mercoledì 16 luglio 2025

Questo è il canone per la celebrazione di domani, preparato da Anna Vallone in collaborazione con Sergio Speziale. La celebrazione inizierà alle ore 18:00.

Ci si potrà collegare già a partire dalle 17:45.

Il link per collegarsi è:

meet.google.com/ehv-oyaj-iue

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In viaggio


Saluto all’assemblea

G. Oggi ci incontriamo come tante altre volte ci siamo incontrati e ci incontreremo in futuro. Questi incontri sono soste nei nostri cammini individuali. Ci danno la possibilità di mettere insieme esperienze diverse con rispetto per costruire nuovi cammini e cambiare il mondo realizzando Dio in viaggio.

1. Dio di Abramo e di Sara, ci chiami a partire.br/> Lo testimoniava l’inquietudine del nostro cuore, mentre volevamo fermarci qui, nel caldo conforto del ritorno.

2. Ti prego, o Dio. Aiutaci a non presumere mai di possedere la verità.
Guarisci le nostre cecità e poi rendici audaci, liberi e maturi dentro la nostra chiesa, mettendo al primo posto la testimonianza del Vangelo nella nostra vita quotidiana. (da Preghiere di ogni giorno di Franco Barbero)



LETTURE BIBLICHE

Atti 13: 10; 13-15
13Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. 14Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia e, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sedettero. 15Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!»

Luca 9: 1-6
1Convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. 2E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. 3Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. 4In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. 5Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». 6Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Un commento
Il libro degli Atti degli apostoli è un resoconto di una vita in viaggio, la vita di Paolo e dei suoi compagni che visitando molte comunità in regioni diverse tra loro diffondono un messaggio e uno stile di vita. Paolo frequenta le sinagoghe e si confronta con le realtà dei luoghi che visita. Il brano che abbiamo appena letto ci racconta che alla sinagoga di Antiochia di Pisìdia Paolo e I suoi sono invitati a prendere la parola e a pronunciare un messaggio di esortazione.

Parlare è lo strumento per il confront delle idee, per aprirsi e condividere sentimenti e convinzioni, per raccontarsi reciprocamente. È il modo più naturale per aiutarsi a cancellare sentimenti negativi alimentati dal silenzio della solitudine. Il Gruppo di Paolo viaggia e usa la parola ed il confronto con realtà diverse e lontane. Così ripropone l’esempio di Gesù che non esita a mandare i suoi discepoli “ad annunciare il regno di Dio”, in viaggio su sentieri che portano lontano dagli spazi angusti della quotidianità.

Gesù è un maestro in continuo movimento. Visita i villaggi e cerca chi è ai margini. Incontra persone in cerca o smarrite e le aiuta a rialzarsi e rimmettersi in cammino. Anche per noi seguire Gesù è metterci in cammino percorrendo strade che spesso si snodano in modo inaspettato. Incontrando altre persone come noi alla ricerca ci arrichhiamo interiormente e la nostra fede e la fiducia nel futuro si rafforzano, cambiano e maturano insieme a noi.

In questa vita in continuo cammino portiamo con noi un bagalio che pur crescendo col tempo rimane leggero, non ci pesa. Le nostre parole e le nostre azioni sono il dono semplice che facciamo al mondo. Si mescolano con i gesti e le parole di chi incontriamo in viaggio. Forse per questo non siamo schiacciati da un fardello insostenibile. Noi non abbiamo l’obbligo di essere un faro che indichi la via per gli altri. Dobbiamo soltanto camminare, incontrarci e scambiare senza paura amore, sostegno, rispetto della ricchezza di sfumature dell’umano.

La nostra partecipazione al sogno di Dio è nella scelta responsabile di accompagnarlo. Lo facciamo con la semplice testimonianza che diamo vivendo secondo i nostri principi e ispirandoci all’esempio di vita di Gesù. L’essere aperti all’incontro, alla condivisione con altri ed altre noi ci consente di mescolare le nostre esperienze e questo scambio è un processo con cui pur restando noi stessi diventiamo sempre di più una parte del nostro mondo. Siamo piccoli viaggiatori su un pianeta in viaggio in una galassia in viaggio verso un futuro che sarà bellezza anche grazie a noi se lo vogliamo.


INTERVENTI LIBERI


1. O, Dio dei cieli e delle terre anche Tu sei sempre in cammino, alla ricerca degli uomini e delle donne.
Tu bussi, con amore dolce ed ostinato, ad ogni cuore; proponi e riproponi, anche quando la porta è chiusa col catenaccio.

