diversamente chiesa vuole essere un invito, in occasione del 20 settembre, a rivedere, insieme all’istituto dei cappellani militari e della loro carriera militare, la posizione giuridica del papa capo di stato.
(continua)
"signore, aiutaci
ad accogliere bene
il tempo del riposo
il tempo per la tua gloria
il tempo del desiderio
il tempo del piacere
il tempo della festa
questo tempo del riposo".
Emmanuelle Seyboldt
"Se camminassimo solo nelle giornate di sole non raggiungeremmo mai la nostra destinazione".
Paulo Coelho
La rabbia del Perù, un morto a Lima. Boluarte cambia rotta
Il papa in Congo, Kin-la-belle si riprende la scena
MAMMA DI UN RAGAZZO OMOSESSUALE, da Palermo
Siamo un gruppo di lesbiche e gay cristiani credenti, «Ali d’aquila» di Palermo. Scriviamo perché anche quest’anno abbiamo organizzato nella nostra città la veglia in ricordo delle vittime dell’omofobia. Quest’anno abbiamo pensato di invitare le persone presenti alla veglia a portare domenica nelle loro chiese di appartenenza una piccola preghiera a tema ai parroci, pregandoli di leggerla durante la preghiera dei fedeli. Una mamma di un ragazzo gay ha seguito il nostro consiglio e questa lettera che vi inviamo è il risultato di molto dolore che perdura dopo la brutta esperienza subita.
Ci piacerebbe che pubblicaste questa lettera perché è una testimonianza del dolore dei genitori di figli omosessuali che, a causa di posizioni intransigenti della Chiesa cattolica, soffrono e non si danno pace: alcuni cadono in depressione e vergognandosi rimangono isolati, incapaci di condividere la loro sofferenza.
Grazie
LA LETTERA
Omofobia, che cosa significa?
Possibile che un padre francescano non conosca questa parola? Forse me lo vuole fare credere perché si è imbarazzato davanti alla mia richiesta di leggere una preghiera. Una preghiera! Ma proprio loro che predicano con la spiritualità di Francesco?
Il 17 maggio ho partecipato alla veglia contro l’omofobia nella chiesa della Pietà alla Kalsa, insieme a tanta gente comune, a sacerdoti, pastori, ai ragazzi omosessuali credenti di Ali d’aquila, ai genitori di ragazzi omosessuali dell’associazione Agedo Palermo; ad un certo punto gli organizzatori hanno proposto di recarci ognuno nella parrocchia di appartenenza, la domenica successiva al 17 maggio, per chiedere di inserire un pensiero contro l’omofobia, contro la crudeltà della gente, all’interno della preghiera dei fedeli, là, dove ripetiamo «ascoltaci o Signore!». Io ho aderito con gioia alla sollecitazione e la domenica successiva mi sono recata in chiesa.
Mi sentivo forte del fatto che qualcuno potesse leggere quella preghiera davanti a tutti, proprio tutti, sia quelli che accettano l’omosessualità sia quelli che la condannano, così ho portato la mia proposta al sacerdote. Non mi sento di dire dove si trova la mia parrocchia, per un fatto di riservatezza; è comunque posta in una zona abbastanza centrale della città.
Quel giorno sono stata invitata dal parroco e da altri preti ad uscire fuori, perché quello non era il momento, quel giorno si celebravano le cresime e la chiesa era gremita di gente! «Non si poteva», non era il momento adatto: e quando sarà il momento adatto? Ho detto: «La chiesa non ci aiuta!» e mi è stato risposto che non era vero, che «queste persone» le aveva ricevute qualche giorno prima! Con il cuore in gola mi sono recata in un’altra chiesa, non potevo rimanere nella mia parrocchia ero troppo arrabbiata. Ho assistito alla messa, e poi ho atteso il prete per un po’: cercavo conforto, cercavo qualcuno che mi facesse calmare l’angoscia che avevo dentro.
Quel prete mi ha parlato: mi ha detto, però, che l’omosessualità è opera del diavolo, che la Chiesa non vieta all’omosessuale di entrare in chiesa, non vieta di parlare con loro, la Chiesa non accetta gli eccessi e l’imposizione che oggi gli omosessuali hanno intrapreso nei confronti della società eterosessuale! E poi ha continuato: «Ma che cosa vuole fare questo Padre Scordato? Certo, Gesù si è rivolto ai peccatori, ai ladri, alle prostitute, agli impostori, agli assassini, ma non si è rivolto agli omosessuali dicendo “Vai e non peccare più”; signora, secondo lei, perché non si è rivolto anche a loro?».
Io chiedo: «Perché dei nostri poveri figli si deve dire che sono opera del demonio?» E domando costernata: «Allora io ho il diavolo in casa da tanti anni?». Eppure non mi sembrava! Certo il diavolo si manifesta in tanti modi! E allora richiedo: «Un ragazzo buono, generoso, educato, rispettoso delle regole, rispettoso nei confronti del genere umano, studioso, bello fuori e dentro, che ama un ragazzo che lo migliora, un ragazzo altrettanto buono, è FRUTTO del Diavolo?». «La medicina non ha dato sino ad oggi nessuna risposta e quindi cara signora, questa è la risposta», ha continuato il francescano.
Io sono una mamma con il cuore pieno di rabbia, una mamma che come tante altre mamme, genitrici di un figlio omosessuale, ha bisogno di aiuto: aiuto da parte della società, aiuto da parte di uomini e donne, aiuto da parte della Chiesa, aiuto da parte delle istituzioni, della medicina, di tutti quelli che mi possono dare una risposta esaustiva e che non mi dicano di avere in casa l’opera del demonio.
Firmato: la mamma di un ragazzo omosessuale.
http://www.confronti.net/
(continua)