2. Accompagnaci, o Signore!
Sii il compagno di viaggio per ogni stagione: nei giorni di sole, di nebbia, di pioggia. (da Preghiere di ogni giorno di Franco Barbero)


MEMORIA DELLA CENA
G. La cena del Signore diventi per noi, deboli viandanti, il cibo che ci sostiene. Essa è data per coloro che sono deboli, stanchi scoraggiati. Dividendo questo pane tra noi in memoria di Gesù, vogliamo chiederTi di darci un cuore nuovo, una nuova consapevolezza. Rendi la nostra vita una compagnia profonda e responsabile per tutte le creature che vengono dalle Tue mani.

T. Gesù era a tavola con i suoi amici e le sue amiche. Egli era ben consapevole della congiura che si stava organizzando contro di lui e il suo cuore faceva i conti con la paura. Voleva lasciare ai suoi amici e alle sue amiche, in quella sera e in quella cena di intimità, qualcosa di più di un ricordo, di un segno. Sulla mensa c’erano pane e vino. Gesù alzò gli occhi al cielo, come spesso faceva nei giorni della sua vita e, dopo aver benedetto il nome santo di Dio, prese il pane, lo spezzò, lo divise dicendo: “Prendete e mangiate. Questo pane condiviso sia per voi il segno della mia vita. Quando farete questo, lo farete in memoria di me, di ciò che ho fatto e detto”. Poi prese la coppa del vino e disse: “Questo calice sia per voi il segno di un’amicizia che Dio conti- nuamente rinnova con tutta l’umanità, con tutto il creato”.


PREGHIERA DI COMUNIONE


COMUNIONE


PREGHIERE SPONTANEE


BENEDIZIONE FINALE


Tu sei la bellezza, l’armonia e la pace
i nostri cuori ciechi ma assetati di vedere desiderano te.

In tutto ciò che esiste discerniamo la tua mano
in ciò che vive palpita la tua presenza.

In ogni volto incontriamo il tuo sguardo segreto
in ogni voce sentiamo la tua voce discreta.

La nostra anima ama te in tutte le cose viventi
in ogni foglia, in ogni fiore c’è la tua gioia.

L’acqua e il vento ti cantano sempre
la terra e il fuoco proclamano il tuo mistero.

Gli attimi del giorno nel loro scorrere ci portano a te
tu solo sei l’Eterno, la speranza di tutti i viventi.

Per la Comunità Cristiana di Base di Via Città di Gap, 13 – Pinerolo
Anna Vallone e Sergio Speziale, 17 luglio 2025

SE LA NOTA DICE: IL DIO

 

Se la nota dice:

"Non è una sola nota che fa la musica".

… Non abbiamo una sinfonia.

 

Se la parola dicesse:

"Non è una parola che fa una pagina"

… Non ci sarebbe il libro.

 

Se la pietra dicesse:

"Non è una pietra che innalza un muro".

… Non ci sarebbe la casa.

 

Se l'uomo dicesse:

"Non è un gesto d' amore che salva l'umanità".

... Non ci sarebbero mai né la giustizia, né la pace, né la dignità, né la felicità, sulla terra degli uomini.

 

Come la sinfonia

ha bisogno di ogni nota,

come il libro

ha bisogno di ogni parola.

Come la casa

ha bisogno di ogni pietra,

 

L'umanità intera

ha bisogno di Te,

là dove Tu sei, unico,

dunque: insostituibile.

 

da "Missione", 1995

Carlo Cottarelli: “Il riarmo che chiede la Nato costa 350 mld e non è giustificato”

 

“L’impressione è che siano numeri piovuti dall’alto, senza una chiara spiegazione. Diciamo che quella ufficiale non mi convince molto”.

L’economista Carlo Cottarelli, ex Fmi, ora direttore dell’osservatorio sui conti pubblici dell’università Cattolica, è assai perplesso sui nuovi obiettivi Nato sulla spesa militare decisi al vertice dell’Aja.

Da dove nascono i dubbi?

Un aumento della spesa militare era fisiologico, la questione qui sono le dimensioni eccezionali. Questi obiettivi comportano un enorme incremento della spesa per la difesa. Alcuni peraltro non sono chiari. Il 3,5% del Pil in più entro il 2035 lo è, perché conosciamo la definizione della spesa regolare che dà la Nato.

Cosa invece rientri nell’1,5% di spese legate alla “sicurezza” no: potremmo anche scoprire che non è tutta aggiuntiva.

Di che ordini di grandezza parliamo per l’Italia?

A prezzi e Pil di quest’anno, arrivare al 3,5% significa spendere 44 miliardi in più, 50 se consideriamo che nel frattempo il Pil dovrebbe aumentare. Meno se ci prendono per buona la riclassificazione di certe spese per cui già ora siamo al 2% del Pil invece dell’1,6% di cui Crosetto parlava a novembre.

Chi vuole ridimensionarne la portata dice che si tratta di qualche miliardo in più l’anno...

Ovviamente è una spesa che si cumula. Fatto sta che, fra dieci anni, dovremmo avere un livello di spesa di 44-50 miliardi più alto di quello attuale. Se poi cumuliamo la maggiore spesa su dieci anni si arriva a 350 miliardi. Tutto debito in più, se non si trovano altre fonti di finanziamento.

Un aumento giustificato?

L’ultima volta che abbiamo speso il 3,5% del Pil in difesa era il 1954, era appena finita la guerra di Corea e c’era l’unione sovietica, che aveva una popolazione pari al 54% di quella dei Paesi Nato. Se l’avversario oggi è la Russia, mi chiedo che senso ha spendere così tanto, visto che ha una popolazione pari al 16% di quella Nato, una spesa militare inferiore a quella dell’Ue e in tre anni non è riuscita a

sconfiggere l’Ucraina, ben armata. Che, fra l’altro, starebbe dalla nostra parte in caso di una guerra.

Qualcuno direbbe che sta sottovalutando la minaccia russa.

Dobbiamo essere razionali. Il rischio che Putin attacchi un Paese Nato non è zero, ma non è certo altissimo. Non vedo la necessità di portare la spesa a un simile livello per creare un effetto deterrente verso Putin. Non è un avversario per cui spendere il 3,5% del Pil in armi. Un aumento ci stava, ma non è chiaro perché doveva essere così forte.

Quale avversario lo sarebbe?

Ragionando in termini di dimensioni, lo è molto più la Cina, che ha raggiunto livelli economici pari agli Usa e questo inizia a creare attriti inevitabili. Al momento però non ha atteggiamenti aggressivi né mi pare che ci sia questo ragionamento dietro i nuovi obiettivi.

È credibile che questa spesa aggiuntiva sia finanziabile senza ridurre welfare o altre spese sociali?

L’attacco russo è un rischio basso, che non vale una spesa simile.

Serviranno tagli e più tasse.

È evidente che non si può finanziare a debito, nemmeno in parte, anche perché è una spesa permanente. I soldi andranno trovati altrove: con aumenti di tasse o tagli alla spesa.

Però la spesa in riarmo ha impatti sul Pil.

Potrebbe averli nel breve periodo dal lato della domanda, come qualunque tipo di spesa, ma non siamo in alta disoccupazione e quindi sarebbero contenuti. In ogni caso, gran parte della spesa militare non aumenta la capacità produttiva del Paese, e quindi il Pil potenziale. Peraltro distoglierebbe migliaia di lavoratori da altri impieghi, un azzardo che non credo possiamo permetterci. A meno che non ci si voglia solo indebitare verso gli Usa. Negli ultimi anni l’80% della spesa Ue in armamenti è finita in import dagli Stati Uniti. La prima cosa da fare sarebbe ridurre la frammentazione della spesa europea, coordinando gli acquisti e i sistemi d’arma.

Oggi spendiamo male. Poi nei nuovi target Nato mancano vincoli chiari nella composizione della spesa. L’Italia, per dire, spende ancora il 60% del budget per il personale, peggiore tra i Paesi Ue.

Non c’è anche un tema etico?

Non considero la spesa militare immorale. Occorre difendersi e la deterrenza è importante. Ma in questa e in altre aree di spesa pubblica è sbagliato (se vogliamo immorale) spendere più di quanto necessario e, da quello che ho visto, non sono convinto che spendere il 3,5% del Pil per la difesa sia necessario in Italia.

 

Carlo Di Foggia (da “Il Fatto Quotidiano” de 27/6/25)

LA TRISTE VITA DI UN PAESE

DOVE NON SI VOGLIONO PIÙ FARE FIGLI

 

In un articolo sul Corriere della Sera (21.6) Maurizio Ferrera affronta un problema che sta diventando dirompente nel mondo occidentale, quello della denatalità, che per ciò che riguarda in particolare l’Italia, che ha il tasso di natalità più basso del mondo in concorrenza col Giappone, potrebbe portare nel giro di venti o trent’anni alla scomparsa della razza (si può ancora usare questo termine?) italiana nel mondo.

Al centro del problema c’è che molte donne, parliamo ovviamente dell’occidente, non vogliono più fare figli. I motivi sono vari: “difficoltà economiche, mancanza di asili nido” e altri del genere.

Secondo varie stime, nella fascia di età 18-34, il 21% delle giovani dice di non volere figli e un altro 29% si dichiara solo debolmente interessato. È singolare che le donne rinuncino a quella che dal punto di vista antropologico è la loro funzione. Molte ritardano il momento della figliazione perché la medicina tecnologica le ha convinte che si possono fare figli a ogni età. Non è così. Gli anni della massima fertilità della donna sono intorno al ventisettesimo compleanno, poi va gradualmente a discendere e se tu vuoi avere il primo figlio a quarant’anni, a parte il ricorso a qualche mostruosità

tecno-medica sono cazzi acidi.

Io capisco che una donna oggi, che ha quasi conquistato la parità col genere maschile nel mondo del lavoro, voglia potersi muovere liberamente senza gli antichi handicap. Ma sconsiglierei vivamente a una donna di rinunciare alla sua funzione antropologica (in fondo il maschio, in questa storia, è solo un fuco transeunte, un inseminatore più o meno casuale).

Negli ultimi anni sono stato compagno di varie donne nel pieno dei loro quaranta. Una sola, un’oncologa del seno, aveva un figlio: cosa che non le ha impedito di fare una formidabile carriera e oggi ha posizioni apicali in università e ospedali negli States dove la konkurrenzkampf è fortissima in tutti i settori, in particolare in quello della Sanità. Sanità pubblica perché, come si sa, quella privata è riservata ai magnati. Lo dico per inciso, nella disprezzatissima Cuba, paese tuttora comunista, la Sanità e l’istruzione sono gratuite, anche se non esiste, né può esistere, un diritto alla salute né alla felicità.

E infatti nella Dichiarazione d’indipendenza americana del 1776 si parla di un diritto alla ricerca della felicità, parola proibita che non dovrebbe essere mai pronunciata come faccio dire a una mia attrice nel mio spettacolo teatrale Cyrano se vi pare.

Nella Dichiarazione d’indipendenza si parla del diritto ad avere cure adeguate, alla Sanità quindi, non di un diritto alla salute che nessuno foss’anche Domineddio può garantire. Ma l’edonismo straccione contemporaneo ha trasformato il diritto alla ricerca della felicità in un vero e proprio diritto alla felicità e con ciò stesso rendendo l’uomo ipso facto infelice. Perché, nella società attuale,

salito un gradino bisogna immediatamente salirne un altro e non si può arrivare a un punto di equilibrio e di soddisfazione.

Ebbene. Questa giovane donna era più equilibrata di tutte le altre.

Perché? Perché il figlio o i figli, per quanti sacrifici richiedano o forse proprio per quelli, sono una ricchezza che ti costringe a confrontarti col principio di realtà. Le altre rimangono sempre figlie e non sopportano l’abbandono. Una di queste, chiamiamola convenzionalmente Sandra, aveva perso la madre che aveva 89 anni, un’età ragionevole per andarsene. Io ho sempre insegnato a mio figlio, fin da quando era bambino, che i genitori, perché questo vuole la Natura, devono morire: il dolore più lancinante è la perdita di un figlio quali che siano stati i rapporti con lui. Ma Sandra non si

rassegnava. Passeggiavamo per le vie di Milano e lei piangeva.

“Perché piangi Sandra?”, “Perché è un mese che è morta mamma”. “Perché piangi Sandra?”, “Perché sono due mesi che è morta mamma”. “Perché piangi Sandra?”, “Perché in questa strada sono passata con mamma”.

E il discorso potrebbe allargarsi ai giovani attuali, molto diversi da chi, come me, ha vissuto gli anni duri del Dopoguerra e che non hanno capito che la vita è innanzitutto sofferenza e dolore e che tutto il resto che viene in più, per dirla in modo molto volgare, “è grasso che cola”.

 

Massimo Fini (da “Il Fatto quotidiano” del 27 giugno 2025)

martedì 15 luglio 2025

Questo articolo ci è stato segnalato da Lorenzo Tommaselli.

Aveva 35 anni

María Cristina Inogés Sanz

L’età è l’elemento meno importante, ma è significativa. Il suo nome era Matteo Balzano ed era vicario parrocchiale di Cannobio, un comune della diocesi di Novara. Un prete fino ad ora anonimo, che purtroppo è finito sotto i riflettori dei media per essersi suicidato. Un evento terribile. È impensabile cosa quest’uomo abbia dovuto sopportare per arrivare a prendere e mettere in atto questa decisione.

In questo caso la diocesi, con il vescovo in testa, ha deciso di non nascondere la terribile realtà che ha lasciato la parrocchia sotto shock. Non si può neanche immaginare come stia la famiglia. È stata una buona decisione da parte del vescovo, che, in ultima analisi, è colui che ha preso la decisione finale? Direi più che buona, è ottima per diversi motivi, anche se può sembrare strano.

Il suicidio non è una novità per il clero. La vita è così difficile sotto molti aspetti che non c’è via d’uscita, e il clero è composto da persone soggette alle stesse realtà di chiunque.

L’atteggiamento più naturale è quello di cercare scuse che finiscono per essere patetiche e molto dannose per affrontare questa realtà, soprattutto quando alla fine si finisce per sapere la verità avvolta nei «sottovoce» della mormorazione e nelle aggiunte di coloro che, con la premessa del «te lo dico in confidenza, non fare commenti», finiscono per creare – inventando – una storia ancora più terrificante di quanto non lo sia in realtà. La dichiarazione della diocesi ha messo fine alle voci prima ancora che iniziassero.

Perché negarlo?

Negare che un prete si sia suicidato e ricorrere al solito infarto, continua ad inviare un messaggio pericoloso ma potente per altri preti che stanno attraversando un momento difficile. Perché finiscono per interpretare la situazione come se a nessuno importi della loro situazione, anche dopo la morte, e che la cosa importante continui ad essere il buon nome dell’istituzione. Un suicidio non è solo la terribile fine di una persona; è responsabilità di tutti, e nella Chiesa ci manca ancora la sensibilità necessaria per considerare che un prete possa aver bisogno di un aiuto altamente specializzato in un dato momento.

Avrebbe potuto dare segnali che qualcosa non andava in lui, o, al contrario, ha resistito perché nessuno gli aveva insegnato a chiedere aiuto? Nessuno ha percepito il suo dolore, la sua solitudine, la sua paura, o gli è stato detto che un prete non può mostrare fragilità? Ecco perché è così importante non nascondere il suicidio di un prete, perché può accadere, e in effetti purtroppo accade. Dovrebbe farci riflettere tutti.

Chi decide di diventare prete non può essere preparato a sopportare, a dedicarsi alla Chiesa, fino al punto di provare sofferenza e di vivere in una solitudine insopportabile. Conformarsi «in persona Christi» non significa questo. La salute mentale ed emotiva del clero dovrebbe essere una preoccupazione primaria. Sebbene la formazione ricevuta nei seminari debba essere urgentemente e completamente rivista, non è sempre l’unica questione.

È la struttura stessa di un modello ministeriale che non serve né alla società né alla Chiesa del XXI secolo. Finché non crederemo questo sul serio, sarà inutile raccomandare che, quando la vita sembra oscurarsi (e succede davvero), bisogna affidarsi alla preghiera. La preghiera è qualcosa di più bello e profondo per poterla trasformare in una risorsa di uno sciamano tribale.

Il Vangelo avverte già che un cieco non può essere guida per un altro cieco. Pertanto, quando un prete ha bisogno di aiuto, un altro prete non è sempre la soluzione migliore. Non è bene che un prete che osa chiedere aiuto venga indirizzato a un terapeuta particolare «perché gode della fiducia della diocesi». In alcune diocesi questo accade. La scelta deve essere libera perché bisognerà immergersi nel profondo della persona e quest’immersione deve essere accompagnata dalla persona che si è deciso liberamente si scegliere.

Sapere che un prete si è suicidato, con tutto il dolore che genera, proprio come il suicidio di qualsiasi persona, dovrebbe farci riflettere e non cercare nel clero la versione quotidiana e accessibile di Superman. La tonaca o il clergyman non possiedono né conferiscono poteri sovrumani. E neanche l’imposizione delle mani durante l’ordinazione trasforma un uomo in un eroe, né la tanto pericolosa «paternità spirituale» lo fa stare al di sopra ed al sicuro degli alti e bassi umani. Il solo comprendere che, prima di tutto, sono uomini, sarà già un grande passo avanti.

Oggi il suicidio di un prete dovrebbe essere per noi uno scossone tremendo, che ci faccia riflettere su quanto ci sia ancora da fare nella Chiesa. Riposa in pace, Matteo.
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Articolo pubblicato il 7 luglio 2025 nel sito «Vida nueva digital» ( www.vidanuevadigital.com).
Traduzione a cura di Lorenzo Tommaselli

Orgoglio, bella vita e aborto:

gli Orbán d'Italia minano i diritti civili

 

Stefano Iannacone (Roma)

 

La destra di Meloni è rimasta in silenzio davanti all'onda arcobaleno.

Il modello ungherese fa breccia e sulla fine vita non arrivano aperture. La cannabis light già colpita.

 

da “Domani” del 30 giugno 2025

Discriminazioni, aggressioni e diritti calpestati:

in 60 Paesi l’omosessualità viene vietata

ESSERE GAY È ILLEGALE IN AFRICA E ASIA. IN IRAN E YEMEN È PREVISTA LA PENA DI MORTE

 

Criminalizzazione, discriminazioni, aggressioni: i diritti delle persone Lgbtqia+ sono ancora calpestati in molti Paesi del mondo.

Stando agli ultimi dati dell’ilga World, una Ong di tutela dei diritti della comunità Lgbtqia+, aggiornati al 31 maggio, sono ancora una sessantina i Paesi dove l’omosessualità viene vietata, repressa e punita, soprattutto in Africa, tra cui Etiopia, Nigeria, Egitto,

Algeria, Senegal, Marocco, e in Asia, tra cui Bangladesh,

Indonesia, Pakistan. In America Latina lo resta ancora in

Giamaica. E in una dozzina di Paesi, tra cui l’Iran e Yemen,

gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso sono puniti

con la pena di morte. Anche se globalmente l’omosessualità è sempre più accettata nel mondo (i Paesi a vietarla erano 113 nel 1990), Amnesty International, in un rapporto del maggio 2025, ha registrato “un’evoluzione preoccupante” negli ultimi anni in materia dei diritti.

In alcuni Paesi, invece di fare progressi, si torna indietro.

Leggi repressive e politiche sempre più discriminanti nutrono inoltre paure e violenze. In Uganda la legge anti-lgbtqia+ è stata inasprita nel 2023, con l’introduzione della pena di morte per “omosessualità aggravata”.

IN GHANA, una legge anti-gay adottata, tra le proteste, nel dicembre 2024, punisce con il carcere fino a tre anni chi intrattiene “rapporti deviati”, e fino a cinque chi promuove o sostiene i diritti della comunità Lgbtqia+. Il Burkina Faso e il Mali, entrambi nella stretta autoritaria di una giunta militare, hanno reso illegale l’omosessualità rispettivamente a luglio e a dicembre 2024. In Mali

chi ha un rapporto omosessuale può essere condannato fino a sette anni di prigione e 500mila franchi Fca di multa. Lo scorso anno, in Iraq, il Parlamento ha inasprito le condanne, fino a 15 anni di reclusione, per gay e trans. Anche in Europa si fanno passi indietro.

Nell’agosto 2024, la Bulgaria ha adottato una legge che vieta la “propaganda” Lgbtq+ nelle scuole sulla falsariga della legge anti-lgbtqia+ in vigore nell’Ungheria di Viktor Orbán dal 2021 che limita l’esposizione dei bambini a materiale che “promuove” l’omosessualità”, il cambiamento di sesso e la rappresentazione Lgbtq+ nei media o nello spazio pubblico. Il Pride è bandito anche

in Turchia, mentre la Russia vieta la bandiera arcobaleno. Secondo Amnesty, “l’arrivo di Donald Trump ha segnato una svolta, dando risonanza mondiale a discorsi omofobi e legittimando politiche repressive”. Le aggressioni omofobe esplodono: la Ong cita del governo Usa che ha registrato almeno 2900 crimini contro le persone della comunità Lgbtq+ nel 2023.

Amnesty rileva comunque qualche raro progresso. Il caso più eclatante è quello della Thailandia, primo Paese del sud-est asiatico a legalizzare, lo scorso settembre, le nozze gay. Il numero dei Paesi dell’Ue dove il matrimonio gay è autorizzato è salito a 16 nel 2024, dopo il voto di

Estonia e Grecia. Sono solo 18 nel mondo le Costituzioni che vietano le discriminazioni delle persone Lgbtq+. In Italia l’omofobia è reato dal 2020.

 

Luana De Micco (da “Il Fatto quotidiano” del 29/6/25)

IL CASO:

”IL MIO AMICO DON BIANCIOTTO“

 

Intervista a don Cesare Canavosio, il missionario che gli prestò 10 mila euro

“Era il 2018, non ricordo il mese esatto. Don Paolo mi chiede 10mila euro in prestito. Glieli diedi: con lui aveva un debito morale. Anni prima mi aveva aiutato a sostenere gli studi di un giovane congolese che poi diventò medico. Lui mi aiutò, io aiutai lui”.

Don Cesare Canavosio conosce bene don Bianciotto. Hanno solo un anno di differenza: classe '42 il primo, '43 il secondo. Si fin conoscono da ragazzi. “Eravamo compagni di liceo e d'estate ci scrivevamo lettere in alfabeto greco”, sorride, evocando ricordi lontani.

“Siamo stati in Seminario insieme, a Pinerolo, poi mons. Quadri ci ordinò sacerdoti. Era il 29 giugno 1968. Eravamo in tre”.

Pochi anni dopo le loro strade si dividono: nel 1974 don Cesare parte missionario per il Congo, dove resterà 24 anni. “Avrei continuato, ma i miei genitori erano anziani e non me la sono sentita di lasciarli soli”. Ma la vita missionaria resta la sua vera passione. Lo si legge nei suoi occhi azzurri e nella commozione con cui parla di quel quarto di secolo nel cuore dell'Africa nera. Sedici anni come parroco. Ma questa è un'altra storia, che richiederebbe giornate intere per essere raccontata. Lui si soffermerebbe volentieri su quei ricordi, ma lo riportiamo (un po' a malincuore) al motivo del nostro incontro, sotto la pergola della sua cascina di Buriasco, dopo la messa alla Cappella di Rivasecca: il prestito a don Bianciotto.

 

IL PRESTITO "INTERCETTATO"

Quel prestito nel 2020 finì nelle intercettazioni della Guardia di Finanza di Pinerolo e poi nelle carte dell'inchiesta della Procura di Torino (pm Francesco Pelosi) che oggi ha portato in Tribunale lo storico parroco della Madonna di Fatima, don Paolo Bianciotto.

Un "Giano bifronte": con una mano dà, con l'altra prende. Molto criticato, ma anche molto amato.

Ancora oggi, a oltre due anni e mezzo dalla deflagrazione dell'indagine sui media di mezza Italia, gode di apprezzamento, fiducia e sostegno (anche economico) di molti.

Altri invece, seppur protetti dall'anonimato, lo definiscono “un malato, uno che ha solo i soldi in testa” e che, nonostante il processo in corso, continua a chiedere (e puro ottenere) prestiti. Forse, si mormora, per alimentare la passione per il gioco. Ma sono solo voci.

Quel che è certo è che don Paolo era solito distribuire “gratta e vinci” durante le gite parrocchiali. Un'abitudine innocente, forse, ma non proprio consona per un sacerdote. Più concreti sono i "regali" alla fidanzata perpetua Marinella, chiamata a testimoniare il 30 settembre 2024.

Non ha saputo dire (sic!) chi coprisse le rate del mutuo del suo alloggio, né da dove arrivassero i 700 - 800mila euro usati per iniziare attività per sé e la sua famiglia, o per acquistare una bella auto al figlio disoccupato.

 

DON CESARE: “NON SONO STATO TURLUPINATO”

In questa vicenda opaca e ancora tutta da chiarire, una cosa è certa: don Canavosio non si sente vittima. “Non ho rimpianti. Lui ha fatto del bene, anch'io. Non sono stato turlupinato. Grazie a lui un giovane della missione ha studiato Medicina”. Così, quando don Paolo gli chiese 10 mila euro, non esitò: “Avevo un debito morale”, ripete. “Mi disse che doveva aiutare un giovane tossicodipendente a evitare il carcere”. Una buona causa, dunque. E lei gli credette? “Perché non avrei dovuto”.

Lo ha detto in aula, mercoledì 18, rispondendo al giudice Riccardo Ricciardi della Quarta sezione penale. Lo ha ripetuto a noi sabato scorso.

Poco importa se, sentito dalla Finanza durante l'indagine, aveva detto che quei soldi “li considerava persi”. In parte fu così.

Don Paolo non si fece più sentire per due anni, e non sembrava intenzionato ad onorare il debito. “Poi lo chiamai, ne avevo bisogno, e mi restituì prima 1.000 euro, poi 500”. Seguì un lento stillicidio di piccole somme: 120, 250, 100. In totale, 8.800 euro.

Per il resto gli dissi: Lasciamo stare, chiudiamola qui”. Era passato troppo tempo.

Un rimpianto però ce l'ha: “Il capitale l'ho perso. Quei soldi mi sarebbero serviti per fondare una parrocchia nella terra dei Pigmei. Ma non li ho più avuti a disposizione”.

 

LA RICCA SIGNORA E I 150MILA EURO

Non si sente vittima, don Cesare. E come lui, altri che hanno prestato soldi a don Bianciotto. Come una signora pinerolese, molto benestante e assai altolocata, che gli diede 150 mila euro come prestito infruttifero per le “necessità” della parrocchia.

Mai restituiti. “Non è un problema: quando potrà lo farà”. Anche lei è stata ascoltata nell'aula la settimana scorsa, fragile o circonvenibile.

I suoi prestiti, come quello di don Cesare, come i "regali" a Marinella e il denaro che don Bianciotto avrebbe prelevato dai conti di Madonna di Fatima (l'indagine ha rilevato ammanchi per 303 mila euro), da quelli della Nuova scuola mauriziana di Torre Pellice (132.500 euro) e di altre parrocchiane facoltose, non sono oggetto del processo penale. La Procura avrebbe voluto fosse giudicato anche per "appropriazione indebita", ma sarebbe servita la querela del vescovo Derio Olivero (mai presentata).

Così, oggi don Paolo è accusato "solo" di circonvenzione di incapacità, ai danni di tre (presunte) vittime, una sola delle quali si è costituita parte civile. «Di questo, e null'altro, è chiamato a rispondere», hanno sempre ribadito i suoi avvocati, Simone Chiappori e Wladimiro Lanzetti. Il giudice aveva però disposto che anche altri testimoni – estranei all'ipotesi di circonvenzione -

venissero sentiti per definire meglio la personalità di questo singolo uomo di Chiesa.

Prossima udienza: 13 ottobre. È atteso anche il vescovo.

 

Lucia Sorbino (da “L'Eco del Chisone” del 25 giugno 2025)

lunedì 14 luglio 2025

 

L'Orban furioso

 

Dopo lo schiaffo del Pride, il premier ungherese attacca l'UE su economia diritti e guerra: così ora può intralciare

i dossier di Bruxelles, a cominciare dal veto sul sostegno a Kiev

 

Marco Bresolin, corrispondente da Bruxelles

(“La Stampa” del 30/6/25)

Le ambizioni del governatore

 

• La decisione di Trump di schierare la guardia nazionale a Los Angeles è l'ennesimo al tacco contro la California, lo stato più progressista del paese. Dopo essersi insediato alla Casa Bianca, Trump ha firmato un ordine esecutivo pensato per indebolire le norme approvate negli ultimi anni dalla California per proteggere l'ambiente e ridurre l’inquinamento, ha contestato una legge statale che tutela gli studenti transgender, ha annunciato tagli ai fondi federali per la sanità e ha aperto inchieste contro le pratiche di ammissione nelle università.

"Al momento nei tribunali ci sono quattro cause pendenti chiamate 'stato della California contro Trump' e altre sedici intentate dallo stato contro il presidente", scrive il sito Cal Matters.

• Questa dinamica è stata messa in rotta di collisione tra Trump e il governatore Gavin Newsom che già da tempo è indicato come uno dei potenziali candidati al Partito democratico alle prossime presidenziali. "Newsom sta approfittando dello scontro con Trump per presentarsi come leader dell'opposizione ", scrive Moly Bal sul Wall Street Journal. La sua risposta decisiva agli attacchi di Trump ha dato fiducia a molti politici ed elettori democratici delusi dal fatto che finora il partito non ha fatto niente per opporsi alla deriva autoritaria della Casa Bianca. "Negli ultimi mi mesi Newsom si è spostato su posizioni più moderate per aumentare il suo potenziale consenso nel paese, ma lo scontro con Trump potrebbe consolidare il suo profilo di progressista radicale".

Il 9 giugno, durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, Trump ha detto che "a Gavin piace la pubblicità, ma penso che sarebbe una cosa fantastica" se fosse arrestato.

 

da “Internazionale” del 17/06/2025

Rivolta e repressione

 

• Il 6 giugno 2025, dopo che gli agenti dell'immigrazione hanno arrestato decine di presunti immigrati irregolari, a Los Angeles, in California, così non sono scoppiate le proteste della popolazione locale. Anche se le manifestazioni sono state in larga parte pacifiche e la polizia di Los Angeles diceva di avere la situazione sotto controllo, il 7 giugno il presidente Donald Trump ha ordinato l'invio di duemila soldati della guardia nazionale, il principale corpo di riservisti dell’esercito statunitense.

• Il 9 giugno Trump ha alzato ancora il livello dello scontro: ha richiamato altri duemila riservisti e settecento marines (il corpo di fanteria della marina) e ha fatto capire di voler invocare l'Insurrection act, una legge del 1807 che dà al presidente la possibilità di ricorrere all'esercito sul territorio nazionale in circostanze straordinarie.

• Dopo cinque giorni di protesta, la sindaca di Los Angeles Karen Bass ha imposto il coprifuoco. Nella notte tra il 10 e l'11 giugno la polizia ha arrestato almeno cinquanta persone accusate di aver violato l'ordinanza. Intanto le proteste si sono estese ad altre città, tra cui New York, Boston, Atlanta, Chicago, Austin, Dalle, San Francisco e Filadelfia.

• Fin dall'inizio della presidenza, Trump ha adottato una serie di misure per ridurre drasticamente l’immigrazione sia regolare sia irregolare, e per creare un clima di paura e incertezza tra gli stranieri che già vivono negli Stati Uniti. Ha cancellato la possibilità di chiedere asilo al confine con il Messico; ha vietato l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini provenienti da dodici paesi, soprattutto africani e mediorientali; ha sospeso il rilascio di nuovi visti per studenti internazionali; ha messo fine al programma di protezione temporanea per i cittadini di paesi a rischio; ha invocato una legge del 1798 per espellere cittadini venezuelani sospettati di appartenere a bande criminali. Molte di queste persone sono detenute in una prigione di massima sicurezza nel Salvador senza accuse formali.

 

da “Internazionale” del 17/06/2025